Tokyo 42 - recensione
È tutto un problema di prospettiva.
Nell'eterna lotta tra sostenitori delle console e fan del PC una delle argomentazioni potenzialmente più determinanti addotte dai secondi è la scena indie. I titoli provenienti da sviluppatori indipendenti, grazie alla disponibilità di suite di creazione più o meno facilmente approcciabili, sono molti e, tra questi, non mancano giochi estremamente interessanti che arricchiscono notevolmente un settore che, altrimenti, sarebbe sicuramente più piatto.
L'argomentazione, come tutte quelle di questa inutile e noiosa diatriba, è solo in parte valida in ottica competitiva poiché il più delle volte il PC è solo il punto di partenza; una delle feature più importanti e apprezzate delle suite di creazione di videogiochi (come Unity ad esempio) è infatti la possibilità di 'portare' i prodotti facilmente da una piattaforma all'altra. E, grazie all'ambiente Windows, questo passaggio è ancora più semplice su Xbox One, console sulla quale Tokyo 42 è uscito in contemporanea al PC.
Da quando gli sviluppatori hanno mostrato i primi screenshot (e i primi video) di Tokyo 42, il gioco è rimasto stabilmente nella mia wishlist. Alla prova dei fatti, però, Tokyo 42 è stato soprattutto una delusione, visto che molti aspetti del gioco si rivelano in verità improvvisati e ben poco raffinati. Innanzitutto la premessa: Tokyo 42 offre al giocatore un mondo di gioco che rappresenta una sorta di città futuristica vagamente basata su stereotipi culturali giapponesi. In verità questa colorazione orientale è decisamente limitata e ciò che, invece, salta all'occhio sono soprattutto i colori e le architetture elaborate e variegate quanto bizzarre e stilisticamente estreme.
Qui il giudizio è assoluto. Tokyo 42 è una gioia per gli occhi: lo stile è unico, e si ha la netta sensazione di trovarsi in una distopia futuristica la cui esplorazione è in effetti divertente e stimolante. I personaggi che animano la città sono anonimi, fatto salvo rare eccezioni per i soggetti che hanno ruoli nelle missioni. La città è navigabile semplicemente a piedi o tramite l'utilizzo di teletrasporti; inoltre è il caso di citare il fatto che non ci sono danni per i salti (anche da altezze vertiginose) e che il raggiungimento di certe locazioni più o meno impervie costituisce di per sé una parte del gameplay. Della serie scalare strutture riconoscendo appoggi e interpretando la prospettiva in maniera corretta.
Proprio la prospettiva è uno dei protagonisti del gameplay di Tokyo 42. Potete ruotare la visuale a intervalli discreti di novanta gradi e la cosa è quasi sempre indispensabile visto che le altezze delle varie strutture, e il loro sovrapporsi di fronte al giocatore, impediscono spesso la visuale o nascondono dettagli importanti. Questa caratteristica fa parte del gameplay stesso e della sfida di Tokyo 42, ma è anche uno dei suoi difetti più laceranti, poiché le meccaniche di combattimento e di guida (alcune missioni prevedono la guida di semplici veicoli) fanno abbastanza a cazzotti con la prospettiva 'girevole'. Se la guida è assolutamente infernale (ma queste missioni sono comunque rare), il combattimento è invece sopportabile visto che, comunque, le sparatorie utilizzano un sistema che è molto godibile e costituisce il vero punto forte del gameplay di Tokyo 42.
Gli scontri a fuoco utilizzano un sistema che sfrutta la lentezza dei proiettili per creare delle situazioni interessanti, legate soprattutto alla previsione dei movimenti dei nemici. La città offre diverse opportunità di riparo e, anche le diverse altitudini, creano scontri a fuoco mai banali in cui potrete sfruttare appieno l'ampio arsenale offerto dal gioco. Pistole, fucili d'assalto e da cecchini, mitragliette, mini cannoni: la gamma è estesa, le munizioni limitate (acquistabili), ma il focus del gioco è decisamente su scontri sanguinosi che tendono a diventare divertentissime stragi.
Perché compiere però queste stragi? Perché in sostanza questo è quanto richiede la stragrande maggioranza delle missioni che, il più delle volte, non fanno altro che isolare una zona della città (con tanto di segnalatori luminosi e allarmi legati a sensori di movimento) e evidenziare un certo numero di soggetti da eliminare. "Il più delle volte" perché ci sono anche alcune variazioni sul tema. Le più interessanti sono quelle legate a un'altra variabile, quella stealth. Tokyo 42 include anche questa meccanica, sebbene in maniera abbastanza leggera: è possibile accovacciarsi e utilizzare i ripari per uscire dalla portata visiva dei nemici. Questo vuol dire che i nemici cesseranno di cercarvi dove effettivamente vi trovate, ma si concentreranno, invece, nell'ultima posizione in cui vi hanno visto (segnalata da apposito ologramma).
Anche questa meccanica, lo stealth in generale, funziona bene e si sposa perfettamente con le architetture dello scenario e con le sparatorie che si sviluppano in caso si venga scoperti. Ciò che non funziona bene in Tokyo 42 è il senso generale dell'intera esperienza. La storia è un mero filo narrativo (molto labile) che collega insieme missioni decisamente poco profonde alla cui esecuzione sono legate ricompense poco coinvolgenti (denaro e progressione della narrativa). Inoltre, la città si amalgama in modo troppo leggero alla narrazione ed è in generale poco interattiva. Tutto, insomma, suona come una mera scusa per mettere di fronte il giocatore a quello che Tokyo 42 fa meglio, sparare.
Tuttavia, anche la meccanica dei combattimenti soffre di alcune imprecisioni e frustrazioni. La prospettiva e il sistema di mira non vanno affatto d'accordo, soprattutto quando s'inserisce nell'equazione l'altitudine. Per quanto il gioco si sforzi di essere esplicativo (con colori e icone) non è mai chiaro dove andranno a finire i nostri proiettili e, comunque, data la natura molto veloce del gioco, la cosa alla fine ha un'importanza relativa. Ma il fatto che non sia possibile pianificare con certezza le proprie mosse, o che sia possibile farlo solo tramite molti clic, danneggia irreparabilmente l'esperienza.
In poche parole Tokyo 42, anche nei suoi momenti migliori, è un'esperienza poco fluida e spesso macchinosa, anche se il suo look e la sua velocità possono comunicare il contrario. È un gran peccato che momenti di grandissimo divertimento (sempre legati alle sparatorie) si mescolino a frustrazione e mancanza di polish generale. La campagna, se giocata con abilità media, dura poco più di sei ore. È possibile rigiocare le missioni per ottenere punteggi migliori, ma, esaurita questa modalità, rimane solo il multiplayer. Il multigiocatore può contare, al momento, soltanto sulla modalità deathmatch in cui, semplicemente, dovrete raggiungere un certo numero di kill per vincere. Sono disponibili cinque mappe e abbiamo sempre trovato pochissimi giocatori online. L'esperienza di gioco è comunque identica a quella single player minus il sottile tema narrativo delle missioni. Si spara e ci si nasconde, molto semplicemente. Anche questa modalità sembra decisamente acerba.
In definitiva Tokyo 42 è proprio questo, un gioco con ottime premesse e con una componente estetica strepitosa a cui però manca ancora qualcosa per diventare un titolo vero (soprattutto uno che chieda 20 euro come biglietto d'ingresso). Le meccaniche di gioco, anche quelle più valide, vanno migliorate e depurate dai mal di testa causati dai problemi di mira e prospettiva; la campagna va arricchita, meglio contestualizzata e integrata con locazioni e personaggi. La modalità multiplayer deve ricevere un'attenzione particolare perché le potenzialità sono molte anche qui, mentre al momento sembra semplicemente una porzione della mappa di gioco in cui i giocatori si sparacchiano senza obiettivi né senso alcuno.
Tokyo 42 dovrebbe essere un early access con ancora qualche mese di sviluppo; solo così sarebbe possibile costruire qualcosa di valido sopra fondamenta che sono comunque già molto interessanti. Inoltre, in questo modo, il prezzo avrebbe più senso poiché avrebbe tutta la premessa dell'early access e sarebbe mirato soltanto ai giocatori che credono nel progetto e vogliono seguirlo nel suo sviluppo. Così com'è, Tokyo 42 è un gioco difficilmente consigliabile, se non a chi apprezzi moltissimo le sue premesse e abbia fede nel lavoro futuro degli sviluppatori.