The Bureau: XCOM Declassified - review
E se gli alieni ci avessero già invaso?
Come immagino accada per altri estimatori della serie, il nome XCOM basta a mettermi in allarme come fosse un vero UFO avvistato da qualche parte lassù. Dopo aver atteso svariati anni prima di assistere al giusto resuscitare di uno strategico che ha fatto la storia, è normale che la fame sia aumentata e che ci sia sempre più voglia di altri titoli legati a questa saga.
È per questo che alle prime avvisaglie di The Bureau: XCOM Declassified sono scattato come una molla, appostandomi come uno stalker digitale pronto a carpire ogni più piccola informazione di questo progetto perennemente sotto la quota di rilevamento dei radar. Eppure, devo dire che non sono riuscito ad appassionarmi come si deve a questo spin-off, complice la latitanza di materiale che aiutasse a dare al gioco di 2K Marin una sua identità ben classificabile.
Come tutti apprezzo le cose ben fatte, e la web series di ottima finitura mi ha intrattenuto non poco, ma siamo sempre ai margini dell'Area 51 videoludica. Per quanto riguarda invece la corrente di pensiero che vuole XCOM come un nome da non dissacrare con puntate in generi che non siano strategici, e che sembra aver fatto molti proseliti recentemente, sono venuto a patti da tempo con il fatto che i bei giochi riescono a mettere sempre d'accordo tutti.
Certo l'assenza dalle scene di gameplay anche a pochi giorni dall'uscita di un titolo non è mai un bel segnale, così come uno sviluppo segnato da forti cambiamenti in corso d'opera. Ciò mi ha comunque messo nell'invidiabile posizione di scoprire The Bureau direttamente sul campo, vivendo trama e retroscena proprio come quando scartavo la confezione di un gioco fantasticando sui contenuti di quella scatola quasi sacra, qualcosa che non accade spesso quando si scrive di videogiochi.
"Carter è uno di quei duri a cui è meglio non dare pugni per evitare di fratturarsi la mano"
Ma veniamo al gioco. In The Bureau saremo al controllo di William Carter, un duro di quelli a cui è meglio non dare pugni per evitare di fratturarsi la mano. William, ossessionato dalla perdita della famiglia a causa di un incidente, sperimenta un contatto troppo ravvicinato con gli alieni durante una missione, finendo poi per essere reclutato dal prototipo di quella XCOM che conosciamo.
L'invasione non avviene dietro le quinte come quella che abbiamo visto negli strategici puri della serie: gli alieni lanciano un attacco su vasta scala che distrugge o trasforma completamente intere città e muta la popolazione, trasformando molti esseri umani in una sorta di automi privi di volontà definiti Sonnambuli.
Il "nuovo" volto degli alieni si addice naturalmente di più alla natura TPS di The Bureau. Pur ispirandosi alle classiche razze che conosciamo, partendo dai Sectoidi e proseguendo verso l'alto nella scala gerarchica, i nemici sono meno freddi e, pur agendo secondo le direttive di una misteriosa mente-alveare, fanno ciò che ci si attende da truppe di assalto. Comunicano, provocano, sibilano e parlano anche, quando gli incontri si fanno più ravvicinati fuori del campo di battaglia.
"Il gioco riprende meccaniche già viste in altri titoli piuttosto famosi"
Il sistema di gioco sul campo e non riprende meccaniche già viste in altri titoli piuttosto famosi, primo tra tutti Mass Effect. In verità l'interpretazione di 2K Marin richiama alla mente la saga di BioWare anche in alcuni passaggi dove le strutture aliene torreggiano verso il cielo e le installazioni a terra strappano territorio alle civiltà umana in maniera più marcata di quanto ci si potrebbe aspettare.
La squadra, composta da tre agenti, va gestita in prima persona impartendo ordini diretti. L'IA non si comporta male ma tende a fare errori grossolani, complice anche un'azione molto vibrante e ricca di fattori da considerare. Passare alla visuale tattica non arresta del tutto lo scorrere del tempo ma lo rallenta in maniera estrema, permettendo di reagire in tempo reale e salvare situazioni critiche per il rotto della cuffia.
Le prime missioni non richiedono una gran gestione per prevalere, ma già dal terzo dei quattro livelli di difficoltà disponibili, giocare The Bureau come un classico TPS equivale allo sterminio completo dei propri agenti. A proposito di difficoltà, consiglio a chi cerca una sfida decente di partire subito dal livello Veterano, pena una progressione veramente troppo monotona e piatta.
"Fa un po' strano vedere degli agenti in giacca e cravatta gettarsi contro forze aliene d'elite"
Risolta la crisi del momento iniziale, XCOM entra nel vivo aprendo le porte della base segreta che funge da quartier generale. Laboratori e hangar degli Skyranger sono più di un tributo a XCOM, e oltre a essere quasi sempre liberamente esplorabili, ospitano il cast che affianca Carter nell'avventura.
Anche in questi casi viene spontaneo pensare a Mass Effect, con il nostro agente che si aggira per la base con tanto di "corsetta" alla Shepard a rendere fin troppo lunghe alcune escursioni. Immancabile anche la ruota di selezione delle opzioni a disposizione nei dialoghi, utili però solo a fornire informazioni in maniera un po' troppo fredda tra una missione e l'altra.
Gli agenti che accompagnano Carter vanno reclutati assegnando classe, specializzazione ed equipaggiamento, con la possibilità di cambiare anche il nome e i colori dell'abbigliamento in linea con il periodo. Certo fa un po' strano vedere degli agenti in giacca e cravatta gettarsi contro forze aliene d'élite, ma gli anni '60 in cui è ambientato The Bureau sono resi generalmente bene. Per completare l'effetto è possibile anche attivare una sorta di grana artificiale che dà al gioco più o meno l'aspetto di una pellicola datata di qualche decennio.
"Giocare The Bureau come un classico TPS equivale allo sterminio completo dei propri agenti"
Tornando a cast e storia, sia Carter che i personaggi che gli ruotano intorno non hanno purtroppo occasione di sviluppare a dovere il proprio potenziale. Nonostante i retroscena, il protagonista resta il classico duro tutto azione e poca pazienza fatto con lo stampino, mentre tutti gli altri rimangono dei colleghi un po' distanti con cui non si entra mai in sintonia dopo una buona partenza.
Il cast è abbastanza interessante e comprende sia i prevedibili commilitoni e scienziati che altre figure meno stereotipate. Soldati, piloti, ufficiali della comunicazione e perfino un analista (tranquilli, non è un antenato di Pachter) rendono la base piuttosto viva ma come detto si rivelano piatti alla distanza. Fa il suo nel vanificare l'ottimo lavoro svolto sui modelli poligonali, dotati di volti sufficientemente espressivi, una gestualità molto limitata che consiste in quella manciata di pose che siamo abituati a vedere in molti dialoghi da fin troppo tempo. Molto buono invece il doppiaggio in italiano, con appena un paio di voci che sembrano poco adatte ai rispettivi personaggi.
Il cuore della base è naturalmente la sala operativa da cui è possibile selezionare le missioni disponibili, comprese alcune secondarie che garantiscono equipaggiamento bonus, e anche inviare degli operativi a svolgere incarichi specifici.
"Carter e il resto del cast non hanno occasione di svilupparsi a dovere"
Questi ultimi sono utili a far crescere i membri della squadra inutilizzati e tenerli pronti in caso di morte prematura di un operativo, ma consistono nella semplice selezione degli agenti da inviare tramite poche schermate ridotte all'osso. Ognuna di queste missioni ha un coefficiente di difficoltà, e per avere successo è sufficiente inviare operativi il cui livello complessivo superi questo fattore.
La vera attrattiva di The Bureau, per fortuna, sono le missioni sul campo. Il sistema di gioco riprende sì soluzioni già viste altrove, ma si rivela adatto a convogliare l'azione tattica di XCOM in un ambiente più action. Sul campo è necessario ricorrere molto spesso alla visuale tattica e la presenza di più classi di agenti, ognuna con le sue particolari abilità (alcune selezionabili tra una scelta multipla) amplia il numero di possibilità a disposizione.
Mentre i comuni soldati hanno a disposizione solo cinque livelli, Carter può svilupparsi per ben 10 di essi e acquisire capacità psichiche estreme come il controllo mentale o la possibilità di lanciare un drone o un Silacoide alieno di supporto. Non solo queste capacità sono divertenti da sfruttare, ma anche indispensabili giocando a un livello di difficoltà adeguato.
"Le varie opzioni tattiche sono divertenti da sfruttare e indispensabili ai livelli di difficoltà più elevati"
Il mix di azione, buon ritmo e opzioni tattiche è a conti fatti ottimo, con il risultato di scontri spesso tesi e protratti nel tempo. L'IA fa il suo dovere con classi di nemici di supporto, comandanti e alieni corazzati che complicano non poco la vita obbligando a sfruttare tutte le possibilità a propria disposizione. Combinare le abilità di più membri per far breccia nelle difese di nemici particolarmente ostici, tenere presente la posizione dei componenti del gruppo e il loro stato e sfruttare l'ambiente a proprio vantaggio si rivela divertente anche in salsa TPS: da questo punto di vista, l'esperimento è riuscito bene.
Quando un agente viene ferito è possibile curarlo entro un limite di tempo, pena perderlo definitivamente. Il sistema di salvataggio automatico e la possibilità di addestrarne altri in maniera automatica tramite le missioni secondarie annulla però del tutto le penalità di un'azione mal condotta.
Vedere e affrontare le versioni preliminari delle forze aliene, come i Sectopod o i Muton che pur non brillando per originalità si rivelano adeguati al contesto, è un valore aggiunto per i fan della serie. La storia fa un po' a pugni con quella che abbiamo conosciuto all'inizio della saga e si prende le sue licenze: è difficile credere che le informazioni riguardanti un'invasione aliena con tanto di terraformazione e sciami di astronavi possano essere state insabbiate con successo prima degli eventi di Enemy Unknown.
"La storia fa un po' a pugni con quella che abbiamo conosciuto all'inizio della saga"
Se proprio fate parte del ristretto club degli adoratori della continuity e conoscete a memoria l'antefatto dell'originale, compresa storia della Kyriu-Kai e dettagli simili forse sì, l'attacco di The Bureau vi sembrerà troppo esagerato, ma qui andremmo oltre la ricerca del classico pelo nell'uovo.
Ciò che pesa di più su The Bureau: XCOM Declassified, e che forse rappresenta l'eredità del brusco cambio di rotta in fase di sviluppo, è invece quell'incompletezza diffusa in vari settori a cui si è accennato, unita a una fase finale che perde progressivamente di mordente. Lo sviluppo della squadra e dei personaggi avrebbe potuto essere articolato meglio, mentre l'epilogo soffre di un brusco accelerare degli eventi e di una serie di ambientazioni anonime e troppo simili tra loro.
Per gli utenti PC è da segnalare qualche piccolo problema relativo alle opzioni avanzate, apparentemente Tessellation e occlusione ambientale, che fanno precipitare il frame rate nelle inquadrature ravvicinate (compreso lo zoom dei fucili da cecchino). Le opzioni a disposizione sono però veramente tante, e permettono di godere di una resa grafica ottima anche abbassando più di uno slider, senza contare che i problemi citati sembrano le fisiologiche magagne da day one risolvibili con una patch.
Come primo passo nel mondo action del capitolo moderno di XCOM, The Bureau rende giustizia alle premesse pur attingendo a piene mani da altri titoli e proponendosi come una sorta di "Mass Effect di 2K". Nonostante qualche elemento sottosviluppato, il titolo di 2K Marin diverte e si lascia giocare con piacere fino in fondo. E soprattutto di XCOM ha lo spirito, pur se adattato in una certa misura, e non una semplice etichetta appiccicata alla meno peggio.