Life is Strange: Before the Storm - recensione
Promesse non mantenute.
Con il terzo episodio, "L'inferno è vuoto", si chiude la stagione di Before the Storm, il prequel di Life is Strange dove i poteri temporali di Maxine Caulfield vengono sostituiti dal linguaggio scurrile e dal temperamento adolescenziale della sua amica, Chloe Price. Cambio di timone (Deck Nine sostituisce Dontnod) e di sceneggiatura (Zak Garriss nelle veci di Christian Divine e Jean-Luc Cano). Una regia simile, eppure differente, con risultati tangibili a livello di personaggi, di situazioni e di impatto narrativo. Ve lo diciamo subito: Before the Storm lascia un po' di amaro in bocca.
I migliori momenti narrativi vengono, infatti, sbiaditi da un ritmo che, salvo qualche eccezione, è spesso sfalsato. C'è la costante impressione che le sessioni più morbide, che avrebbero dovuto rappresentare soltanto un'interruzione dal vero pathos della storia, vengano allungate più del necessario; altre, che invece avrebbero dovuto avere più spazio, restano segregate e, come arrivano, sfuggono via prima ancora di aver lasciato una traccia emotiva.
Mentre in giochi di questo tipo il crescendo della narrazione emerge potentemente negli atti finali, sia nel secondo sia nel terzo episodio, invece, si può percepire un calo dell'intensità della storia. Altrettanto vale per la meccanica di "botta e risposta" che nel gioco corrisponde al "super potere" di Chloe Price: se in "Svegliati" (il primo episodio) l'abbiamo usata non meno di due volte, sia in "Il mondo nuovo" sia in "L'inferno è vuoto" sembra quasi che gli sviluppatori abbiano dovuto inserirla all'ultimo perché se ne erano dimenticati. Una meccanica che, insomma, non dà nulla in più rispetto a uno tradizionale svolgimento della narrazione.
Forse a causa del poco spazio che i tre episodi di questo prequel (che possono concludersi in circa 8 ore) hanno concesso agli sceneggiatori (nell'originale Life is Strange, invece, erano cinque), le relazioni con gli altri cittadini della stravagante Arcadia Bay vengono lasciate in secondo pieno; le scelte non hanno il tempo di "respirare" e le loro conseguenze sembrano perdersi in un nulla. In un gioco dove la reattività della storia rispetto all'influenza delle azioni e delle decisioni del giocatore è un elemento chiave della completezza dell'esperienza, è difficile non vedere Before the Storm come un nuovo tassello narrativo riuscito a metà. Una storia perlopiù già scritta, dove le nostre scelte non sembrano avere un impatto tangibile e non portano a una profonda ramificazione della narrazione; danno la sensazione di essere soltanto deviazioni, che conducono poi allo stesso risultato.
Mentre Life is Strange ha saputo creare un ecosistema di personaggi credibili, sia primari sia secondari, attorno alla sua protagonista Max, in Before the Storm la visione "Chloe-centrica" della storia ha come risultato un forte limite nelle tematiche trattate, negli imprevisti e nei rimpianti delle scelte che avremmo potuto prendere diversamente. Sono rari i groppi alla gola per la conseguenza di una decisione presa istintivamente e le cui conseguenze, magari, riusciamo a intravedere soltanto nel lungo termine; rare le volte in cui una scelta binaria ci ha lasciato interdetti per la sua complessità. Rari, insomma, i momenti in cui il ruolo attivo del giocatore permea nella storia e ne influenza realmente l'andamento.
Laddove Life is Strange era un ritratto a 360 gradi di una cittadina che può ricordare, per stranezze e vicissitudini, quella del film "Donnie Darko", Before the Storm è una storia molto più personale: due amiche contro un mondo, specialmente quello degli adulti, che sembra non capirle; soltanto il loro rapporto può resistere mentre tutto il resto può cadere a pezzi da un momento all'altro.
È anche, però, il suo più grande limite, che impedisce a Before the Storm di essere qualcosa di più di un modesto prequel, di un pezzo aggiuntivo di una storia già raccontata. Un pezzo che per tutti e tre gli episodi sembra voler dire "il meglio deve ancora venire", ma non arriverà con l'episodio finale, che ci aspettavamo molto più denso e ricco, bensì con il capitolo originale, che racconta il prosieguo degli eventi e la cui storia ha anche vinto un premio BAFTA.
In questo senso non può che aver giocato contro gli sviluppatori lo scarso spazio di manovra a livello narrativo: come prequel Before the Storm aveva una conclusione già scritta e doveva evitare eventuali problemi di coerenza con ciò che verrà poi raccontato in Life is Strange. Ciononostante Deck Nine, pur non avvicinandosi alle vette dell'originale di Dontnod, riesce talvolta (specialmente nel primo episodio) a dimostrare di aver studiato, cucendo sapientemente momenti di grande sposalizio fra musica, dialogo e fotografia.
Nonostante, infatti, l'opera nel suo complesso faccia fatica a resistere all'ombra ingombrante del gioco originale, diversi momenti in Before the Storm riescono a cogliere l'essenza che Dontnod aveva espresso molto bene. Attimi apparentemente banali e quotidiani eppure molto emotivi, che vengono realizzati con un mix di suspense, tempismo, colonna sonora (azzeccata, scritta e suonata dai Daughter) e immagini. In questi spiragli Before the Storm sembra poter camminare a testa alta e riuscire a vivere di luce propria.
Il boccone di Before the Storm, invece, è dolceamaro. In alcuni momenti, come detto, il gioco veste i panni di un diamante grezzo, che deve essere soltanto lucidato a dovere. È proprio la sensazione che ci aveva lasciato il primo episodio, con l'apparente promessa di ricchi eventi tanto nel secondo quanto nel terzo atto dell'opera. In questi momenti, il prequel lascia intendere di potersi benissimo reggere sulle proprie gambe e di poter offrire un'esperienza soddisfacente anche senza essere correlato al gioco originale.
Ciononostante manca qualcosa. In primis a causa della necessità di conservare alcuni dei personaggi maggiori come Victoria Chase o Nathan Prescott (che in Life is Strange sono alcune delle pedine narrative più rilevanti) per gli eventi che verranno. Al posto loro sono stati inseriti personaggi che hanno lo stesso ruolo (comprimari per dare sostanza al mondo in cui Chloe e la sua amica Rachel andranno a vivere le loro avventure), ma che hanno meno mordente e meno spessore. Raramente vengono approfonditi; quasi mai quel dettaglio in una stanza apre una finestra su un mondo nascosto che un personaggio non ha mai voluto raccontare direttamente e che arricchisce il "non detto".
Before the Storm è un grande antipasto che lascia l'appetito per ciò che verrà, ma di cui abbiamo già goduto (ossia l'originale Life is Strange). A causa di una narrazione dal ritmo altalenante e di un utilizzo maldestro dei momenti narrativi più concitati, fatica a essere memorabile come lo fu il capitolo originale. Gli attimi di reale piacevolezza narrativa ed emotiva vengono offuscati da una storia che non riesce a esprimersi a dovere e a raggiungere l'atteso e sentito climax che ci si attenderebbe.
Life is Strange aveva saputo giocare bene, anzi benissimo, le carte a sua disposizione. Before the Storm, forse a causa di un mazzo meno ricco o semplicemente di minori ambizioni, è protagonista di una partita soltanto più che sufficiente, lontana dalle potenzialità che il primo episodio aveva lasciato intravedere.