Assassin's Creed: Origins - recensione
Storia di un nuovo credo.
Dopo quattro anni di sviluppo e un intero anno sabbatico, le vicende di Assassini e Templari tornano a intrecciarsi sui nostri schermi. Assassin's Creed Origins è un titolo ricco di sfaccettature: si tratta di un ritorno al passato, di una finestra sulla genesi e di un importante punto di ripartenza per la serie. Una serie che, dopo più di un'incertezza, torna in mano a una persona ancora una volta capace di estrarre il coniglio dal cilindro, stavolta nel mezzo di un deserto più inquietante del Sahara: quello creativo. Ashraf Ismail, che fu appunto Game Director di Assassin's Creed IV: Black Flag, presenta così l'ultimo episodio esaltando i maggiori punti di forza del franchise e distruggendo al tempo stesso alcuni schemi che lo avevano accompagnato fin dalla prima istanza.
Assassin's Creed: Origins riesce a spogliare Assassin's Creed da un vestito fatto di regole diventate ormai scomode. Non lo fa in modo del tutto originale e chiunque abbia toccato con mano The Witcher 3 non potrà fare a meno di notare le molte similitudini. Ma ispirazioni a parte, il livello di profondità nella scrittura delle missioni secondarie è il più alto registrato nella serie fino a questo momento; l'esplorazione diventa parte integrante dell'esperienza narrativa e la "lore" storica è minuziosamente incastonata in ogni angolo del mondo di gioco. Dopo un'intera settimana trascorsa nel grande mare delle dune siamo dunque pronti a togliere la sabbia dalle scarpe e raccontarvi cosa si provi osservando il mondo dalla cima della piramide di Cheope.
Narrare l'inizio dell'epopea degli Assassini poteva rivelarsi una scelta rischiosa, autocelebrativa e al limite del fan service, ma ciò che ci siamo trovati davanti è stato capace di spiazzarci completamente. Si tratta del racconto del Medjay Bayek di Siwa, di sua moglie Aya e di un'epoca di cambiamento per tutti i popoli del Mediterraneo. E come tutte le storie più antiche fa delle passioni, della vendetta, dell'amore e dell'onore le fondamenta di un costrutto che, in questo caso, nasconde al suo interno la nascita della leggendaria confraternita.
Bayek è il protagonista meno derivativo dell'intera saga. Preferisce comunicare attraverso le azioni, nonostante sia tragicamente emotivo; non si tratta di una figura dal piglio sarcastico e irriverente, né tantomeno di un freddo calcolatore. Bayek è vittima di un vortice di emozioni tanto violento da spingerlo a perseguire la sua missione senza porsi troppe domande, con grande senso del dovere e una forte scala di valori, qualità che costituiscono anche le sue più grandi debolezze. Aya è mossa da una volontà bruciante almeno quanto quella del marito, a tratti ancor più ardente ed estrema. Per certi versi rappresentano due facce della stessa medaglia, e la tragedia della loro vita darà inizio a una danza di morte capace di travolgere l'intera regione.
E l'Animus? Come riprendere in mano una narrativa oramai spersonalizzata e da troppo tempo orfana di un reale punto di riferimento? La risposta sta in una ragazza decisa a ritagliarsi uno spazio importante all'interno di Abstergo, una giovane donna che dimostra un lcarattere forte come non lo si era mai visto in un operatore nostro contemporaneo, men che meno nel (secondo noi sopravvalutato) Desmond Miles. Layla rappresenta uno strumento che mancava da troppo tempo all'interno della saga, una finestra sul presente con un volto e una caratterizzazione ben definiti.
La sceneggiatura del titolo è complessivamente eccellente. La quest principale invoglia qualsiasi giocatore ad arrivare fino in fondo e, nonostante qualche sezione intermedia leggermente piatta, il climax non si ferma per l'intera durata della trama. In più di un'occasione ci saranno presentati vari bersagli e saremo liberi di eliminarli nell'ordine che riterremo più adatto. Attenzione, però: affrontare nemici di livello eccessivamente superiore al nostro può rivelarsi un'esperienza scoraggiante, e in ogni caso l'universo narrativo è studiato per essere vissuto a tutto tondo, alternando i contenuti delle missioni secondarie alla fiamma che ci spingerà verso il proseguo dell'avventura.
Oltre alla rinnovata enfasi posta sulle quest opzionali, diventate lo strumento per la caratterizzazione di ogni regione, la storia dell'ultimo Medjay scherza con il videogiocatore, portandolo a speculazioni di ogni genere e sorprendendolo a tratti con situazioni distanti dal canone della serie. La presenza del soprannaturale, l'inserimento dei flashback e i rendez-vous post assassinio regalano all'intreccio un colore inaspettato, profondo ed efficace. Aggiungiamo al piatto un'ottima varietà nella principale esperienza di gameplay e otterremo una parabola ascendente che, per quanto differente dalla saga di Ezio, si attesta sui gradini più alti della narrativa di Ubisoft.
Ci troviamo di fronte ad uno degli open world più interessanti di sempre, senza alcun dubbio il più corposo della serie. Dalla foce del Nilo a Menfi, dalla Biblioteca di Alessandria alle Piramidi di Giza, la frazione delle sette meraviglie a nostra disposizione non era mai stata così ampia. Il lavoro scenografico raggiunge l'eccellenza grazie alla presenza di tre diversi stili architettonici completamente collidenti e a una buona dose di terre selvagge in un'alternanza tra deserti, montagne, coste e il delta più grande del mondo. Senza contare come l'epoca della guerra civile Tolemaica abbia dato modo a Ubisoft di giocare sull'incrocio di tre civiltà in un momento critico del rispettivo ciclo vitale.
L'antico Egitto è stato riproposto in modo estremamente credibile. I fan di Assassin's Creed sanno bene come una resa estetica notevole non sia garanzia di un buon gameplay open-world, ma in questo caso non avranno di che preoccuparsi. Ogni piramide, tomba o tempio è esplorabile, ogni punto di domanda presente sulla mappa riesce a mostrarsi diverso e interessante, il mondo di gioco prende vita grazie ai pattern che gli NPC seguono nel corso delle proprie giornate. Abbiamo a disposizione numerose cavalcature, un sistema di arrampicate funzionale (e soprattutto privo di bug) e piccoli deliziosi dettagli come i miraggi nel deserto che tengono alto il ritmo dell'azione anche nelle fasi passive per definizione.
Il principale motore a spingerci verso l'esplorazione libera è il rinnovato sistema legato al loot; armi ed equipaggiamenti seguono l'ormai celebre scala di rarità basata sui colori, con l'oro a simboleggiare i leggendari, il viola quelli eccellenti e il blu i miseri comuni. Gli oggetti di grado più alto sono dotati di perk particolarmente potenti (danno elementale, veleno e tanti altri) ed entreranno nella nostra collezione come ricompense per le attività più significative, oltre che attraverso il bazaar itinerante tra missioni giornaliere e casse misteriose.
Lasciando da parte i premi funzionali, il comparto esplorativo diventa l'apparato caratterizzante delle principali esperienze end-game offerte da Origins. Alcune tombe nascondono molto più di ciò che sembra, diventando importanti snodi tra passato, presente e futuro dell'intera storyline principale della saga. I Phylakes, devastanti cacciatori di taglie con un ruolo assimilabile a quello delle navi leggendarie di Black Flag, pattuglieranno costantemente la regione alla ricerca di Bayek; qualora riuscissimo a eliminarli, potremo impadronirci delle loro armi.
Ulteriori attività secondarie, come l'arena e l'ippodromo (e più avanti le battaglie navali, che però sono disponibili solo durante la trama e in istanze dedicate), offrono un livello d'immersione e di sfida sufficiente a tenerci impegnati ben oltre la conclusione della main quest. Insomma, Ubisoft Montreal è riuscita a non ricadere nello sfruttamento dei soli collezionabili per estendere la durata dell'esperienza, inserendo invece alternative più dispendiose come i boss opzionali e le antiche rovine.
Per quanto riguarda la furia battagliera del Medjay, il combat system è stato modificato al punto da gettarsi alle spalle buona parte dell'identità di Assassin's Creed. Il nostro arsenale è composto da una decina di categorie di armi diverse, ognuna dotata di moveset unici, esecuzioni, parry e riposte. Gli attacchi ultra sfruttano l'interezza della barra dell'adrenalina per scatenare violenti colpi o buff legati al set che stiamo utilizzando, permettendoci di spaziare dall'affondo chirurgico a notevoli aumenti del raggio d'azione. Insomma: tra spade curve, asce pesanti e coppie di lame, ogni alternativa modifica lo stile di combattimento e l'approccio al nemico, questa volta interamente basato su un riuscito sistema di hitbox.
Sebbene non sia presente una barra della stamina, potremo portare a segno un numero limite di attacchi; un martello pesante ad esempio può infliggere due colpi e una spazzata, mentre la spada mette a nostra disposizione combo più longeve prima di necessitare di un breve cooldown. Lo stesso discorso vale per le schivate: dopo la terza consecutiva non potremo muoverci per circa un secondo, tempo sufficiente a fare la differenza tra la vita e la morte negli scontri più impegnativi. Inoltre gli attacchi alle spalle, i colpi alla testa e le controffensive in seguito al parry infliggono danni critici in piena tradizione soulslike.
La prima domanda a balenarvi in mente sarà: "ma è Assassin's Creed?". Sì e no. Nonostante il comparto stealth e gli omicidi con la lama celata rimangano elementi essenziali del gameplay, il titolo si accinge a diventare un'esperienza più completa, in cui la scelta migliore non ricade mai unicamente sullo stealth, né sul combattimento brutale. Bisogna sapientemente alternare diversi stili di gioco, scegliendo le minacce da eliminare a distanza o addormentando le guardie più scomode, sfruttando il level design per un tuffo omicida o lanciandosi alla carica verso un gruppo defilato di soldati. Non ci era mai capitato di morire così tante volte in nessun altro capitolo della saga, il che riteniamo sia una nota decisamente positiva.
L'albero delle skill si snoda lungo tre rami principali: il Guerriero, incentrato sull'arma bianca; il Veggente, esperto di gadget e abilità sovrannaturali; il Cacciatore, per i maestri dell'assassinio e del tiro con l'arco. Volendo si può giocare Origin in stealth con l'arco (del quale ci sono diverse tipologie), il che farà stropicciare gli occhi a tutti i fan storici della saga. Non è però consigliabile dedicarsi unicamente a una specialità, anzi risulta poco pratico. Bayek sa essere un combattente a tutto tondo e saprà dare il meglio quando impegnato in ogni direzione. Oltre al bonus per salute e danni che si ottiene salendo di livello, potremo potenziarci ulteriormente grazie a un sistema di crafting legato a filo doppio con le statistiche; le armature, di contro, assolvono un ruolo puramente estetico e costituiscono senza alcun dubbio la categoria di collezionabili più difficili da ottenere.
La sola quest principale ha una durata che si attesta intorno alle 30 ore e, nella sua interezza, l'offerta può arrivare intorno alla settantina. Nella versione Xbox One X, da noi testata, si è trattato di 40 ore di gioco assolutamente prive di bug. Seppur ancorati ai 30 FPS, dal punto di vista tecnico il titolo si è dimostrato efficace e fluido sia nelle fasi di combattimento (lontanissime dalla legnosità dei predecessori) che in quelle di movimento; non abbiamo trovato ostruzioni nel corso delle arrampicate né impedimenti di altra natura, eccezion fatta per alcune imprecisioni legate all'audio, ma l'ottima colonna sonora di Sarah Schachner è riuscita a farcene dimenticare piuttosto velocemente. Decisamente apprezzabile anche la classe dimostrata risolvendo il problema della draw-distance tramite la distorsione dell'orizzonte dovuta al calore, e l'inserimento di una gestione dell'illuminazione capace di assumere un ruolo da protagonista nel corso di alcuni enigmi.
Esplorando l'Egitto capiterà d'imbattersi in qualche interessante novità nell'ambito dell'offerta multigiocatore, come i cadaveri di altri assassini. Oltre ad avere una funzione assimilabile a quella delle macchie di sangue di Dark Souls, queste ci daranno l'opportunità di vendicare il compagno caduto e guadagnare esperienza nel processo. Escludendo la divertente feature delle foto altrui visibili sulla mappa, il multiplayer rimane circoscritto all'arena e all'ippodromo, uniche reali occasioni per confrontarsi con gli amici. Resta tuttavia da sciogliere il nodo delle microtransazioni. In Origins è possibile acquistare (oltre a skin e armi) i cosiddetti "salva-tempo", ovvero pacchetti di risorse, iniezioni di oro o ancora mappe che rivelano i luoghi più nascosti.
Tralasciando l'opinione che ciascuno di noi può avere al riguardo, si tratta di contenuti trascurabili che non sembrano poter influenzare in alcun modo la percezione di chiunque deciderà di ignorarli. Effettivamente è difficile pensare che qualcuno scelga di investire sui pacchetti per ritoccare tanto marginalmente la potenza di Bayek, o per ridurre la longevità potenziale all'interno di un sistema in cui non si ha mai la sensazione di doversi dannare per le risorse. La verità è che Origins è divertente da giocare. Il rinnovato combat system è intrattenimento puro e difficilmente risulterà seccante; la caccia è un'attività collaterale ed estremamente rapida, così come le rapine alle carovane, mentre l'esplorazione sopra a tutte rappresenta un piacere del quale sarebbe un crimine privarsi.
Assassin's Creed Origins esce così a testa alta dal confronto con qualsiasi altro action ambientato in un mondo aperto. L'ambientazione dell'antico Egitto è stata sfruttata egregiamente, sia a livello di texturizzazione che nell'ambito del level design. Nonostante l'inserimento di numerose attività collaterali, la trama riesce a mantenere un ruolo preponderante e, soprattutto, stupisce lo spettatore mostrando al tempo stesso un elevato grado di rispetto verso la linea del tempo originale della saga. Come spesso accade nel mondo dei videogames, il prequel si dimostra uno strumento fondamentale di innovazione e rinascita; se i risultati sono questi, ci auguriamo che i tempi di sviluppo rimangano invariati per le istanze future, perchè Assassin's Creed oggi rinasce, anzi, nasce con Origins.