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35MM - recensione

Un viaggio attraverso una Russia post-apocalittica, senza una reale meta.

Gli anni '10 del XXI secolo verranno probabilmente ricordati, dagli storici dei videogiochi, come il periodo in cui esplose la moda dei walking simulator, un nuovo modo di concepire il genere d'avventura. Anche chi fa parte dell'ampia cerchia di persone che odiano i giochi d'esplorazione non può certo negare che questi siano un'ottima opportunità per veicolare contenuti narrativi di spessore attraverso il medium videoludico. I game designer hanno infatti la rara opportunità di concentrare la maggior pare delle proprie risorse sulla scrittura della trama e della sceneggiatura, piuttosto che sullo sviluppo del gameplay.

Questo decennio lascerà alle proprie spalle anche un'innumerevole quantità di titoli survival, che richiedono puntualmente al giocatore di cercare risorse e armi per sopravvivere ad un ambiente ostile. Pensare ad un gioco che riesca a mescolare con successo le meccaniche dei due generi sopra citati è praticamente impossibile ma a quanto pare lo sviluppatore russo Sergey Sergeich non la pensa allo stesso modo.

35MM è infatti un titolo che sulla carta promette un'esperienza survival lineare amalgamata ad un avvincente e misterioso racconto post-apocalittico, condito infine da elementi shooter e puzzle ambientali. Quando si mette troppa carne al fuoco il risultato è generalmente scontato, soprattutto se alla griglia lavora una sola persona, come in questo caso.

Alcuni scorci sono particolarmente d'impatto, anche se il gioco è tecnicamente arretrato.

Nel gioco vestiremo i panni di un sopravvissuto a una pandemia catastrofica causata da una mutazione del virus Ebola, alla quale ovviamente il protagonista è immune. La storia narra del nostro viaggio attraverso una Russia spopolata e straziata dalla calamità, con lo scopo di fare ritorno a casa alla ricerca della nostra famiglia. Se pensate che si tratti di una trama piuttosto banale per un walking simulator, avete assolutamente ragione e la situazione non migliora proponendo un colpo di scena senza mordente, mostrando gli orrori umani tipicamente post-apocalittici e ponendo il ruolo della fotografia al centro della storia.

35mm, per chi non lo sapesse, è infatti il nome tecnico con cui viene chiamata la pellicola fotografica e in effetti le immagini sono il leit-motiv che ci accompagnerà per tutto il corso dell'avventura. Le troveremo ovunque e senza alcuno scopo specifico. Il protagonista avrà anche a disposizione una macchina fotografica con cui poter immortalare il viaggio in qualunque momento, senza che questa caratteristica venga spiegata o giustificata dal gameplay.

Se l'ambientazione si dipana attraverso un paesaggio post apocalittico, non poteva certo mancare la già citata componente survival che, in un gioco lineare e story driven, ci sta come l'ananas sulla pizza. Per carità, a qualcuno potrebbe anche piacere ma è sicuramente difficile d'accettare. In giro non mancheranno quindi medicinali, cibo e le batterie per l'essenziale torcia elettrica. Tutti i parametri vitali sono indicati con delle macchie sulle pagine dell'inventario, eliminando in modo intelligente, ma non troppo originale, quello che sarebbe potuto essere un irreaistico HUD.

Questo è uno dei momenti più ispirati dell'opera, peccato che non abbia alcun nesso col resto della produzione.

Se malauguratamente ci si dovesse trovare senza viveri a disposizione, cosa comunque piuttosto improbabile, la vista si farebbe sempre più confusa e appannata, aggiungendo un ulteriore fastidio alla già pessima gestione della telecamera. Il titolo non è infatti consigliabile a chi soffre di motion sickness, a causa di una visuale in prima persona traballante, che dovrebbe restituire una maggiore immersività, ma che finisce per causare solo un po' di nausea.

Nel nostro viaggio non saremo sempre soli ma al contrario avremo al nostro fianco un fedele compagno. Ogni tanto avremo l'occasione di parlare con lui, rivelandogli qualche dettaglio della nostra vita. Questi momenti, che potrebbero essere i più affascinanti, si rivelano invece incredibilmente noiosi e banali. I dialoghi sono infatti irrealistici, descrivendo situazioni di cui il protagonista dovrebbe essere a conoscenza, ma sopratutto lenti. Tra una battuta e l'altra passa purtroppo un'eternità, ma almeno il doppiaggio in russo è realizzato con cura e aiuta nell'immedesimazione.

L'atmosfera squisitamente sovietica si respira per tutto il gioco, della durata di circa sei ore. La storia si svolge però ai giorni nostri, tanto che ci si potrà imbattere anche in graffiti raffiguranti Putin. Le ambientazioni sono senza ombra di dubbio affascinanti, per quanto già viste, e il fatto che siano state realizzate da una sola persona ne accentua il valore. Se il design è artisticamente valido e alcuni scorci sono particolarmente belli, il livello tecnico è però purtroppo appena sufficiente sotto quasi ogni punto di vista. Anche perché, se i cani assomigliano a cinghiali, vuol dire che qualcosa non è andato per il verso giusto.

Anche Putin fa la sua comparsa nel gioco, raffigurato in un graffito.

Rimanendo sul profilo tecnico, il comparto sonoro è quello di migliore fattura. Il game designer Sergeich sembra essersi infatti concentrato particolarmente su questo aspetto, confezionando un'opera in grado di trasmettere efficacemente sensazioni emotive attraverso i suoni. Durante il nostro viaggio non saremo accompagnati da nessun genere di musica, se non quando accenderemo le radio sparse per i livelli.

L'assenza di una colonna sonora vera e propria, unita ad un uso intelligente dei suoni ambientali, riesce nell'intento di far immergere il giocatore nell'esperienza di viaggio. I rumori, oltre alle lugubri atmosfere post-apocalittiche, infondono nello spettatore un senso di spaventoso orrore, che però non riesce ad esprimere appieno la propria natura horror.

Evidentemente lo sviluppatore non voleva puntare a spaventare il proprio pubblico, ma piuttosto a creare un'atmosfera di costante inquietudine. In effetti, giocando a 35MM, ci si chiede spesso su cosa volesse puntare Sergey Sergeich, quando progettava a tavolino il proprio prodotto. Come già accennato, il gioco propone anche delle brevi sezioni sparatutto, che risultano prevedibilmente legnose e poco ispirate; esattamente come gli enigmi ambientali, che consistono semplicemente nel cercare degli oggetti utili a proseguire nell'avventura.

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La sostanza di 35MM risulta quindi un miscuglio eterogeneo di contenuti, che paiono non seguire un disegno solido e ben definito. Le domande che sorgono spontanee sono cosa voglia comunicarci l'opera e quale sia il suo scopo ultimo. Se un prodotto d'intrattenimento non riesce a coinvolgere, ad impressionare, ad emozionare o a far riflettere, vuol dire che alla base è afflitto da un grosso problema: l'assenza di una limpida idea progettuale. L'opera prima dello sviluppatore russo non può essere consigliata a nessuno in particolare, a meno che non siate fan sfegatati delle atmosfere sovietiche post-apocalittiche, ma anche in questo caso dovreste essere pronti a mandare giù un boccone decisamente insipido.

5 / 10
Avatar di Pier Giorgio Liprino
Pier Giorgio Liprino: Per far felice Pier Giorgio basta parlargli di politica, scienza e videogiochi. A questi ultimi s'è avvicinato da bambino giocando ad Age of Empires 2 e da allora è rimasto un appassionato PC gamer, con uno sguardo attento alle console.

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