Braid
Nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Questa è forse la diciannovesima volta che ricomincio a scrivere questa recensione. Se si trattasse del montaggio di un film, a questo punto taglieremmo il cestino accanto alla mia scrivania, inesorabilmente ricolmo di cartacce appallottolate strappate con con poca frustrazione da una macchina da scrivere che si diverte a prendermi in giro. Braid mi ha riempito la testa con così tante idee, così tante opzioni, così tante emozioni che farle combaciare tutte in una critica coerente e coesa risulta un po' come strozzare un cigno fatto di materia gelatinosa. Ogni volta che penso di aver trovato un collegamento mentale che possa dare il la alla recensione, mi blocco per il flusso inarrestabile e caotico di pensieri. Sono andato a dormire pensando a Braid, e mi sono svegliato pensando nuovamente a Braid. E per quel poco che mi ricordo, credo di avere pure sognato qualcosa che riguardasse Braid.
Braid è insomma quel tipo di gioco lì.
Riducendolo ai minimi termini, si tratta di un platform in cui dovrete viaggiare attraverso sei mondi per trovare e assemblare i pezzi di un misterioso puzzle. L'idea è quella classica di muoversi saltando da sinistra a destra, e i livelli sono fatti di scale, piattaforme galleggianti e cannoni che sparano bizzarri nemici capaci di uccidere col semplice contatto (a meno che non si salti sulla loro testa...). L'inattesa svolta è che per l'occasione avrete il controllo sul tempo, e premendo il tasto X potrete "riavvolgere" tutte le vostre azioni. Il tempo e le sue manipolazioni, non i salti, sono le componenti dominanti a livello di gameplay.
Benché prenda ovvia influenza da Super Mario Bros, la sua rilevanza creativa mi ricorda parecchio Watchmen, la graphic novel seminale di Alan Moore e Dave Gibbons. E ad un certo livello, è esattamente quello che sembra essere. Per Watchmen, il criptico omicidio di un supereroe. Per Braid un plaftorm 2D. Ma c'è molto, molto, moooolto di più. Entrambe sono opere di omaggio e decostruzione, critiche sul modo in cui si interagisce con i rispettivi media. Più a fondo guarderete, più cose vedrete.
Ancora più di quello, Braid è qualcosa di realizzabile unicamente con questo medium. Watchmen è stato scritto e illustrato per esplorare idee che poteveno funzionare con pannelli in sequenza e balloons, Braid segue praticamente la stessa struttura con salti, piattaforme mobili e nemici che camminano senza soluzione di continuità. Così tanti giochi cercano di giustificare le loro velleità creative plagiando altre forme di intrattenimento -film mancati sotto false spoglie di videogames, basati sulle nostre reazioni extra-ludiche. Braid è un videogioco. E potrebbe essere solo e soltanto un videogioco, ed è lì che si trova il suo cristallino genio.
A questo punto, temo di aver già perso per strada molti di voi. Comprensibilmente diffidenti dalle pretese artistiche dei videogames, e davvero stufi di recensori che sfogano così le loro tendenze poetiche frustrate, potreste pensare di vedere l'ennesimo platform a basso budget riempito di lodi da una critica compiacente soltanto in virtù delle sue origini indipendenti. Credereste di trovarvi davanti alla solita storia colma di cliché nauseanti lodata per la sua profondità emotiva. Considerereste la manipolazione del tempo come soltanto una scelta di design neanche poi tanto originale, soprattutto pensando a titoli come Blinx, Prince of Persia e TimeShift. E, sotto tutti i punti di vista, vi sbagliereste di grosso.
Altri giochi potrebbero avere offerto meccaniche di rewind, ma sempre e soltanto come feature marginale inserita in un contesto più rigido e indipendente. Così come il bullet time in Matrix, un effetto indubbiamente appariscente ma con un impatto limitatissimo sul gameplay effettivo. In Braid, riavvolgere la propria morte e riprovare on the go è roba da principianti. Quella è proprio la base, il punto di partenza, il minimo indispensabile. Qui c'è molto più di un meccanismo limitato ad una seconda opportunità di riprovare le cose: non solo sarà possibile riavvolgere ogni cosa fino all'inizio del livello, cancellando ogni movimento eseguito, ma il fatto stesso di farlo sarà spesso essenziale per progredire. Guardatevi indietro per vedere quello che vi aspetta nel futuro.
Il gioco introduce sin da subito alcuni oggetti magici -riconoscibili grazie ad un bagliore verde- che si comportano in maniera indipendente dalla vostra linea temporale. In altre parole, quando riavvolgete il tempo, qualsiasi cosa succeda questi oggetti rimangono così come sono. L'esempio più semplice, nonché quello che il gioco utilizza per spiegare il concetto, è quello di pensare di lanciarsi all'interno di un pozzo dal quale non è più possibile uscire per prendere una chiave magica. Riavvolgendo il tempo esattamente fino all'istante in cui stavate per buttarvi, vi ritroverete sul bordo del pozzo e con la chiave in mano. Porte, piattaforme e persino nemici possono essere vincolati a questo effetto, e una volta che vi libererete dai preconcetti lineari di azione/reazione sedimentati da anni e anni di videogames abbraccerete davvero l'idea che la via per arrivare al futuro può paradossalmente trovarsi nel passato.
E c'è ancora molto altro. Il gioco non raggiunge mai un limite, non smette mai di aggiungere altre pazzesche sfumature ai suoi vezzi temporali, proponendo enigmi che scombussoleranno la vostra mente e che vi costringeranno a ri-valutare ogni singola certezza riguardo alle modalità con cui i videogame funzionano. Arrivando a completare il Mondo 3, vi sarete già lasciati alle spalle puzzle che sarebbero stati il top del top per la stragrande maggioranza degli altri titoli, tanto per dire. Ad ogni modo, ogni Mondo ha il suo peculiare modo di gestire lo scorrere del tempo. Nel 4° il tempo scorre a seconda dei movimenti: spostatevi a destra e il tempo andrà in avanti, procedete verso sinistrà e scorrerà all'indietro. C'è un livello in particolare, Jumpman, che oltre ad essere un esplicito omaggio a Donkey Kong utilizza l'idea stessa in maniera particolarmente incredibile -prendendo la classica scalata dell'immortale classico Nintendo e trasformandola in qualcosa di radicalmente diverso e impressionante come pochi.