A Vampyre Story
Un'avventura al chiaro di luna.
E' facile che gli appassionati di avventure grafiche siano bollati come giocatori retrò: sono passati infatti anni dal periodo d'oro, dove il genere che andava per la maggiore era il punta e clicca e dove pirati e esploratori dello spazio popolavano gli incubi notturni di pochi fortunati. Se negli ultimi anni sembrano essere pervenuti segnali che la diagnosi di morte precoce sia stata perlomeno frettolosa, è altresì vero che non si intravede ancora in maniera chiara una strada precisa da seguire per poter innovare un genere che spesso sembra essere l'incarnazione terrena dell'Uroboro e dell'eterno ritorno.
Dopo essersi messi comodi davanti al monitor, la prima domanda che viene quindi spontaneo porsi riguarda con quali aspettative iniziare questa nuova avventura targata Autumn Moon: aprire mente e cuore sperando di salire sulla macchina del tempo e rivivere emozioni ormai sopite oppure semplicemente godersi A Vampyre Story senza pretese o paragoni illustri? Per chi è debole di coronarie mettiamo subito in chiaro le cose: il tentativo c'è, è buono, ma l'asta è ancora troppo alta per essere raggiunta.
La trama riprende il tema classico del viaggio: la cantante d'opera parigina Mona De La Fitte, rapita con l'inganno in giovane età dal vampiro Shrowdy Von Kiefer, una volta liberata dall'ingombrante compagno cercherà di tornare nella sua amata Francia, non pienamente consapevole di quello che comporta la sua nuova natura di bevitrice di sangue. Da qui, vi terranno compagnia circa 15 ore di un'avventura ricca di enigmi, situazioni comiche e dialoghi prolissi.
Sbirciando fra gli autori non possiamo fare a meno di nominare quel Bill Tiller che tanto diede alla scena nel periodo di massimo splendore del genere (collaborò infatti a titoli di rilievo come il terzo Monkey Island e The Dig), quasi che ci venisse posto un ideale ponte fra passato e presente.
Stessa impressione che deriva dall'osservare la grafica del gioco: fondali disegnati a mano e personaggi in un 3D a pastello, sono in grado di creare un'atmosfera incantevole ma con carattere: le origini da grafico dell'ex Lucas emergono così in maniera chiara, ben integrate all'interno di una cornice moderna.
Il fatto che il retaggio sia lucasartisiano è evidente anche dal primo incontro con l'interfaccia: la moneta che racchiudeva le azioni di Monkey Island 3 è qui riproposta in una versione potenziata con le azioni usuali (guarda, usa, parla) affiancate dal particolare “vola” (e più avanti anche “mordi”), specchio della particolare natura della protagonista.
Bisogna però ammettere che qualche idea originale riesce ad emergere da un progetto nel complesso derivativo: avere nel proprio inventario oggetti affiancati da azioni aggiunge infatti un minimo di varietà al classico “prova tutto con tutto” che spesso ha tolto dalle castagne anche gli avventurieri più incalliti e quindi risulta una piacevole new entry, così come meritano un bel pollice alto le controparti che incontrerete lungo il cammino della vostra redenzione, in generale in grado di non essere dimenticate dopo cinque minuti.
Il giudizio finale, come potete sbirciare poco sotto promuove sicuramente questa prima fatica da capo progetto di Tiller, anche se sono evidenti alcuni difetti di gioventù e in generale un orientamento alla parte bassa (leggasi casual) nella curva di impegno richiesta per portare al termine il gioco. Essendo già stato annunciato un seguito da diverso tempo, ci sono speranze ben fondate di vedere un netto miglioramento sia a livello di storia (il finale infatti è un po' posticcio) che verosimilmente dal punto di vista tecnico, augurandosi magari questa volta di non dover attendere un'eternità per vedere riproposto il titolo anche sul mercato italiano.
D'altronde, anche se a volte può sembrare il contrario, noi giocatori non viviamo solo di notte come i vampiri e abbiamo bisogno di certezze alla luce del sole.