Grey Goo, strategia vecchia scuola - recensione
Un RTS che dà nuovo vigore al genere.
C'è chi dice che gli RTS siano morti, divorati dai MOBA e dagli sparatutto. Uccisi dalla gente che preferisce i corridoi in soggettiva di un Call of Duty qualsiasi alle mappe aperte e alle visuali a volo d'uccello. In realtà, che siano morti o meno, è indubbio che si tratti di un genere che ha perso smalto ed è da un po' che le scene non vengono monopolizzate da un nuovo strategico in tempo reale. Ciò non vuol però dire che non si trovi più nulla d'interessante da giocare e se mancano gli esponenti di peso di un tempo, nel mondo indipendente la strategia ha ancora i suoi momenti e Grey Goo è uno di essi.
Trattasi di un RTS vecchia scuola che, come i gli appassionati di fantascienza avranno già notato, si ambienta in un non meglio identificato futuro dove si presenta quello scenario apocalittico cui si riferisce il titolo. Il Grey Goo altro non è che quel momento in cui le macchine nanotecnologiche iniziano a riprodursi e a mangiarsi tutto quello che si muove. Il mondo finisce e ciò che resta è una società di macchine, senza vita biologica. Un po' come accadeva nel seguito de L'Incal di Jodorowsky.
Nel caso del gioco però il momento non è ancora giunto e tre fazioni si contendono l'universo. Da un lato ci sono i Beta, strani esseri alieni con un'avanzata tecnologia di stampo industriale. Dall'altro le bistrattate nanomacchine, rappresentate da una sorta di fluido grigiastro risplendente. E tra i due fuochi, immancabili, troviamo i soliti esseri umani. Ciascuna fazione ovviamente ha le sue caratteristiche e si differenzia dalle altre per determinati punti di forza e debolezza.
I beta, meno tecnologici degli esseri umani, si basano molto sulla produzione e la salvaguardia delle risorse. Sono quindi ottimi per le fasi difensive e sono veloci a costruire e migliorare vari basi. Non sono altrettanto veloci e bravi in attacco ma la loro unità eroica è un'enorme fortezza semovente.
Gli esseri umani, come spesso accade, sono il jolly, la razza che è in grado di fare un po' di tutto. Anche il loro 'eroe' è potente e ben bilanciato e, come per le altre fazioni, necessiterà di un gargantuesco quantitativo di risorse per essere costruito.
I Goo invece, sono informi, veloci e aggressivi. Sono gli attaccanti perfetti ma non sono molto bravi nella difesa delle loro basi. La loro unità eroe è un aggregato di più unità che ne forma una enorme e possente. Si tratta di una razza fluida, d'altronde, e anche le loro unità possono specializzarsi in diverse funzioni.
La crescita di queste fazioni in effetti, mano a mano che si procede nella missione non vede l'avanzamento tecnologico come un modo per accrescere le proprie statistiche quanto per limare i difetti congeniti della propria fazione. Accrescere il livello di un'unità o di una struttura vuol dire riuscire a specializzarla in una funzione particolare, in grado di darle un vantaggio sulle altre. Una meccanica che rischia alla lunga di mitigare le differenze tra le razze, soprattutto online, ma che alla prova dei fatti è interessante da esplorare, dando una certa libertà di movimento indipendentemente dalla fazione scelta.
Dalla nostra descrizione apparirà ovvio a chiunque che si tratta, per quanto ben sviluppato, di un RTS vecchia scuola, opportunamente svecchiato per adattarsi ai tempi moderni. Ma il risultato non è per questo eccessivamente semplificato. Si ha comunque la sensazione di giocare un titolo della serie Command & Conquer, al punto che non stupisce sapere che gran parte degli sviluppatori, i Petroglyph Games, sono gli stessi della serie originale, nonché le menti dietro Universe at War ed Empire at War.
L'esperienza del team di sviluppo è presente in ogni aspetto del gioco, a partire da funzioni elementari come il calcolo della conformazione del terreno, che gioca un ruolo fondamentale, fino ad arrivare alla possibilità di sfruttare la vegetazione a proprio vantaggio, tanto online che offline. La visione delle unità disposte nella boscaglia sarà inibita ai nemici sino a quando questi non entreranno direttamente nel bosco. Il che è utile se intendete tendere un agguato o avvicinare grandi gli avversari senza essere scoperti.
I tanti piccoli tocchi di classe che sono in grado di far emergere il gioco dalla massa non riescono però a elevarlo molto oltre. GreyGoo non ha difetti particolari, come l'IA che fa il suo dovere ma non va oltre. Il gioco manca d'innovazione e la sua trama difficilmente catturerà chi già non sia appassionato del genere. Ciò nonostante, è un titolo che fa il suo dovere e lo fa bene.
A conti fatti il titolo dei Petroglyph Games si rivela una piacevole distrazione che i cultori del genere saranno in grado di apprezzare. Forse GreyGoo non rimarrà impresso negli annali ma di sicuro troverà un posticino negli hard disk degli appassionati per i mesi a venire.