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Wild Blood - review

L'Unreal Engine sbarca a Camelot.

Se dovessimo definire l'approccio al design dell'ultima IP di casa Gameloft, Wild Blood, nulla sarebbe più esplicativo di "più ce n'è, meglio è". A meno di non aver trascorso l'ultimo decennio sigillati in un rifugio polare, è impossibile infatti non accorgersi di come l'avventura medievale dell'attivo publisher mobile strizzi l'occhio a triple A ben note, God of War e Infinity Blade in primis.

Un cocktail di celebrità con l'abito delle grandi occasioni, dunque: riuscirà Wild Blood a confermarsi titolo di punta in un mercato, come quello per dispositivi made in Apple, dove la sperimentazione e la frenesia fanno da padrone? La risposta, purtroppo, lascia adito a poche speranze.

La sceneggiatura di Wild Blood, tanto per iniziare, non ne rappresenta certo il punto di forza, ma come spesso accade per il cinema trash, proprio la sua totale assurdità merita di essere descritta. Eccoci dunque in quel di Camelot, nell'era di Re Artù e della sua Tavola Rotonda.

Per ogni sconfitto nemico verremo premiati con una manciata di preziose monete d'oro, da spendere nell'apposito menu di upgrade.
Questo simpaticone dall'espressione gioviale è Re Artù. Onestamente lo facevo più smilzo.

Il sovrano equo e imparziale a cui la letteratura ci ha abituati, viene sostituito da un monarca dispotico e roso dalla gelosia nei confronti di Ginevra, accusata (più o meno giustamente) di aver tradito la fedeltà al marito col prestante Lancillotto.

Artù, infuriato, si rivolge alla perfida strega Morgana, con l'aiuto della quale apre le porte dell'inferno, intenzionato a devastare le verdeggianti terre del regno e ogni suo abitante.

Manco a farlo apposta, toccherà al buon Lancillotto salvare la situazione prima che la lava prenda il posto delle pianure, rispedendo al mittente la minaccia demoniaca e placando, con le buone o con le cattive, il diabolico complotto reale. Lo ammetto, c'è così tanto nonsense in questo plot che quasi mi sento di avvallare questo "revisionismo storico".

Azzardo narrativo a parte, Wild Blood porta con sé un innegabile pregio, ossia l'essere il primo titolo di Gameloft interamente basato sui miracoli tecnologici dell'Unreal Engine. E poche storie, il prestigioso marchio di fabbrica si vede lontano un miglio.

"Wild Blood è il primo titolo di Gameloft interamente basato sull'Unreal Engine"

Ancora una volta l'impianto grafico made in Unreal è sontuoso e spettacolare, capace di spremere sino all'osso l'hardware di Cupertino ma allo stesso tempo di regalare squarci visivi impressionanti.

Non siamo ancora ai livelli di Infinity Blade 2, ma il divario dal precedente Hero of Sparta 2 (il capitolo di Gameloft più affine al titolo in esame) è a dir poco evidente.

Come la grafica, anche il level design si dimostra all'altezza, forte di livelli enormi e articolati in più zone che non lesinano affatto di dettagli: si va da foreste tetre e nebbiose a città nascoste tra le nubi, senza per questo disdegnare una piacevole gitarella in quel dell'Inferno.

La cura dei particolari è encomiabile: cascate che riflettono l'illuminazione solare, cenere e lapilli che danzano intorno all'eroe per adagiarsi sulle vesti, caverne buie le cui pareti vengono illuminate da funghi luminosi o amenità simili: non mancheranno momenti in cui vorrete dimenticarvi del combattimento per godervi qualche pittoresco e fugace scorcio paesaggistico.

A proposito dei combattimenti, una menzione d'onore va alla realizzazione dei nemici che ostacoleranno l'impresa di Lancillotto, animati con ogni cura del caso e realizzati con maestria.

"Una menzione spetta alla realizzazione dei nemici, animati con ogni cura del caso e realizzati con maestria"

Alcuni di questi, inutile dirlo, appaiono davvero terrificanti: dall'enorme macellaio intriso di sangue che accoglie il nostro arrivo sminuzzando gli ultimi resti dei precedenti "aspiranti" eroi, all'ancor più enorme gigante armato di catene e martello, capace da solo di occupare quasi la metà dello schermo di iPad.

Nettamente meno prestanti, tuttavia, appaiono le meccaniche basilari di gioco: Wild Blood è un hack and slash tridimensionale eccessivamente lineare, privo del minimo acuto in termini di gameplay e riassumibile in una semplice, laconica formula: corri dal punto A al punto B riempiendo di mazzate qualsiasi cosa capiti a tiro e schivando ogni eventuale attacco.

Lancillotto, eroe senza paura e senza macchia. Con una spada del genere, sarei coraggioso persino io!
La potenza dell'Unreal Engine regala ambientazioni ricche e dettagliatissime, a fianco di una cura dei personaggi davvero encomiabile.

Considerando l'ottimo lavoro svolto nella caratterizzazione dei livelli, alquanto incomprensibile è la totale assenza di una componente esplorativa. Non mancano specifici elementi furbescamente piazzati per rendere più ispirata l'azione di gioco (in alcuni livelli dovremo recuperare ostaggi o risolvere brevi enigmi per farci strada), anche se alla lunga finiscono per diventare fugaci espedienti dal fortissimo retrogusto di già visto: il che, rapidamente, finisce per livellarne drasticamente il potenziale divertimento.

Seppur non così innovativo, torna gradito il sistema di upgrade del personaggio e, a conti fatti, di qualsiasi cosa gli ruoti intorno (anche qui, Infinity Blade docet): armi, armature, magie e attacchi possono essere potenziati spendendo il denaro raccolto dai cadaveri dei demoniaci nemici o dagli appositi scrigni.

Non fosse abbastanza evidente la parentela col capolavoro Epic/Chair, sappiate che le 10 ore che ci separano dai credits saranno soltanto le prime di una lunga serie: terminato il primo playthrough, infatti, ci si ritroverà nuovamente alle porte della città iniziale con la memoria azzerata e con un esercito di nemici ben più ostici alle calcagna.

Completa la lista una componente multigiocatore abbozzata ma tuttavia efficace, che trova nell'immancabile deathmatch a squadre il proprio piatto forte. Peccato per alcune lievi imperizie tecniche, che seppur senza inficiare irreversibilmente il gameplay infastidiscono non poco il giocatore, specie nelle fasi più ostiche.

"I controlli zoppicano un po', dimostrandosi meno reattivi e fluidi di quelli visti in altre produzioni Gameloft"

I controlli, ad esempio, zoppicano un po', dimostrandosi meno reattivi e fluidi di quelli visti in altre produzioni Gameloft (NOVA, Hero of Sparta). La telecamera risulta nettamente più antipatica nelle situazioni delicate (multiplayer o, nella campagna principale, nei combattimenti dove la forza nemica è più numerosa), al punto da far sparire temporaneamente di scena lo stesso protagonista.

Sbavature a parte, il fallimento principale di Wild Blood risiede nell'assenza di un DNA proprio, di un tratto distintivo che lo renda effettivamente degno di nota e ne riduca anche solo in parte quel costante sapore di "deja-vu" che accompagna il giocatore dall'inizio alla fine dell'avventura.

Appare infatti evidente come la presenza di meccaniche di gioco anonime ed eccessivamente ripetitive unite a una totale mancanza di sperimentazione trasformino un promettente hack and slash in uno sterile button mashing in salsa medievale.

Moltissima grafica ma poca sostanza: questo il verdetto su un gioco che tutto sommato avrebbe potuto lasciare un'impronta più significativa nei cuori degli Apple-Addicted. 5.49€ vi saranno richiesti per staccare un biglietto di sola andata per Camelot ma sappiate sin da ora che, Unreal Engine a parte, dovrete scendere a compromessi con un gameplay non molto cavalleresco.

6 / 10
Avatar di Alberto Destro
Alberto Destro: Eterno Peter Pan intrappolato nel corpo di un trentenne, ha barattato la propria ombra per tastiera e controller. Il tutto per la gioia dell'adorata moglie, che si chiede cos'ha fatto per meritarsi un tale nerd.

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Wild Blood

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