C'era una volta Mortal Kombat
Una retrospettiva per la storica saga.
A dire la verità sebbene le ciniche tecniche della promozione pubblicitaria fossero riuscite a veicolare il prodotto nella maniera auspicata dal publisher, la riproposizione delle medesime meccaniche si rivelò comunque banale, pur nel suo successo.
Ogni personaggio era predisposto per subire ampie e devastanti ferite, che oscillavano curiosamente tra il macabro e il grottesco, quasi come se il gioco dei contrasti potesse mettere in luce una doppia natura del gameplay e dell’aspetto estetico-visivo. Quale fosse la reale intenzione degli sviluppatori non è dato sapere, di sicuro sono passati agli annali per la grande carica mediatica rivestita dal marchio e gli ottimi riscontri presso il pubblico.
Ancora uno smembramento, prego
Come abbiamo detto, uno degli aspetti maggiormente innovativi di Mortal Kombat era sicuramente lo stile e le tecniche di lotta dei vari personaggi. Invece di far combattere tra loro guerrieri puramente di fantasia, gli sviluppatori decisero di trasferire le immagini digitalizzate di alcuni attori reali e di trasferirle poi all’interno delle varie arene disponibili nel gioco. Tutto ciò non fece che generare ulteriore hype visto il livello tecnologico dell’epoca, ma portò inevitabilmente con sé anche alcuni problemi. La prima e forse più ovvia difficoltà era legata alle sembianze dei personaggi, tutti comunque riconducibili ad un aspetto umanoide, peccando quindi di varietà e personalizzazione. Nello specifico le differenze tra soggetti come Scorpion e Sub-Zero non andavano oltre la modifica di colore della divisa e un parco di mosse differente. D’altra parte non sembra essere una coincidenza che il lottatore capace di attirare su di sé tutta l’attenzione fosse Goro, il possente guerriero Shokan dalle quattro braccia, guarda caso non interpretato da alcun attore ma ispirato ad modello creato dall’artista e produttore cinematografico Ray Harryhausen. Passando oltre bisogna ammettere come il gioco di per sé rispecchiasse una certa contraddizione interna: i fighter erano sufficientemente convincenti ma la loro reattività negli scontri era molto limitata e evidentemente poco realistica. D’altro canto il gameplay si discostava dalla classica struttura di gioco tipica degli altri picchiaduro, spaziando comunque tra una serie di mosse molto variegate e fantasiose.
Malauguratamente ciò si traduceva in alcune evoluzioni di una certa lentezza, pericolose da provare contro i nemici più abili, che si trattasse di soggetti guidati dalla CPU o da un altro giocatore in carne e ossa. Al contrario i lottatori le cui mosse speciali potevano essere sprigionate con facilità, come Raiden o Scorpion, potevano trarne vantaggio in combattimento. Nonostante i possibili appunti che si possono svolgere in sede di rivisitazione storica, è innegabile come l’enorme popolarità della serie abbia portato negli anni al consolidamento di uno zoccolo duro di fan e ad un susseguirsi di nuovi episodi che hanno ormai da tempo superato la doppia cifra.
In chiusura ci sembra giusto sottolineare le alterne fortune delle conversioni dei vecchi personaggi 2D della saga. Soltanto il porting su Amiga seppe ergersi a livello qualitativo e questo aveva molto a che fare anche con la mancanza di altri picchiaduro di livello che potessero creare un sufficiente grado di concorrenza (l’unica valida alternativa all’epoca era Body Blows del Team17).
Oggi è diventato difficile se non impossibile riuscire a pensare ad un prodotto che sia in grado di raggiungere la quantità di vendite che ottenne all’epoca il primo episodio di Mortal Kombat, semplicemente ricorrendo a pochi ma riusciti espedienti come l’apporto macabro di sangue e sventramenti e un’atmosfera mistica infarcita di mosse da scoprire. Le discutibili tecniche di marketing esisteranno sempre e, anzi, nel tempo hanno cercato esse stesse di migliorarsi andando a raggiungere nuovi piani di interpretazione e nuovi linguaggi, nondimeno bisogna prendere atto di come il panorama oggi sia molto mutato e gli stessi gamer siano più propensi ad accettare elementi forti come la violenza e la sessualità qualora siano supportati da un contesto convincente. Rimane comunque il fatto che Mortal Kombat abbia saputo cavalcare gli stilemi dettati dal contesto sociale e storico in cui è andato a collocarsi, riuscendo a diventare un punto fermo per tutti i giocatori di vecchia data e giungendo, sotto molteplici forme e contaminazioni fino ai giorni nostri, con la recente incarnazione Mortal Kombat vs DC Universe, disponibile nei negozi nostrani dallo scorso 21 Novembre e recensito in esclusiva per l’Italia da Eurogamer.