Party Hard - recensione
Come rovinare le feste di mezza America, a ritmo di coltellate nella schiena.
Chiunque, lungo il corso della propria spensierata giovinezza, avrà avuto i suoi problemi con il vicino che, puntualmente, proprio non sopportava il volume dello stereo straordinariamente alto e il baccano prodotto da decine di amici su di giri e gasati dall'evento perfettamente organizzato nella vostra dimora. Che si trattasse di un compleanno, di una festa di laurea, o persino di Capodanno, nella mente dell'antipatico guastafeste nessuna celebrazione avrebbe mai potuto giustificare una simile caciara che, anche a costo di coinvolgere le forze dell'ordine, andava soppressa immediatamente e perentoriamente.
I ragazzi di Pinokl Games, piccola software house ucraina per lo più specializzata in produzioni mobile, devono avere un passato di sfrontati festaioli, se il loro talento e dedizione li ha portati a concepire il folle e malato concept alla base di Party Hard. Già pubblicato diversi mesi addietro su Steam, questo simulatore di vicino schizoide con smanie omicide è ora disponibile anche su PlayStation 4 e Xbox One.
Le premesse narrative, per quanto non particolarmente curate, sono certamente intriganti. Sfruttando un art design che si avvicina alle produzioni dell'era 8 e 16-bit, ci viene presentato il disilluso e rancoroso detective John West che, in forma di interrogatorio, ripercorre gli orrori perpetrati da uno psicopatico tutt'ora a piede libero.
L'anonimo criminale, protagonista nonché avatar del gioco, per cause inizialmente inspiegabili ha un solo obiettivo: eliminare tutti gli invitati di alcuni party sparsi per gli Stati Uniti. La scia di sangue ha ovviamente il suo perché ma il movente verrà svelato a poco a poco, procedendo nei livelli, parallelamente all'evolversi dell'interrogatorio a John West che si concluderà con un colpo di scena che riesce brillantemente a spiazzare lo spettatore.
L'intreccio, a dire il vero, non incanta più di tanto, né gli artisti di Pinokl Games hanno infuso chissà quale attenzione per i dettagli nel comporre le psicologie dei personaggi tirati in ballo. Il modello di riferimento è Hotline Miami con le sue atmosfere lisergiche, i lontani rimandi ai film degli Anni '80 e '90, la fotografia dominata da campiture monocrome e acide. Il risultato finale non si avvicina nemmeno lontanamente al modello ispiratore, ma resta comunque apprezzabile, non fosse altro per il già citato twist che dona un minimo di brio alla lunga e dolorosa deposizione del detective.
Non va molto meglio il gameplay purtroppo, anch'esso parzialmente debitore nei confronti del capolavoro sfornato da Dennaton Games. Nei panni del feroce omicida, dovrete fare piazza pulita di ogni partecipante alla festa di turno, stando ben attenti a non farvi arrestare dalla polizia o, peggio, ad essere sopraffatti da qualche impavido eroe improvvisato. Un minimo di organizzazione e studio dei passi da compiere è dunque d'obbligo. La telecamera a volo d'uccello, visualizzando l'intera ambientazione, facilita il compito, consentendo un'attenta analisi della situazione. Sulle prime, nulla vi distinguerà da un qualsiasi invitato, ma basterà sfoderare il coltello una prima volta per dare il via alle danze.
Il modo migliore per farla franca è mantenere il più possibile un basso profilo. Le coppiette che si appartano, gli ubriachi che si addormentano nei vicoli, chi riprende fiato riposandosi in qualche stanza isolata: sono vittime perfette, proprio perché lontane da occhi indiscreti. Lasciare in bella vista il cadavere può essere una tattica efficace per scatenare il putiferio, magari ci scappa qualche altro morto, schiacciato dall'ambulanza che arriva in tutta fretta, ma bisogna anche prepararsi alle conseguenze del proprio gesto. Se in certi momenti sarà fondamentale nascondere i corpi, preoccupandosi di non farsi vedere con una salma caricata sulle spalle, l'arrivo della polizia, prima o poi, è praticamente inevitabile.
Allontanarsi dalla scena del crimine è il minimo da farsi per mettersi al sicuro ma spesso bisognerà darsela a gambe per non essere ammanettati. Finché a rincorrervi ci sarà qualche piedipiatti, appesantito da troppe ciambelle consumate durante il turno di lavoro, basterà calarsi dalla finestra o usare dei passaggi segreti per sfuggirgli. Guai però a credere di fregare l'FBI. Gli agenti governativi sono implacabili e se non saprete nascondervi tra la folla, avrete ben poche speranze.
Ad aiutarvi nello stermino, oltre al fidato coltello, potrete contare su armi extra da raccogliere nello scenario, o facendo scattare tutta una serie di trappole. Una macchina parcheggiata può causare diverse dipartite fortuite, i cocktail possono essere avvelenati, un po' di benzina versata accidentalmente può scatenare un incendio.
Le possibilità sono tante ma non moltissime, e tutte sono purtroppo intimamente legate al fattore fortuna. Se la conformazione degli scenari sarà sempre la stessa, la generazione degli oggetti con cui potrete interagire sarà, di volta in volta, assolutamente casuale. Dal momento che è più che sufficiente un singolo attacco subito o essere raggiunti da un poliziotto per ritrovarsi di fronte alla schermata del game over, Party Hard fa della filosofia del "trial and error" la sua ragione d'essere. Se potenzialmente serve una decina di minuti per completare un livello, in realtà dovrete impegnarvi per diversi tentativi prima di eliminare tutti gli invitati, senza che la vostra opera di sterminio venga brutalmente interrotta.
Bastano poche partite per accorgersi di come la presenza e posizione di una trappola modifichi e influenzi pesantemente l'andamento della partita. Tattiche e strategie architettate in precedenza sono totalmente vanificate dall'assenza di quell'armadio che si poteva ribaltare sulla folla. Similmente, grazie alla grata che conduce fuori dall'edificio, lontano dal luogo del delitto, si conclude la propria mattanza con fin troppa facilità.
Come se non bastasse a questa magagna se ne aggiunge un'altra, tutt'altro che secondaria: già dopo un paio di massacri andati a buon fine, l'entusiasmo viene pesantemente ridimensionato da un level design che si ripete, riproponendo meccaniche e ambientazioni quasi identiche tra loro.
Quello che sulle prime parrebbe un titolo interessante, generoso di divertimento moralmente riprovevole, si rivela un passatempo che regala sparute soddisfazioni solo se fruito a piccolissime dosi. La ripetitività di gameplay e level design, nonché il ruolo preponderante del fattore fortuna sul raggiungimento del proprio obiettivo, rendono Party Hard tutt'altro che irresistibile o consigliabile ad un ampio pubblico.
Certo, vestire i panni di un omicida psicotico, all'interno di scenari in stile 16-bit, ha certamente il suo fascino. Inoltre, una volta digerite le ferree meccaniche che regolano l'anima stealth della produzione, è possibile trarre qualche piccolo appagamento nell'eliminazione di decine e decine di vittime. Peccato che per la maggior parte del tempo esperirete per lo più frustrazione e noia.