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25 anni di Megaman X, un'epopea futuristica - articolo

Dall'esordio del Blue Bomber su Super Nintendo a oggi.

Anno 21XX (ma per noi era il 1993), un androide dal casco blu corre lungo l'autostrada di una città impazzita. Alcune libellule meccaniche volano sopra strade-circuiti ad alta velocità, dei mech lanciamissili bloccano i passaggi in fiamme, le forze dei Maverick avanzano tra le automobili in fuga. I Reploid, nati dalla stessa tecnologia di Megaman, sono impazziti e, guidati da Sigma, cominciano una rivolta che durerà, fortuna dei giocatori, decenni.

Sigma era un simbolo, era il leader di chi voleva debellare il virus della follia digitale, ma adesso si è rinchiuso in una fortezza e comanda dall'alto i suoi sottoposti. X, l'altruista X, il figlio prediletto del Dr. Light (e di Keiji Inafune, storico designer), non ha abbastanza forza. Contro Vile, una macchina da guerra colma d'odio, perde. È il primo Boss. Non è neanche in grado di scalfirlo.

Perde (perdiamo) e quasi viene schiacciato quand'ecco... Zero, l'ultima creazione del dottor Wily e ormai fedele compagno, che lo salva. «Potresti diventare forte come me», dice l'Hunter di Classe S. E l'avventura comincia, stavolta davvero.

Immaginate - o ricordate - di ritrovarvi in questo mondo cyberpunk, dopo anni di scivolate colorate e colpi di Buster spensierati. Una trama che che in seguito svilupperà ampiamente le tematiche care ad Asimov, adottando pienamente le Tre Leggi della Robotica.

La storica schermata iniziale. Al tocco, X carica il suo Mega Buster e colpisce l'opzione selezionata. Nessun salvataggio da caricare, soltanto Password!

X nasce dopo il delizioso Megaman 6 (NES), che raccontava un semplice torneo di automi sfuggito di mano. Alla Gundam G, ma pensiamo anche a Yu Yu Hakusho o al più famoso torneo Tenkaichi di Dragonball. Tutta un'altra storia. Subito troviamo una sorpresa dopo l'altra: il primo livello introduttivo della saga, un Dash che migliora l'antica e goffa scivolata, e la formula che è sempre quella ma allo stesso tempo è totalmente nuova. E non era un fatto di grafica e potenza (si passava ai 16bit), ma di idee.

Immaginate o ricordate di provare per la prima volta la nuova cartuccia, soffiarci dentro magari, aspettandovi di trovare quello che per voi era il bambino androide per eccellenza (dopo l'Atom di Tezuka), per poi scoprirne una nuova versione, un'erede spirituale anzi, stavolta adolescente ma dal cuore mosso dagli stessi ideali.

Light è morto da un secolo, un padre che X conoscerà indirettamente, e a risvegliare il nuovo eroe è l'anonimo Dr. Cain, una figura misteriosa che si vedrà soltanto nel sequel (e nei libretti, al tempo essenziali). Un mondo più oscuro, alla deriva, ma proprio per questo narrativamente più convincente.

Lo Stage di Storm Eagle è verticale e propone più vie di approccio. I Mettaur - dalla serie classica - davano un tocco familiare alle novità.

Rockman X ci metteva nei panni di un robot più forte che in passato, capace di scalare interi grattacieli grazie a uno dei migliori sistemi di Wall Jump mai visti su platform. Il predecessore, inconsapevole, di un'intera nazione di robot e protagonisti salterini, che dentro di sé nascondeva una forza incredibile.

Per scoprirla bisognava perdere, ritentare, sconfiggere i Maverick a fine livello, e ancora perdere e ritentare. La formula trial and error, condita da una libertà esplorativa che già la serie classica aveva dimostrato efficace, diventava più allettante. I pattern avversari s'erano fatti più definiti, in estetica e funzioni, e sulla base di questi ci si preparava allo scontro. Vi ricorda qualcosa, giusto?

Vi suona qualche campanello, o magari qualche campana... Ci siamo capiti. Il paragone con i Souls-like in questo caso non è una forzatura, è parte della storia videoludica. Oggi un pizzico di X (nulla togliendo al trio Sonic-Mario-Samus) vive nel cuore di titoli del calibro di Celeste, Shovel Knight e - casi ancor più evidenti - Gunvolt e Ares.

“The Day of Sigma” è il corto animato che approfondisce le origini del personaggio. Pur con qualche retcon, funge da prequel all'intera avventura. Lo si può vedere comodamente grazie alla Legacy Collection.

Ma bando alla retorica. Ci sono dei pregi che anche decontestualizzati dall'epoca d'esordio spiccano per eccellenza. L'esplorazione verticale e aerea; gli indizi disseminati dall'ottimo game design (mai una trappola è inaspettata, come magari avviene nelle imitazioni poco attente); i livelli capaci di interagire l'uno con l'altro, trasformandosi e diventando rigiocabili fino all'osso; l'introduzione dei Sub-Tank e di potenziamenti duraturi, che prendeva ispirazione dalla progressione tipica degli rpg.

E Zero... sarebbe da pena capitale non spendere due parole su di lui. È un personaggio che ormai è un'icona, tanto da aver avuto la sua roc(k)ambolesca saga, capace di chiudere circolarmente una trama distribuita in circa trenta titoli! Rivedetevi (magari) nel '97, quando con lo stesso sguardo il vostro Cloud ammirava le imprese di Zack Fair, e avrete il condensato alchemico, anzi il primo bullone, dell'amicizia tra X e Zero.

Se siete fan di lunga data, ricorderete l'intensità del duello con Copy X, sull'ormai lontano Game Boy Advance. Uno dei simboli più efficaci di quanto una saga incentrata sul gameplay (più che sulla trama) sia riuscita a raccontare - un passo avanti l'altro - un'epica fatta di eredità, sacrifici e rivalità.

“Maverick Hunter X” è il fedelissimo Remake. Permette di giocare nei panni di Vile, in una modalità ancora più difficile.

L'atmosfera unica, rafforzata dall'immedesimazione tra personaggio e giocatore, è l'ennesima ragione del successo. X evolve in capacità con noi, mano a mano che otteniamo pezzi di armatura, power up e tecnica di gioco. Si soffre e si vince, fino al duello conclusivo contro Sigma. Una lotta che conduce all'indimenticabile finale, dove il mentore - da manuale - è stato superato, e non senza pagare pegno.

La colonna sonora di Toshihiko Horiyama, che raggiunge il picco di bellezza in Megaman X4 (dove anche il gameplay è finalmente rifinito), è ancora oggi capace di esprimere, in pochi secondi, ciò che è stato il Franchise di X. Indimenticabili - di quelli che ti svegli la mattina e li canticchi - i motivi di alcuni stage. Segnaliamo Chill Penguin, Spark Mandrill, le schitarrate chip-tune di Armored Armadillo, Storm Eagle... Ci fermiamo qui!

Capcom ha saputo come omaggiare la sua mascotte - «non ufficializzata» - e i festeggiamenti del trentesimo anniversario dalla nascita del Blue Bomber ci hanno regalato delle fantastiche collection e l'inaspettato undicesimo capitolo. In questi giorni ricorrerà anche il compleanno di Megaman 2! Recuperate, se desiderate e potete, le Legacy Collection (a dirla tutta non perfettamente ottimizzate), il divertente - ma meno evocativo - remake per PSP (Maverick Hunter X, che trovate su Vita), e perché no, il vostro Snes Mini o il vostro Snes in teca o soffitta, a parer nostro il mezzo migliore per godervi il titolo. Se amate le sfide, e s'intende quelle non artificiose, non ve ne pentirete.

Nel livello acquatico di Launch Octopus, la fisica cambia di conseguenza.

Megaman X è stato un gioco futuristico, in tutti i sensi. Era avanti negli anni, c'è poco altro da dire. Proponeva una difficoltà spiccata ma ben giustificata dal level design, qualcosa con cui oggi i platform devono fare necessariamente i conti. Per i neofiti il bilanciamento di gioco può essere davvero ostico, ma nulla che l'abitudine non possa risolvere.

Chi critica alcuni stage un po' lineari, invece, dimentica l'origine parzialmente run'n'gun della saga, che finalmente - nella sua interezza - portava un po' di logica cibernetica in un marasma di giochi dalle sfide caotiche, impossibili e matte come la mente di Wily.

E voi? Ricordate la vostra prima avventura con l'androide dal casco blu?