Albedo: Eyes from Outer Space - recensione
Un'avventura alla Flash Gordon.
I B-movie della fantascienza hanno fatto scuola. È così! Che siate o meno appassionati del genere, questi film a volte pessimi hanno creato cult che sono giunti inalterati sino a noi. Senza di essi serie come Futurama non sarebbero potute esistere, Hollywood avrebbe prodotto qualche remake in meno e, soprattutto, Albedo: Eyes from Outer Space non sarebbe qui.
Si tratta infatti di un'avventura grafica vecchio stile che s'ispira agli stilemi di questi lungometraggi, citando senza remore elementi grafici, personaggi e ambientazioni in un mix decisamente originale. E se fin qui non c'è nulla o quasi, di trascendentale, quel che stupisce di più è che Albedo sia stato sviluppato da una sola persona: Fabrizio Zagaglia, di Bologna. Ma basterà una sola persona a creare un buon gioco?
La trama sembra piuttosto riuscita, ironica quanto basta per non prendersi troppo sul serio ma senza diventare una macchietta. Il protagonista John T. Longy, è il classico eroe sbruffone alla Flash Gordon, guardiano notturno in un centro di ricerca su una delle lune di Giove. Un bel giorno un'esplosione, un'invasione di strane creature e tutta una serie di disavventure che non vogliamo anticiparvi, lo distolgono dalla sua routine quotidiana e lo gettano nell'assurdo.
La struttura è insomma quella di una puntata de "Ai confini della realtà", con tanto di battute scontate e mostri inverosimili, da affrontare a volte con delle armi improvvisate e, altre, con una buona dose d'ingegno. Non sono però i combattimenti il punto focale del titolo (per quanto avrete l'opportunità di mettere le mani anche su un paio di armi da fuoco), quanto piuttosto gli enigmi. Albedo: Eyes from Outer Space è infatti a metà strada tra un punta e clicca alla Myst e una moderna esperienza narrativa alla Gone Home.
La struttura a stanze porta il giocatore all'interno di aree ristrette da esplorare a fondo per cercare oggetti utili al raggiungimento della stanza successiva e/o alla risoluzione di un determinato puzzle. Spesso si tratta solo di utilizzare l'oggetto giusto nel punto giusto e al momento giusto. Alle volte questa meccanica aziona dei minigiochi che è possibile saltare a piacimento ma che rendono senza dubbio più varia l'esperienza di gioco. La scelta di una struttura così classica ha reso di sicuro il gioco meno laborioso ma non appena si volge lo sguardo al comporto tecnico, si nota la mancanza di un vero team di sviluppo alle spalle.
Il gioco presenta infatti una grande quantità di piccole imperfezioni che si ripercuotono talvolta sul gameplay. È facile ad esempio trovarsi incastrati in situazioni per cui, dato che due oggetti si sovrappongono sullo scenario, non è più possibile selezionarli separatamente e quindi procedere nella trama. Compenetrazioni del genere erano all'ordine del giorno verso la fine degli anni '90 ma oggi appaino senza dubbio piuttosto gravi.
Albedo è un'altalena che alterna questi piccoli difetti a trovate divertenti ed ispirate. Alle citazioni dai B-movie degli anni '60 si frappongono gli easter egg tratti da avventure grafiche molto note. Troverete oggetti presi di peso da Monkey Island e Day of The Tentacle, il tutto amalgamato alla perfezione nelle ambientazioni. Queste ultime pure però appaiono piuttosto discontinue. Alcune stanze sono poco più di corridoi e riempitivi, altre presentano strutture ben realizzate, palazzi futuristici e pianeti inesplorati. In generale si tratta però di ambienti ben realizzati.
Spiccano piuttosto, in negativo, fisica e animazioni. I pochi personaggi che incontrerete sono animati in modo legnoso. Quelli umani presentano anche una modellazione sproporzionata e un doppiaggio decisamente sotto le righe. Anche l'audio è piuttosto sfasato, con voci troppo basse ed effetti sonori troppo alti (nemmeno il tool di selezione dei volumi riesce a migliorare la situazione).
Fermandosi a guardare il gioco da un'altra prospettiva, e ripensando al lavoro svolto da Zagaglia, bisogna però applaudire questo giovane sviluppatore che, con tanto olio di gomito, ha realizzato qualcosa di straordinario per una singola persona, un videogioco funzionante e ora distribuito su Steam e Gog. Purtroppo però, una volta sul mercato, il numero di componenti del team di sviluppo passa in secondo piano, dato che il gioco entra in competizione con gli altri concorrenti presenti sul PC. E il prezzo pure non è dei più approcciabili, coi suoi 14,99 euro.
Albedo: Eyes from Outer Space non servirà quindi, da solo, a rilanciare il mercato italiano dei videogiochi, ma è interessante e coraggiosa la scelta di cimentarsi in qualcosa del genere. Si tratta di un titolo pur sempre di nicchia ma sviluppato con un engine completamente tridimensionale, pubblicato world-wide e che, a quanto dichiarato dal publisher, potrebbe vedere una conversione anche su console di nuova generazione.
In conclusione ci sono due modi di considerare questo titolo. Da una lato c'è la valenza di un prodotto tutto nostrano, sforzo di una singola persona che, naturalmente, presenta tante piccole imprecisioni ma che andrebbe ugualmente premiato. Dall'altro c'è invece il punto di vista del giocatore che, una volta adocchiato il titolo su Steam, lo vede come quel che è: un prodotto che deve essere all'altezza di prezzo e aspettative.
Da questo punto di vista Albedo: Eyes from Outer Space è invece più carente. Si tratta di un videogioco di fascia medio bassa, in grado di raggiungere la sufficienza ma di non spingersi troppo oltre. Agli utenti il compito di scegliere se premiare la sforzo o meno.