Afro Samurai
Sangue, Hip Hop e noia.
Le prime impressioni spesso fanno la differenza, è vero, ma a seguire l'istinto non sempre i risultati sono quelli attesi. E anzi a volte capita di incorrere in cantonate piuttosto antologiche. Se questo tipo di considerazione è drammaticamente valida per la vita in generale, figuriamoci per il nostro amato hobby nerdoso.
Giocando la prima ora di Afro Samurai per esempio, videogame tratto da una non esattamente popolarissima serie animata giapponese, il feeling sembra decisamente quello giusto: parliamo di un gioco affascinante e bello da guardare, permeato da un certo stile tutto sommato estraneo alle produzioni di livello medio. Il cel-shading risulta ben realizzato, la palette cromatica calda ed accattivante, ed i vari personaggi (su tutti ovviamente lo ieratico Afro...) hanno dalla loro un innato carisma alquanto particolare.
Le animazioni non sono forse impeccabili, bisogna ammetterlo, ma il ritmo e l'eleganza dell'azione sopperiscono abbondantemente a questa piccola lacuna: vedere il provetto spadaccino che dà il nome al gioco compiere acrobatiche piroette mortali tra decine di nemici per poi affettarli (letteralmente) tutti rimanendo l'unico in piedi sul campo di battaglia fa assolutamente la sua porca figura, credetemi. Senza contare gli studiati giri di telecamera e gli immancabili passaggi in slow motion che non fanno altro che incrementare la spettacolarità del tutto. Le ambientazioni non sono poi forse sontuose e ricche di dettagli come in altri titoli del genere, eppure la loro semplicità si sposa alla grande con il cel-shading e con i personaggi.
Per non parlare del fatto che smanettando un po' con le combinazioni di tasti disponibili i risultati appaiano sin da subito entuasiasmanti, per veri e propri massacri coreografici capaci di esaltare l'utente. Afro Samurai è infatti un mero hack 'n slash nel quale ve la vedrete generalmente con gruppi di tre nemici alla volta, con calci, attacchi leggeri e pesanti, salto e parata a vostra disposizione. Tra combo e mosse alquanto sopra le righe, il risultato sarà comunque già scritto: voi vivi e incazzati neri, pronti per continuare la vostra odissea di vendetta, gli avversari smembrati a terra decisamente meno minacciosi di voi. Importante anche la presenza del Focus, da utilizzare per brevi istanti di combattimento in slow motion (con effetti devastanti per gli arti dei nemici) o da spendere in un'unica botta per violentissime fatality di gruppo (con effetti ancora più devastanti per gli arti dei nemici, of course).
Francamente non mi aspettavo altro da Afro Samurai, o meglio neanche volevo nulla di più: dopotutto Devil May Cry e soprattutto Ninja Gaiden già ci sono a farla da padroni sulla scena. Senza contare il fatto che questo è un titolo pensato più che per giocatori in senso lato per gli appassionati della serie, o comunque per gli amanti dell'Hip Hop e di un certo tipo di estetica pulp, che avranno modo di sollazzarsi con un bizzarro mix di Sergio Leone, Zatoichi, Cowboy Bebop, Shaft e del Wu Tang Clan.
Certo la fatica di Surge avrà pure dalla sua un innegabile connubio di forma e sostanza alieno a tante altre produzioni su licenza, ma sfortunatamente non mancano difetti classici dovuti a mancanze di tempo, di risorse economiche e di attenzione ai dettagli. Non che sia eccessivamente breve, visto che le ore per arrivare ai titoli di coda saranno comunque una decina (o anche qualcosa in più rigiocandolo a livello "Number One"...): il vero tallone d'Achille di Afro Samurai è il fattore noia.
Fattore noia determinato dall'abbondante backtracking e dalla reiterata ripetizione di location, così come dal ritmo molle e sonnolento. Ogni tot minuti di gioco assisterete alla solita cutscene con un ronin dall'aspetto discutibile che cercherà di far fuori Afro, e non basterà qualche trovata in termini di regia per salvare il tutto dagli sbadigli. Anche i vari enigmi risulteranno tremendamente involuti e pretestuosi, e a dispetto del sottile piacere determinato dal rossore dei massacri a colpi di katana aleggerà costantemente un vago senso di incompiutezza su ogni cosa.