Fall of Light - recensione
La strana coppia Dark Souls e ICO.
Cos'hanno in comune Dark Souls e ICO? Assolutamente nulla? Sarebbe una risposta legittima per certi aspetti puramente ludici ma a conti fatti i punti di contatto potrebbero essere almeno un paio: il primo è che sono due opere nate dal grande talento nipponico, tecnicamente spesso non all'avanguardia ma a livello di idee ancora in grado di stupire. Il secondo è che entrambi hanno progressivamente condizionato un buon gruppo di software house più o meno conosciute, con ispirazioni più o meno lampanti che hanno lentamente rimpolpato le schiere di veri e propri sottogeneri.
Fall of Light, opera prima degli italiani di Runeheads, è dichiaratamente un souls-like ma allo stesso tempo cerca di riproporre a modo suo uno degli elementi cardine di ICO, ossia il particolare rapporto tra i due protagonisti. Alla ricerca di un mix il più possibile riuscito e originale ,sono stati scomodati due pezzi da novanta che non passano di certo inosservati e che attirano curiosità e indirettamente aspettative di un certo tipo.
Unire due anime sotto molti aspetti lontane è tanto ambizioso e potenzialmente notevole quanto rischioso. Il pericolo infatti è di non rendere giustizia a nessuna delle due parti, dando vita a meccaniche incapaci di lasciare davvero qualcosa ai giocatori. Di fronte a queste criticità il destino dell'action di cui vi parleremo quest'oggi sembra scritto: capolavoro assoluto e vera e propria gemma del panorama indie o delusione su tutta la linea. La verità, come spesso accade, sta però nel mezzo.
Il setting tratteggiato dal duo di Runeheads è evidentemente ispirato a quello proposto all'interno dei Souls e certi aspetti sembrano quasi presi di peso dal lavoro di From Software. Un mondo in preda al caos più totale, abitato solo da anime afflitte da un tormento infinito e avvolte dalle Tenebre fino all'arrivo di Luce, dell'ordine, della vita e della prosperità. Nasce un mondo nuovo in cui gli uomini possono vivere in pace, almeno fino all'arrivo del misterioso Pain e al ritorno delle Tenebre.
È un mondo decisamente inospitale quello che dovremo esplorare nei panni di Nyx, un vecchio guerriero spinto da un unico grande desiderio: salvare la figlia Aether. Nulla che fa gridare all'originalità neanche in alcuni sviluppi di una trama che, in linea con il genere di appartenenza, rimane per larga parte dell'avventura relegata ai margini dell'esperienza di gioco. Al di là di alcuni NPC (doppiati in inglese con un lavoro tutto sommato buono) e di qualche breve passo tratto dai libri sparsi per le diverse aree, sono soprattutto l'atmosfera e i misteri di un setting completamente sconosciuto a incuriosire..
Sicuramente si poteva fare di più ma fortunatamente ci sono alcune sequenze che riescono ad aggiungere un pizzico di originalità che non guasta mai e che premiano in particolare tutti coloro che decideranno di dedicarsi a un po' di sana esplorazione. Una seconda linea narrativa di cui non parleremo per evitare qualsiasi spoiler ma che risolleva almeno in parte una storia troppo limitata e rinchiusa dai canoni tipici dei Souls.
Parlando di spoiler non si possono che citare brevemente anche alcune fasi di gameplay incentrate soprattutto su Aether. In alcune sezioni di salvataggio e di trasporto (in cui prenderemo letteralmente in braccio nostra figlia) risiedono sostanzialmente le uniche varianti ai combattimenti, il reale fulcro delle 14 ore che abbiamo passato in compagnia delle Fall of Light. Vale, infatti, la pena di essere immediatamente chiari: il gioco non riesce a mantenere l'equilibrio tra le anime che lo compongono e tende con decisione verso quella da souls-like.
La necessità di badare alla nostra figliola non riesce a convincere a pieno e a tratti scade nella frustrazione. Il problema più grande si presenta quando delle "ombre" compaiono per cercare di rapire Aether. Eliminandole salveremo la giovane, mentre non riuscendo nell'impresa dovremo necessariamente andare alla ricerca della gabbia in cui è stata imprigionata (un tasto dedicato ci indica la direzione da seguire) e ovviamente liberarla. Nelle prime ore di gioco questa meccanica non è particolarmente fastidiosa e sembra in realtà funzionare non incidendo nell'esplorazione delle varie aree interconnesse che formano il mondo di gioco. Avanzando e morendo, tra l'altro parecchio, la nostra opinione è in parte cambiata.
In certe zone particolarmente complesse e caratterizzate da checkpoint non molto ravvicinati dover costantemente tornare sui nostri passi per salvare nostra figlia è diventato un peso non da poco. La necessità di dover difendere un affetto del protagonista (un personaggio fondamentale per l'intera storia) è uno dei fulcri del gioco, è il tentativo di creare un rapporto simile a quello tra Ico e Yorda. Il risultato purtroppo non è neanche vagamente all'altezza del lavoro di Ueda e soci.
Sicuramente più positivo l'altro aspetto chiave di Fall of Light, (quello "alla Dark Souls" tanto per intenderci). L'impostazione è inevitabilmente più semplicistica con la sola possibilità di gestire le armi da impugnare e quella da tenere di riserva, dato che non è possibile trasportare tutte le armi in cui ci imbattiamo ma è necessario scegliere di volta in volta cosa portare con noi lasciando a terra l'oggetto scartato. Si tratta di una meccanica potenzialmente interessante per coloro che vorrebbero sperimentare, magari nella modalità Incubo sbloccabile successivamente, ma che in realtà non riesce a pieno nel proprio obiettivo dato che le armi più lente sono quasi inutilizzabili contro la maggior parte dei nemici.
Passando attraverso l'inventario possiamo cambiare il nostro loadout impugnando armi a due mani, la combo arma e scudo, un'arma a distanza, o anche due armi contemporaneamente. Le armi non hanno direttamente delle statistiche ma sono intuitivamente più o meno veloci, hanno un piccolo indicatore che indica il livello di potenza e sono caratterizzate da un certo effetto (sanguinamento, colpo critico o capacità di atterrare il nemico per fare alcuni esempi).
Per farci strada tra i nemici è fondamentale seguire un approccio molto oculato e attendista, tenendo attentamente conto della nostra stamina e ovviamente della vita che piò essere ripristinata attraverso delle pozioni. Questi parametri possono essere migliorati uccidendo avversari e riempiendo una barra dedicata da "spendere" all'interno dei checkpoint. A livello di nemici abbiamo sempre avuto vita molto dura, dato che un attacco troppo sfrontato risulta in molti casi in una morte prematura anche cercando di utilizzare al meglio schivate e parate.
Sia contro i boss che contro i nemici più basilari gli scontri mantengono sempre un'impostazione purtroppo semplicistica, fatta di attacchi fugaci e di parate e ritirate tattiche che si basano sul solo tempismo. In questo senso sarebbe stato indicato inserire un contrattacco, un classico parry (inteso non solo come bloccare ma anche come lasciare l'avversario in balia di una nostra offensiva) che sarebbe stato una manna dal cielo per un combat system che si basa evidentemente su Dark Souls ma che in un certo senso non va oltre il più classico dei "compitini".
Si notano poi alcune incertezze anche dal lato tecnico, sebbene fortunatamente nulla in grado di incidere direttamente sul corso della nostra avventura. Ci sono, per esempio, dei leggeri problemi nelle collisioni con dei colpi che non sempre arrivano al bersaglio come dovrebbero e nella gestione di Aether, che in un caso è rimasta bloccata a terra senza alcun motivo. Fortunatamente gli sviluppatori si sono dimostrati molto ricettivi e hanno già pubblicato qualche patch prima del lancio, dimostrando come il supporto sarà sicuramente garantito anche quando il gioco arriverà sul mercato.
Dobbiamo essere sinceri: la valutazione di questo titolo ci ha tormentato nel corso di ogni singolo attimo che abbiamo vissuto nei panni di Nyx. Ci sono stati momenti in cui la formula studiata da Runeheads si è dimostrata riuscita ed efficace, e altri in cui risaltavano solo le pecche, mettendo in dubbio ogni possibile valutazione positiva e portandoci anche a essere indecisi su un'eventuale sufficienza. Il nostro consiglio è inevitabilmente uno e uno soltanto: provate con mano la demo disponibile su Steam. Ne vale indubbiamente la pena e vi aiuterà a diradare diversi dubbi e a capire se questo progetto e la sua impostazione siano o meno nelle vostre corde.
In chiusura una breve riflessione, che vuole andare al di là del caso specifico di Fall of Light: abbiamo davvero bisogno di questa immensa ondata di souls-like indie? L'idea di riproporre il fantastico lavoro di From Software con delle variazioni più o meno evidenti non è a priori una cattiva idea, anzi, ma i risultati spesso riescono a cogliere in pieno solo uno degli aspetti di quel particolare franchise: la difficoltà.
I souls sono molto più della sola difficoltà e il rischio omologazione all'interno del panorama indie sembra sempre più evidente e alle volte deludente. I souls-like piacciono e a parecchi sviluppatori piace bollare la propria creatura con un appellativo che negli ultimi anni sembra ormai essere considerato sinonimo di vendite sicure. In parole povere trarre ispirazione è legittimo e giusto ma continuando su questa strada la stagnazione diverrà un capolinea quasi obbligato.