Magrunner: Dark Pulse - review
Portal vs Cthulhu: lo scontro finale!
Il panorama dei tioli indipendenti è caratterizzato da una spiccata tendenza a ricercare l'originalità a tutti i costi, anche quando ciò non sarebbe auspicabile. E se molto spesso questo trend riesce ad essere applicato in maniera positiva, regalandoci capolavori come Minecraft o Limbo, altre volte si perde di vista l'idea di base e ci si abbandona alle bizzarrie, ritenendo erroneamente che ciò basti a differenziarsi dalla massa. Ma cosa accade quando questa tendenza si fonde con un gameplay solido e divertente? In pratica nasce Magrunner: Dark Pulse.
Fondamentalmente un clone di Portal, in cui ai famosi varchi dimensionali sono state sostituite delle strane forze magnetiche (utili ai fini dei soliti enigmi fisici), il titolo si distingue ben presto dal capolavoro di Valve per diversi aspetti. Prima di tutto la trama, sempre più presente, è raccontata attraverso dialoghi frequenti con una nutrita schiera di personaggi sopra le righe. In secondo luogo l'atmosfera, che dai soliti ambienti asettici cambia repentinamente tingendosi di horror.
È questa la più grande peculiarità di Magrunner: Dark Pulse, l'idea di associare a un gameplay basato su puzzle ed enigmi l'atmosfera e i personaggi dei racconti di Lovecraft. Gli antagonisti del gioco non saranno infatti i proprietari del centro di ricerca in cui vi ritroverete all'inizio della vicenda, ma Cthulhu e compagni. Un tocco volto a permeare il titolo di uno stile decisamente particolare ma che non sempre dà i suoi frutti.
Se nei livelli più avanzati avrete anche a che fare con qualche sporadico essere, molta della tensione che il gioco vuole proporre è allentata dalla consapevolezza di essere sempre e comunque al sicuro dai nemici. Spesso infatti, durante l'esplorazione di un stanza vi capiterà di intravedere le creature anfibie che Lovecraft descriveva nei suoi romanzi. La realtà però è che sarete sempre salvi: questi mostri non vi raggiungeranno ma faranno solo una rapida apparizione, lasciandovi tutto il tempo di pensare all'enigma in cui vi state cimentando e di risolverlo.
"Gli enigmi di Magrunner: Dark Pulse sono tutti basati su una straordinaria tecnologia magnetica inventata da tale Gruckezber"
Ciò nonostante questo aspetto rappresenta un interessante valore aggiunto per un titolo, che trova la sua ragion d'essere non nell'atmosfera ma nel puro gameplay. Sono gli enigmi il cuore pulsante di Magrunner: Dark Pulse e sono tutti basati su una straordinaria tecnologia magnetica inventata da tale Gruckezber, un magnate dell'industria che, nel futuro prossimo in cui è ambientato il gioco, ha rivoluzionato il mondo delle comunicazioni via internet.
Grazie a questo nuova scoperta sarà quindi possibile controllare le forze magnetiche, polarizzando in positivo o in negativo vari oggetti presenti nello scenario. In tal modo potrete muovere casse, spostare pannelli, far fluttuare strane piattaforme e persino creare improvvisate catapulte. L'obiettivo è ovviamente sempre quello di uscire da stanze via via sempre più grandi e complesse, superando improponibili ostacoli e vertiginosi baratri. Lo stile degli enigmi stessi ricorda molto da vicino l'ottimo Quantum Conundrum, con cui Magrunner: Dark Pulse condivide non solo le meccaniche ma anche il motore grafico.
La differenza rispetto al titolo Square Enix sta però nelle difficoltà degli enigmi. Se infatti Magrunner: Dark Pulse ci ha costretto quasi sempre a spremerci le meningi per riuscire a risolvere le situazioni più insidiose, non possiamo dire di esserci mai trovati di fronte a scogli insormontabili o a puzzle particolarmente complessi. Quasi sempre la strada da seguire è piuttosto ovvia, seppur ingegnosa, e talvolta il gioco propone addirittura degli utili aiuti. Siamo insomma ben lontani dall'eleganza di Portal, che con divertenti cartelli sottolineava pericoli e meccaniche di gameplay, lasciando al giocatore il compito di pensare al resto.
"Magrunner: Dark Pulse è più guidato, meno ispirato, ma riesce quasi sempre a divertire"
Magrunner: Dark Pulse è più guidato, meno ispirato, ma riesce quasi sempre a divertire, soprattutto se non ci si perde in cavilli e non si presta attenzione alle piccole imperfezioni presenti qui e lì. L'unica cosa realmente incomprensibile e che ci sentiamo di criticare è la raffigurazione grafica delle cariche magnetiche su cui si basa l'intera giocabilità. Giustamente rappresentate tramite due colori ben distinti, presentano un errore di fondo: nell'universo di Magrunner: Dark Pulse due cariche dello stesso colore si attraggono mentre due di colori opposti si respingono. Una caratteristica che mina pesantemente il titolo soprattutto nella fase iniziale, in cui è facile confondersi e aspettarsi che tutto funzioni come nel mondo reale.
Non è però neanche questo il problema principale del gioco, anzi, per quanto fastidioso sia dopo un po' ci si abitua al sistema a colori e ci si scorda persino del magnetismo, mera spiegazione per giustificare il meccanismo degli enigmi. Il neo principale di Magrunner: Dark Pulse è invece delineato dalla voglia degli sviluppatori di strafare ad ogni costo. I ragazzi di Frogware infatti, forse nella continua ricerca di elementi originali da includere nel titolo, hanno appesantito troppo lo stile del gioco che risulta essere piuttosto cangiante e caotico.
Si va dall'ambientazione futuristica, a Cthulhu e Lovercraft; dalle frecciatine alla società odierna (col nome del magnate che è un ovvio anagramma di Zuckerberg) a mutanti e cani robot, e la lista è ancora lunga. L'impressione generale che si ha, guardando un quadro così frammentario, è di trovarsi di fronte a un'enorme scatola dove sono state stipate a forza tutte le buone idee avute in fase di sviluppo, senza provvedere a una vera e propria scrematura.
"L'impressione è di trovarsi di fronte a un'enorme scatola dove sono state stipate tutte le idee senza una vera e propria scrematura"
Magrunner: Dark Pulse è quindi un titolo un po'confuso e dallo stile altalenante, privo di una identità univoca, ma anche dannatamente divertente. L'idea stessa di associare a un titolo del genere l'iconografia di Lovercraft sarebbe bastato a garantirgli il successo, almeno in rete, peccato che manchi di quella propensione alla grandezza e di quell'eleganza propria di molti suoi concorrenti. Non possiede cioè lo stesso stile di Qube, Portal o Quantum Conundrum, perdendosi in un'accozzaglia di buone idee che sarebbero potute esser sviluppate meglio. Un discorso questo applicabile a tutti gli aspetti del titolo, da una storia un po' scialba nonostante i presupposti, a un comparto grafico che è al di sotto degli standard odierni, sino ad arrivare a meccaniche che stridono con le basi su cui si fonda il gioco.
Non ce la sentiamo però di penalizzarlo troppo proprio per il brio degli sviluppatori, i quali pur esagerando sono riusciti a creare un titolo divertente e tecnicamente solido, in grado di tenervi impegnati per più di un pomeriggio e di strapparvi qualche sorriso.