The Witcher 3: Blood & Wine - recensione
Geralt ci saluta nel migliore dei modi.
Eh no, CD Projekt, non si fa così. Non mi puoi dare due settimane di tempo per scrivere l'anteprima di The Witcher 3: Blood & Wine a fronte di due orette di giocato, e poi lasciarmi cinque giorni di tempo per farne la recensione. E non mi puoi dire che questa durerà all'incirca 30 ore quando, al momento in cui scrivo, sono a 29 ore e ho ancora tante di quelle cose da fare che mi sa che arriverò almeno a 40. Perché ho anche un lavoro, una famiglia e un corpo con le sue esigenze fisiologiche.
Così invece mi costringi a farmi venire delle occhiaie peggio di un panda per cercare di vedere tutto il possibile, e per giunta mi maltratti costringendomi a tracannare la nuova espansione tutta d'un fiato, quando invece volevo gustarmela una goccia dopo l'altra.
Per cui, alla luce di tutto questo, non ci sto e mi ribello. E mi metto a scrivere il pezzo con un certo malcontento, avendo terminato la storia principale per questioni puramente deontologiche. Ma mi manca ancora da vincere il torneo di Gwent col mazzo delle Skellige, devo ancora potenziare la mia armatura dell'Orso a livello Gran Maestro e poi avrò tutti gli altri set da Witcher da portare al massimo per esporli sui manichini di Villa Corvo, e non ho sviluppato che una piccola parte di tutte le nuove mutazioni. E ho ancora taglie da portare a termine, quest secondarie da concludere e molte bacheche da scoprire. Perché Toussaint è davvero grande e ci sono ancora tanti, troppi punti interrogativi da esplorare sulla mia mappa.
Tutto questo, dicevo, dopo ben 29 ore di gioco, più del triplo di quello che durerebbe un Call of Duty (o un Battlefield) qualsiasi, più di quanto m'è durato Uncharted 4. Il che è incredibile se pensiamo che non stiamo parlando di un gioco completo, stand-alone, ma di un DLC, di un'espansione, una di quelle cose che di solito son messe lì per far cassa e mungere un po' la mammella dell'appassionato.
Ma dietro a Blood & Wine ci sono i CD Projekt, gli sviluppatori polacchi ormai diventati i paladini di un certo modo d'intendere i videogiochi, un po' piacioni se vogliamo ma bravi, dannatamente bravi a creare mondi favolosi, personaggi avvincenti, sceneggiature mai banali, e a mettere sul piatto tanti contenuti.
Molti di questi ve li ho spiegati qualche settimana fa nella mia prova di The Witcher 3: Blood & Wine effettuata negli uffici di Varsavia di CD Projekt. Là, dove tutto ha origine. L'impronta dell'articolo è stata smaccatamente tassonomica, come i colleghi della generalista amano spesso definire i miei articoli, intendendo con questo una descrizione quasi anatomica delle caratteristiche del gioco.
Stavolta dunque, alla luce delle mie 29 ore di giocato, propenderò per un approccio meno morfologico. Qui, su una testata specializzata. Un po' perché mi piace andare controcorrente, un po' perché già questa recensione non è partita nel migliore dei modi. Sai che noia dover pure scrivere due volte le stesse cose?
Ecco perché non vi parlerò delle 90 nuove quest, dei 40 punti d'interesse sparsi per la nuova mappa di Toussaint, delle 14.000 nuove linee di dialogo, della trentina di nuove armi e della ventina di nuovi mostri introdotti dagli sviluppatori. Perché significherebbe ripetermi (che poi, a ben guardare, è ciò che sto facendo).
Comincerò invece col dirvi che ho davvero apprezzato il rinnovamento dell'interfaccia grafica, che a Varsavia avevo giusto potuto sfiorare nella mia prova. Le icone sono più grandi, così come le descrizioni degli oggetti nell'inventario. Probabilmente per accontentare i giocatori console che non stanno col pannello del televisore a un palmo dal naso come i PCisti.
Apprezzabile, finalmente, è anche la possibilità di ammirare le anteprime di armi e armature addosso a Geralt, senza doverle realmente equipaggiare. E la mappa ora è funzionale, non solo per la possibilità di appuntarla con una moltitudine di segnalini, ma perché permette di passare istantaneamente tra esercizi dello stesso tipo. Tradotto, sarà possibile visualizzare al volo dove sono tutti gli alchimisti o i fabbri sparsi per la mappa, senza doverseli cercare in stile 'trova le differenze' della Settimana Enigmistica.
Peccato solo per alcune eredità del passato, come la difficoltà di distinguere dagli altri gli oggetti nuovi dell'inventario, per tutti coloro che come il sottoscritto s'innervosiscono a vedere l'asterisco giallo (soffro anche della stessa patologia quando vedo una mail in grassetto: devo subito leggerla). O per l'impossibilità di avere un'anteprima del taglio che ci si appresta a fare dal parrucchiere, cosa che mi ha costretto a spendere inutilmente dei soldi che avrei impiegato più costruttivamente alla Mandragora di Novigrad.
Ma queste sono quisquilie di fronte alla impagabile possibilità di leggere i documenti appena raccolti senza dover mettere in pausa il gioco, il che torna utilissimo tutte le volte che, giunti sul classico punto interrogativo sulla mappa, si trova il classico cadavere con addosso la classica chiave e la classica nota che conduce al classicissimo tesoro.
È tutto così classico che fortunatamente i CD Projekt hanno pensato di variare la dieta aggiungendo nuove missioni, chiamate Contratti del Vinficatore, in cui liberare delle grotte popolate da mostri (e da cos'altro, se no?) per conto d'imprenditori che hanno deciso di stoccare proprio lì dentro le botti del loro vino.
Già, il vino. Una bevanda che insieme ai formaggi fa parte della dieta di ogni cittadino di Beauclair, la capitale del ducato di Toussaint, una provincia Nilfgaardiana di chiara ispirazione francese i cui cittadini però parlano con uno strano accento est europeo. E nella quale scorre molto altro liquido rosso, non vino però ma sangue.
Ecco spiegato quel "Sangue e Vino" che dà il titolo a questo DLC, d'altronde come dicevo sempre nella mia prova di The Witcher 3: Blood & Wine (lo riscrivo per intero, che un po' di backlinking non fa mai male), i nemici numero uno sono i vampiri, a partire dall'impronunciabile Dettlaff van del Ereteinha e dal nostro amico Emiel Regis Rohellec Terzieff-Godefroy. O da altri personaggi di alto rango di Toussaint, che avrete il piacere di scoprire più avanti.
Ma a differenza di quanto avevo creduto durante la mia prova di The Witcher 3: Blood & Wine (stavolta senza l'hyperlink, perché mi gira così), giocando si scoprirà che i carnefici sono le vittime, e le vittime i carnefici. Tutto chiaro? Spero di no, ma sappiate che una volta di più gli sceneggiatori di CD Projekt si sono superati, dando prova di saper realizzare storie dove tutto non è mai quel che sembra, dove ogni personaggio ha in sé due anime, e dove le scelte che compiere non saranno mai del tutto buone o del tutto cattive.
Non si creda, però, che Blood & Wine si prenda troppo sul serio, perché non mancheranno i momenti di svago. Come durante la festa indetta dalla duchessa Orianna, dove potremo evitare di andare dritti al dunque (e che colpo di scena alla fine!) e divertirci tra maghi, mimi e pittura creativa. Peccato solo che la compagnia della duchessa Anna Henrietta non sia la stessa di Vlodimir von Everec...
Non mancheranno poi missioni decisamente sopra le righe come quella dal roboante nome di "Magnifiche e Immense Palle di Granito", in cui dovremo recuperare i genitali rubati dalla statua di tale Reginald che, pare, al solo toccarle sortiscono effetti simili al Viagra. O Caccia Grossa, che riesce a dare una nuova lettura delle taglie da Witcher. Burocrazia, invece, critica apertamente il sistema bancario, untuosamente cortese quando si tratta di prendere i nostri soldi, platealmente stronzo quando si tratta di restituirceli. Ma potremo sfogarci facendo quello che molti di noi sognano, ossia menare il direttore della banca: grazie CD Projekt!
Ci saranno poi tante citazioni, come gli Appunti di Smigole e Serkis che iniziano con "L'ho perso! Il mio tesoro!", strizzando l'occhio a Il Signore degli Anelli. O il "Non c'è nessun cucchiaio", detto durante un momento davvero intenso di una quest che rimanda la memoria al primo Matrix. E che dire della strizzata d'occhio a Dark Souls che vede qui sotto?
Mettiamoci pure la bellissima armatura vampirica di Tesham Mutna, che pare uscita dal Dracula di Bram Stoker, o il "If you love somebody, set them free" detto in Inglese da Geralt (il gioco, come al solito, è solamente sottotitolato in Italiano), che mi ha fatto tornare in mente la hit di Sting. Ma correva l'anno 1985 e alcuni di voi potrebbero non coglierla.
E poi ci sono i protagonisti. Dettlaff è uno di quei personaggi che lasciano il segno e non solo sul collo, mentre Emiel all'inizio sembra un po' loffio ma è meglio se non gli fate annusare l'odore del sangue. E la baronessa Anna Henrietta è un bel peperino. Non solo quando, dopo pochi minuti, la vedrete strapparsi la gonna e lanciarsi in una folle corsa a cavallo (con Geralt che inclina la testa, le guarda il culo, sorride e si getta al suo inseguimento), ma perché è molto più avventurosa di quanto non s'immagini possa esserlo la duchessa di Toussaint.
Ma il bello di Blood & Wine è che anche i personaggi apparentemente secondari celano dei segreti. Come la già citata Orianna o come Vivienne de Tabris, la riprova che coi CD Projekt Red non si può mai dire, protagonista della quest 'Il Cinguettio del Cavaliere Innamorato'. Che essendo secondaria t'aspetti che duri poco e che invece dopo giostre, banchetti, sortilegi e combattimenti, sei lì a domandarti se qualcun altro non te l'avrebbe venduta separatamente a 4,99 euro.
Parlare di Blood & Wine senza due delle sue novità più importanti sarebbe però un delitto. Per cui cominciamo dalla tenuta di Corvo Bianco, la nostra "villa di Monteriggioni" per dirla alla Assassin's Creed, che erediteremo in disuso e che potremo restaurare facendone un posticino niente male. Di quelli che se fossero veri, vivremmo di rendita affittandoli su Airbnb. Ma purtroppo no, la villa di Corvo Bianco ce la godremo solo noi, in compagnia del nostro fedele maggiordomo e, se deciderete di salvarla (ma non vi dico come) di una grinzosa vecchietta con la passione per i cucchiai.
Una volta affissi i quadri alle pareti, messe le armi sulle rastrelliere e posizionate le nostre armature in sala da pranzo, però, non resterà molto da fare. Ma ordinare un letto 'ducale' aumenterà la nostra stamina, mentre restaurare la serra ci permetterà di ottenere una fornitura di fiori molto utili per l'alchimia.
Il che ci porta a parlare della vera novità di Blood & Wine, ossia il nuovo sistema delle mutazioni che s'aggiungeranno a quelle solite. Come dicevo nel corso della mia anteprima, alcune paiono decisamente "overpowered", come avevo osservato già in quel di Varsavia, ricevendo le rassicurazioni del caso che no, non è vero, tutto avrebbe trovato un suo bilanciamento.
Sarà, ma già la prima del ramo dei combattimenti è capace da sola di cambiare le sorti di uno scontro. E quella che 'revampa' il segno Aard, fa sì che gli avversari abbiano il 25% di possibilità di essere congelati. Se cadono anche a terra, muoiono all'istante; se non muoiono, si prendono comunque 2592 di danno aggiuntivo!
Ottenere queste nuovi mutazioni, inoltre, sbloccherà fino ad altri 4 slot aggiuntivi nella schermata del personaggio in cui mettere altrettante abilità . Inutile dire che se si impiegano quelle giuste, Geralt diventa una macchina da guerra, tant'è che i timori che avevo espresso qualche settimana fa si sono rivelati infondati. Blood & Wine richiede un personaggio come minimo di lvl 34, ma io avevo finito Hearth of Stone al lvl 37 e saranno stati quei tre livelli in più, saranno state le nuove mutazioni, ma Blood & Wine è facilotto anche a livello di difficoltà Folle (anche lo scontro finale, una volta che lo si capisce).
Piuttosto vanno notate alcune cose. Che le nuove mutazioni le si sbloccano con una quest apposita che vi consiglio di fare subito. Perché non ha senso 'maxare' il personaggio con la main quest ormai finita, e soprattutto perché ogni nuova mutazione, per essere sbloccata, richiede dei punti abilità che si ottengono a ogni livello guadagnato o posto di potere scoperto. Prima li reinvestite, dunque, e meglio è, fermo restando che ci vorranno anche dei mutageni e io non so voi, ma di quelli rossi maggiori ne ho molti meno rispetto agli altri. E sì che The Witcher 3 l'ho esplorato in lungo e in largo...
In (mio) nostro soccorso arrivano comunque delle formule per convertire mutageni di un tipo in un altro, ma costano molto da comprare e richiedono altri ingredienti. Il che mi porta a un secondo altro problema, che riguarda il sistema economico di The Witcher 3, che mi vede regolarmente a bolletta nonostante abbia svuotato tutti i tesori di Bianco Frutteto e del Velen, e metà di quelli delle Skellige. Al punto che prima di Blood & Wine m'erano rimasti solo due mercanti con ancora dei soldi in cassa, li altri li avevo sbancati tutti.
Eppure ho chiuso Hearth of Stone senza essere riuscito a comprare l'ultimo giro di incantamenti (avrei dovuto ripulire un po' di più le isole 'scandinave'), ho finito i lavori di restauro di Corvo Bianco alleggerendomi notevolmente il mio portafoglio, che ho poi devastato per portare un solo pezzo della mia armatura dell'Orso dal livello Perfetto a Gran Maestro. Cosa che vorrei fare con tutti gli altri pezzi, perché ora con Blood & Wine si sbloccano dei bonus indossando 3 o 6 parti di un set. Insomma, le nuove mutazioni e i nuovi set di armatura sono tanta roba, peccato che la mancanza di liquidità circolante nel gioco renda il tutto molto ostico.
Meno ostici ma ugualmente da non prendere sotto gamba sono invece i nuovi mostri presenti in Blood & Wine. Alcuni, soprattutto i necrofagi, sono riedizioni di quelli già visti milioni di volte, con anche gli stessi pattern d'attacco. Già meritori di maggior attenzione sono gli Shaelmaar, mentre mi sono stati fatali la prima volta che li ho incontrati gli Archeospora e le Scolopendre Giganti (ricordate: Yrden e Rigogolo 'for the win'). E devo ancora affrontare le Scaltrocertole, della cui esistenza ho appreso dai libri e che paiono davvero temibili.
E infine ecco l'ultima novità di Blood & Wine, il nuovo mazzo dedicato alle isole Skellige. È alquanto insidioso poiché basa molto del suo successo sull'abilità di una carta, il fungo Mardroeme, che manda in Berserk alcune unità facendole diventare molto più potenti. Come al solito sfidando tutti vincerete le carte necessarie a completarlo, ma se deciderete di partecipare da subito al torneo di Gwent vi verrà dato in omaggio un mezzo con le unità base.
Dopo quasi 15mila caratteri di testo, giunge allora il momento di tirare le somme e Blood & Wine è uno di quei giochi che mi hanno messo in difficoltà, perché sono stato combattuto se dargli un 9 con bollino essenziale o un 10. Alla fine, come avrete già visto, ho propeso per la prima soluzione. Perché i problemini di natura economica di cui sopra, unitamente alla 'solita' gestione della telecamera che non riesce a stare dietro ai nemici più veloci durante i combattimenti, sono lì a ricordarci che la perfezione non è di questo mondo (e poi non ho mai dato un 10 in ventuno anni di carriera, e ogni volta che penso di darne uno sono assalito da mille dubbi).
Il 9 però ci sta tutto, così come il bollino Essenziale, perché chiunque abbia giocato a The Witcher 3 non può e non deve perdersi questa "espansione". E uso il virgolettato perché questo non è un DLC ma un gioco completo che i CD Projekt, inspiegabilmente, hanno deciso di regalarci a 30 euro (per la versione fisica coi mazzi del Gwent; quella digitale ne costa 20) anziché a prezzo pieno.
Ma Blood & Wine è essenziale anche perché è l'ultimo capitolo della serie, dicono gli sviluppatori, il che secondo me è un crimine contro l'umanità che andrebbe discusso all'ONU, perché il mondo sarebbe un posto se non migliore, senz'altro più decente con un'espansione di The Witcher all'anno. E perché guardando la mappa di gioco, tra il Velen e Toussaint ci sono sconfinate lande che m'immagino piene di personaggi e di storie da raccontare. Ma tutto ha una fine, nella vita come nei giochi, e di questo purtroppo dobbiamo farcene una ragione. Addio Geralt, buon riposo. Ci mancherai, ma non potevi andartene in modo migliore.