Donne, videogiochi e la parità mancante - articolo
Whitney Hills sulle discriminazioni e sul perché il mondo indie potrebbe migliorare le cose.
L'industria dei videogiochi esiste ormai da parecchi decenni, e nonostante il medium abbia subito numerosi cambiamenti e il suo pubblico sia maturato, c'è purtroppo una costante che è rimasta intatta nel tempo: l'intero settore degli addetti ai lavori e il pubblico di riferimento sono principalmente composti da maschi. Se l'industry vuole essere presa più seriamente, questo è un elemento che deve cambiare.
Il mondo è pieno di giocatrici femmine, così come di game designer donne talentuose che possono dare il loro contributo creativo ad un'industria che ne ha sicuramente bisogno. Le aziende del settore dovrebbero fare tutto il possibile per accogliere le donne e creare contenuti che possano essere goduti allo stesso modo sia dagli uomini che dalle donne. Sfortunatamente, questo ancora non avviene, e lavorare nel business dei videogiochi come donna può essere una sfida frustrante e scoraggiante... ma anche molto gratificante.
Qualche settimana fa, Whitney Hills, game designer e scrittrice indipendente, ha scritto un affascinante ed interessante post sul suo blog, riguardo la sua esperienza di donna nell'industria dei videogiochi. Noi l'abbiamo raggiunta per chiederle maggiori dettagli sulla sua visione del problema.
D: Per tutti quelli che non ti conoscono, puoi presentarti parlando del tuo lavoro e dei giochi a cui hai contribuito?
R: Lavoro nell'industry dal 2007. Ho contribuito a realizzare una dozzina di giochi, tra cui Fable II, Viva Pinata, Toy Soldiers, Crackdown 2 e Sesame Street: Once Upon a Monster. Ho lavorato anche ad alcuni progetti indie: nel 2009, con alcuni amici, ho cominciato a creare un gioco per iOS chiamato Ghost Chef, che però è stato momentaneamente messo in congelatore. Al momento sono una scrittrice e designer indipendente.
D: Il tuo post "Games! Girls! Onions!" è un racconto molto sentito della tua esperienza di donna in un settore dominato dagli uomini. Cosa ti ha ispirato a scriverlo, e sei rimasta sorpresa dalle reazioni che ha suscitato?
R: Non avevo mai scritto niente del genere prima. Come dico nella parte iniziale del post, molti degli articoli sulle donne e le minoranze nella games industry (incluse le recenti polemiche con Penny Arcade) adottano toni aspri e accusatori, e sono irrilevanti per la mia esperienza. Ero preoccupata che questa discussione stesse creando dei precedenti dannosi, che rendessero ancora più difficile parlare di questa tematica.
"Sono stata felice di sentire la voce anche di altre donne che hanno avuto esperienze simili alle mie"
Nel mio post, mi sono limitata ad elaborare alcune considerazioni personali, esperienze e sentimenti che mi inseguono da un po'. È il classico testo che scriverei e seppellirei poi nelle profondità del mio hard disk, ma stavolta mi sono chiesta se avrebbe potuto in qualche modo aiutare qualcuno. Ero per certi versi nervosa nel pubblicarlo: non volevo che nessuno dei miei colleghi passati pensasse di essere sotto accusa, o che io segretamente ne pensassi male, perché non è affatto così.
Però sono stata felice di sentire la voce anche di altre donne che hanno avuto esperienze simili alle mie, ma non si sentivano libere di parlarne, e hanno provato sollievo quando io l'ho fatto. Le risposte su Twitter e sul blog stesso sono state positive, e in giro sul web mi sembra che siano nate delle buone discussioni... ma anche altre decisamente pessime.
Quando il post è stato ripubblicato su Kotaku, sono saltati fuori alcuni commenti non moderati talmente pessimi che la gente ha smesso di leggere l'articolo in sé e ha cominciato a condividere il link solo per rispondere ai commenti. Si è radunata una folla di curiosi come quella che gravita intorno agli incidenti automobilistici. Una grossa delusione. Dopo poco ho smesso del tutto di leggere i commenti su Kotaku: scavare nel mucchio per scovare quelli decenti era diventato troppo sgradevole.
Uscendo da quel covo di troll, però, la risposta che ho ricevuto mi ha reso felice di aver pubblicato il mio post. In generale quello che ne ho tratto è che alcuni dei sentimenti e delle esperienze che ho descritto sono tipiche di chiunque lavori nelle corporation americane, non solo delle donne.
In linea generale, sono d'accordo: la cultura del lavoro americana può essere piuttosto tossica, e sicuramente non sono solo le donne a sentirsi danneggiate o isolate. Queste emozioni sono universali, e chiunque, maschio o femmina, può trovarsi nella condizione di provarle.
Però io continuo a pensare che essere trattati in modo differente magari perché si è i nuovi arrivati sia diverso dall'essere trattati in modo differente per questioni di genere o di razza: queste ultime sono infatti proprietà fondamentali dell'individuo e, a differenza di un'abitudine o di un comportamento, non possono cambiare.
D: Nel blog hai descritto come più volte il tuo ruolo di donna nella games industry ti abbia fatto sentire una sorta di "curiosità vivente", un'eccezione alla regola. Credi che le discriminazioni di genere stiano diminuendo? Il fatto che ora la tematica sia discussa più frequentemente dovrebbe essere un passo nella giusta direzione, o no?
"Sempre più donne vengono coinvolte nel settore, il che è sicuramente il modo migliore e più rapido per riequilibrare la situazione"
R: Vedo che sempre più donne vengono coinvolte nel settore, il che è sicuramente il modo migliore e più rapido per riequilibrare la situazione. Non credo che semplicemente parlare del problema aiuti a risolverlo: per me è più importante il livello della discussione.
D: Sei preoccupata del fatto che le ragazze che attualmente studiano game design all'università o pensano di entrare nella games industry siano spaventate dalle cose che si sentono dire? Che consiglio daresti alle ragazze che hanno questa aspirazione?
R: Non credo che ci sia questo pericolo, per un paio di motivi. Il primo è che le donne che vogliono entrare nella games industry sono state giocatrici per tutta la vita, quindi probabilmente già conoscono alcuni aspetti di questa discriminazione, essendo magari state l'unica ragazza in un LAN party o essendo state insultate su servizi come Xbox Live. Sono situazioni con cui ci si confronta, anche al di fuori dell'ambito professionale.
Poi, non ho mai incontrato nessuno che, a fronte di una passione per i videogiochi, si sia lasciato scoraggiare dal fatto che qualcuno gli dicesse che farne un lavoro sarebbe stato molto difficile. Le ragazze sveglie e ambiziose prendono "consigli" del genere come una sfida da superare.
E, parlando di consigli, credo che la cosa più importante per chiunque, donna o no, sia di imparare a comunicare le proprie necessità con determinazione e chiarezza, in un modo che minimizzi le possibilità da parte degli altri di sentirsi accusati, criticati o attaccati. Le abilità comunicative che io personalmente ho trovato utili, e che vorrei aver imparato molto prima nella vita, sono state indicate dallo psicologo Thomas Gordon (che ho citato anche nel mio post originale).
Nella sua visione, il conflitto è inevitabile, e può persino essere positivo. L'esistenza del conflitto non è il problema in sé: lo è il modo in cui questo viene risolto. Tutti i libri di Gordon insegnano lo stesso set di skill, ma "Leader Effectiveness Training" è la versione che si applica specificamente all'ambiente lavorativo. Sua moglie, Linda Adams, ha scritto un libro originariamente intitolato "Effectiveness Training for Women", che in seguito è stato reintitolato "Be Your Best". Al momento pare che non sia più stampato, ma insegna le stesse cose mirate ad un pubblico femminile. Non lasciatevi sfiduciare dalla copertina un po' "vecchia": gli insegnamenti che si trovano al suo interno sono davvero utili!
La comunicazione e la capacità di risolvere i conflitti sono estremamente importanti per le donne. Spesso ci viene detto che, se abbiamo un problema sul posto di lavoro, la cosa giusta da fare è andare dal nostro manager o dal responsabile delle risorse umane e far sì che siano loro a risolvere il problema, dall'alto. Questo può rivelarsi un sistema dannoso, controproducente per tutte le persone coinvolte: chi ha subito il torto dimostra di non saper gestire da sé la situazione, il manager deve fare da mediatore in un conflitto che non gli appartiene e, infine, chi viene rimproverato dall'alto si sente attaccato o minacciato. Quando le persone riescono a risolvere i conflitti tra di loro direttamente, la cosa è in genere molto più efficace e positiva.
"Personalmente sono rimasta delusa nel sapere che GTA V è caratterizzato da una certa dose di misoginia"
D: Credi che ci sia una sorta di mentalità maschile "cameratesca" che pervade l'industria e i suoi seguaci? Quando qualcuno come Anita Sarkeesian viene attaccato con così tanta violenza solo per aver criticato alcuni cliché da "maschilisti" da cui l'industria è afflitta, la situazione sembra irrecuperabile. Cosa ne pensi?
R: Penso (e spero) che quella sia solo una minoranza molto rumorosa. E mi chiedo se parte delle reazioni violente arrivino da uomini che si sentono accusati o rimproverati, anche se non era quello l'intento di Anita. Ovviamente, potrebbe semplicemente esserci troppa gente con troppo tempo libero, che ama postare stronzate offensive sulla rete. In tal caso, è compito dei moderatori far sì che la discussione pubblica sia educata e costruttiva.
D: Non è chiaro se questa sia una causa o una conseguenza di tutto ciò, ma la games industry sembra essere indirizzata principalmente ai maschi adolescenti. Quando un gioco importante come GTA V viene criticato per la sua presunta misoginia, e altri titoli come Killer is Dead hanno persino una modalità "gigolò", il problema che affligge la creazione dei contenuti è ovvio. La soluzione è semplicemente coinvolgere più donne nella creazione dei giochi?
R: A rischio di sembrare polemica per principio, voglio dire che non sono sicura che il problema con la creazione dei contenuti sia così ovvio. Personalmente, sono rimasta delusa nel sapere che GTA V è caratterizzato da una certa dose di misoginia, perché mi è piaciuto molto GTA IV e non mi sono sentita affatto "discriminata" dai suoi contenuti. Non ho giocato GTA V, ma sicuramente mi dispiacerà se la mia esperienza nel farlo sarà resa peggiore perché a chi ne ha scritto trama e dialoghi è stato consentito di introdurre contenuti discriminanti o fastidiosi.
La games industry, essenzialmente, ha la stessa varietà e qualità di contenuti dell'industria del cinema o della televisione. La barra della tolleranza è differente a seconda di ognuno. Io non sono riuscita a vedere tutto il primo episodio di "Game of Thrones" perché mi è sembrato piatto e misogino. Ho trovato fastidiose le rappresentazioni dei personaggi femminili, e la cosa mi ha intristito. Ma ci sono molte persone che non sarebbero d'accordo con me, e alcune delle sceneggiatrici di "Game of Thrones" sono donne. Che si parli di TV o videogiochi, alcune persone apprezzano contenuti che altre trovano fastidiosi. È una cosa normale. Credo, comunque, che ci sarebbe un gran bisogno di avere più creative e scrittrici donne non solo nell'ambito dei videogiochi, ma anche di film e TV.
"Abbiamo spinto spesso nella direzione di una migliore rappresentazione dei personaggi femminili, e le nostre pressioni spesso hanno trovato una forte resistenza"
D: Da game designer, ti sei mai sentita limitata nella tua libertà d'espressione creativa perché un dirigente aveva paura che il tuo lavoro non avrebbe incontrato i gusti del pubblico di maschi adolescenti di cui abbiamo parlato prima? Il problema, oltre all'avere più donne al lavoro sulla fase creativa, non è anche avere manager che diano effettivamente il via libera a contenuti di un certo tipo?
R: Sì, io e i miei colleghi abbiamo spinto spesso nella direzione di una migliore rappresentazione dei personaggi femminili, e le nostre pressioni spesso hanno trovato risposte apatiche o una forte resistenza. Mi ricordo chiaramente una riunione in particolare, riguardo un gioco che aveva sia un personaggio giocabile maschio che una femmina. Il gioco era ambizioso, e c'erano delle preoccupazioni sul fatto che la tabella di marcia potesse sfuggire di mano.
Una manager donna è stata la prima a proporre, come soluzione, di eliminare completamente il personaggio femminile... al che io sono rimasta atterrita. Credevo che il personaggio femminile fosse importante per il successo del gioco, proprio perché molte giocatrici sarebbero state donne! Fu scoraggiante vedere come invece fosse proprio quello il primo elemento da cancellare. (Tra l'altro, ci fu anche qualcuno che disse che non avremmo dovuto avere un personaggio femminile perché "le donne sono più difficili da animare.")
Non voglio dire che ogni gioco debba avere un personaggio femminile e uno maschile, o che il personaggio principale debba essere una donna... assolutamente no. Però, per questo gioco nello specifico, credo che fosse una cosa importante.
L'unica volta che ho sentito parlare del rischio di allontanare il pubblico maschile è stato durante la fase di marketing di un gioco che aveva due personaggi giocabili, un maschio e una femmina. Sulla copertina del gioco apparse solo il maschio, e la cosa mi fece imbestialire, visto che la protagonista donna per me era una delle feature più importanti. Al di là di occasioni come queste, è molto più comune essere limitati dal budget del prodotto o da differenze di tipo artistico, che non dal fatto che il pubblico maschile sia considerato la priorità.
D: L'industry non sembra nemmeno provare a cambiare direzione. Basta guardare ad eventi come l'E3: nonostante il fenomeno delle "booth babes" non sia estremo come in passato, molte aziende ancora pagano ragazze svestite e ammiccanti perché animino i loro stand. La cosa è ridicola, in un contesto in cui si dovrebbe parlare di giochi. È persino capitato che PR donne venissero scambiate per booth babe e infastidite verbalmente. Hai qualcosa da dire agli organizzatori della fiera, o su questo problema in generale?
"Alcuni manager non capiscono la gravità delle ripercussioni che le booth babes creano alle sviluppatrici donne"
R: Le booth babe esistono perché alcuni manager (o i loro team) pensano che possano aiutare a vendere il loro prodotto. Queste persone probabilmente non capiscono la gravità delle ripercussioni che questo crea sulle developer donne. Il loro obiettivo non è quello di essere offensivi o discriminatori, stanno solo cercando di usare delle belle donne per vendere la loro idea. Non c'è alcuna cospirazione dietro a tutto ciò: è una semplice tattica pubblicitaria che esiste dall'alba dei tempi. Le booth babe sono la conseguenza di scelte fatte dagli esperti di marketing, scelte che creano un problema a me e alle mie colleghe. Non ho alcun messaggio per gli organizzatori dell'E3 o per l'industria in generale, quello che ho da dire lo dico agli esperti di marketing.
Se ingaggiate booth babe per promuovere il vostro prodotto, la cosa mi crea un problema, perché mi rende più difficile il compito di essere riconosciuta come una professionista, e quindi ostacola il mio lavoro promuovere io stessa il mio gioco. Scommetto che gli addetti al marketing sono preoccupati del fatto che, non ingaggiando donnine svestite, il loro gioco non avrebbe abbastanza visibilità e non venderebbe altrettanto bene, e la loro carriera di conseguenza subirebbe un contraccolpo.
Questa è chiaramente una preoccupazione comprensibile. Ma ci sono dei modi efficaci per promuovere un videogame, che non includano l'impiego di booth babe? Io credo di sì. Però, finché il marketing non capirà l'impatto delle proprie scelte, e finché noi non capiremo il perché di quelle scelte, battersi contro il fenomeno delle booth babe sarà soltanto uno spreco di fiato e inchiostro.
D: Le discriminazioni nei confronti delle donne sono più pesanti nel settore dei giochi Tripla-A? Il mondo dello sviluppo indie è in qualche modo meno problematico?
R: Sì, credo che il mondo dei Tripla-A sia peggiore, principalmente perché le dinamiche di potere sono differenti nelle aziende più grandi e influenti. La gerarchia è molto più ferrea, ma questo è un problema che riguarda tutti i dipendenti, non soltanto quelli di sesso femminile.
"Conosco almeno una manciata di donne che preferiscono lavorare nel contesto indie, perché lo trovano meno minaccioso o isolante"
Comunque, conosco almeno una manciata di donne che preferiscono lavorare nel contesto indie, perché lo trovano meno minaccioso o isolante. Anche per me questo è stato un fattore, ma la mia scelta di diventare indipendente è dipesa più che altro dalla voglia di viaggiare liberamente, di avere tempo per scrivere e seguire i miei interessi al di fuori del mondo del gaming.
D: Alla fine del tuo post chiedi alle persone non tanto di agire, quanto di ascoltare. Non si tratta di un atteggiamento passivo? Quale credi che sia il modo giusto per migliorare la situazione?
R: Spesso si fraintende l'atteggiamento di chi ascolta per passività. In realtà, sono due cose molto diverse. Si pensa che ascoltare sia un comportamento passivo che non comunica niente a colui che viene ascoltato. Invece, ascoltare veramente qualcuno comunica a quel qualcuno l'accettazione dei propri sentimenti e opinioni, e l'accettazione di tutto ciò è uno strumento molto più potente che non il semplice dichiararsi d'accordo o in disaccordo, o anche di cercare una soluzione pratica immediata. L'ascolto attivo significa empatia, e porta ad avere una conversazione molto più profonda di quella che non si avrebbe saltando subito a conclusioni.
Un esperimento che potete realizzare per scoprire se avete realmente ascoltato il vostro interlocutore è fare una parafrasi di quello che vi ha appena detto, con parole vostre, e cercare di capire se avete realmente inteso il senso. Questo tipo di ascolto attivo è difficile da mettere in pratica, ma è il primo passo verso una vera comunicazione. È un paradosso, ma quando ascoltiamo veramente e attivamente qualcuno, dimostrandogli la nostra accettazione a prescindere dal fatto che siamo in accordo o in disaccordo con lui, gli stiamo dando la libertà di risolvere i propri problemi, e di cambiare.
Traduzione a cura di Luca Signorini.