Magicka
Quando Diablo incontra Harry Potter...
Avevo pensato a diversi incipit per cominciare questa recensione: da una parte volevo sottolineare come l'ansia per il nuovo capitolo di Diablo mi stia lentamente consumando; dall'altra parte volevo porre ancora una volta l'accento sulla vitalità del mondo indie, capace di riservare continue sorprese a chi vi si avvicini senza remore o tentennamenti.
Ma dopo ore e ore passate in compagnia di Magicka il sentimento predominante è sicuramente quello di stupore e meraviglia, tipico di chi è di ritorno da un percorso capace di riportare alla mente sensazioni oramai sopite da tempo.
Il nuovo titolo di Arrowhead Studios è infatti come un viaggio nel tempo, un ritorno a un'epoca dove lo sperimentare era la più chiara possibilità di fuga da una realtà spesso troppo stringente, pesante vincolo per giovani menti avide di esplorare limiti che allora sembravano solo accennati.
Non contento, nell'essere così presente e così passato allo stesso tempo, il titolo cela poi anche uno sguardo attento a quello che un giocatore chiede per divertirsi nel 2011, in un mercato dove "next" e "3D" sembrano essere le parole chiavi, ma dove la voglia di innovare sembra essersi persa nel sentiero degli n-mila seguiti. Potete chiedere qualcosa di meglio?
Non che l'inizio lasci presagire niente di buono: le vicende vi vedranno infatti vestire i panni di un moderno mago da battaglia, a cui un improbabile mentore vampiro assegna il compito di salvare il mondo da una terribile minaccia. Non esattamente uno degli incipit più originali di sempre...
Vi basterà però resistere qualche minuto per capire che non c'è niente di cui preoccuparsi: sin dai primi istanti di gioco saranno infatti gli stessi NPG a dissacrare il vostro compito, in una simpatica disamina se il salvataggio in questione sia più piacevole la prima volta oppure quelle successive.
Emerge così fin da subito un esplosivo mix delle diverse anime che compongono il gioco, insieme che via via si dipanerà in un contrasto continuo fra le tonalità seriose tipiche dei combattimenti ricchi di perdite ematiche e un sarcasmo di fondo che richiama in parte quanto visto in tempi recenti con DeathSpank.
In pratica uno di quei frullati di pura avventura a cui il giocatore medio difficilmente sa resistere.
Quella che alla fine si rivela una semplice scusa per poter dar vita ad una sorta di clone di Diablo, è infatti solamente la scorza di un gameplay che ha dalla sua molta innovazione e parecchia voglia di sorprendere il giocatore.
Passando a una descrizione più precisa, la struttura di fondo dell'avventura principale è quella classica degli hack 'n slash, sebbene legata a una rigida suddivisione di schermate che vanno a comporre in numero diverso i tredici livelli dell'avventura principale.
Una divisione in apparenza rigida ma che permette di godere appieno di una linearità narrativa che altrimenti rischierebbe di distogliere l'attenzione dal piatto più gustoso della tavola, il sistema di combattimento.
Basato su una combinazione fra arma bianca (a rischio dimenticatoio) e poteri magici, questi rappresenta di fatto la vera spina dorsale di questo titolo e sua vera ragion d'essere, grazie alla libertà di utilizzo che ne contraddistingue la struttura. Scegliendo tra gli otto più uno elementi magici da combinare fra di loro e lanciabili semplicemente premendo il tasto assegnato, potrete infatti dare vita a una vera e propria montagna di incanti, lasciando solo l'immaginazione come limite ultimo.