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Alekhine's Gun - recensione

Un Agente 47 nato negli anni sbagliati.

Ciclicamente noi videogiocatori ci troviamo di fronte a software house che sfornano titoli belli solo in potenza: giochi con cui sarebbe stato anche un piacere passare il tempo se solo fossero usciti con dieci anni di anticipo. È questo il caso di Maximum Games e del suo Alekhine's Gun: uno stealth che senza troppi giri di parole potremmo definire Hitman-like "alla vecchia scuola", anche se presto spiegheremo perché quest'ultima definizione non è del tutto sincera.

Con Hitman-like intendiamo ovviamente un gioco in cui per passare inosservati sotto il naso dei nemici non è sempre necessario nascondersi all'interno di uno scatolone o nell'ombra, ma in cui la chiave della vittoria è trovare i giusti travestimenti per muoversi con tranquillità all'interno di un'area. Caratteristica fondamentale del genere è quindi la libertà d'azione permeante il level design, in modo da offrire al giocatore la possibilità di portare a termine gli obiettivi seguendo strade differenti in base al proprio gusto o alla propria creatività.

Quest'ambientazione a noi ricorda qualcosa.

Già da questo punto di vista Alekhine's Gun non riesce ad eccellere, proponendo dei livelli che appaiono artificiosamente complessi e ampi, ma senza offrire ambientazioni ricche di contenuti. Questo si traduce purtroppo in un ventaglio di possibilità piuttosto ristretto per portare a termine le undici missioni, con una conseguente perdita di senso dell'esperienza complessiva.

Il genere fittizio degli Hitman-like non è sicuramente affollato di titoli che scalpitano per ritagliarsi un piccolo spazio all'interno di un panorama al limite della saturazione. Proprio questa mancanza di concorrenza avrebbe rappresentato un enorme vantaggio per lo studio Maximum Games, che si sarebbe potuto sforzare per dare un tocco di originalità alla propria opera. Al contrario, l'errore più grande commesso dallo sviluppatore è stato proprio il voler emulare a tutti i costi il padre del genere, chiudendo oltretutto gli occhi di fronte all'ultimo decennio di evoluzione del medium ludico.

Definire infatti Alekhine's Gun un gioco old school sarebbe solamente una presa in giro. Diversi elementi fanno capire fin da subito che le intenzioni degli sviluppatori erano già dal principio quelle di dare vita ad un titolo con un design al passo coi tempi, ma che goffamente ha prodotto una serie d'idee sì definite, ma legate in malo modo tra loro e realizzate approssimativamente.

Il primo difetto in quest'ottica è il livello di sfida, che non vuole in alcun modo avvicinarsi alla difficoltà tipica dei primi stealth game. Se inizialmente potrebbe sembrare necessario l'uso di un minimo d'ingegno per venire a capo delle situazioni, si palesa presto agli occhi del giocatore uno schema generale del level design piuttosto elementare, che renderà fin troppo semplice e meccanico completare ogni missione.

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Non a caso Maximum Games ha pensato bene d'inserire una visione speciale in grado di evidenziare gli oggetti utili e mostrare il livello di attenzione dei nemici nei nostri confronti. Questa modalità si consuma con l'utilizzo ma, come se non bastasse, si ricarica nel tempo anche stando immobili. Un vero e proprio autogol se pensiamo che espedienti di questo tipo sono sempre visti con avversione dagli appassionati del genere, che concretamente avrebbero potuto rappresentare la quasi totalità del pubblico a cui rivolgersi.

Un altro tentativo di modernizzazione è costituito dalla trama che, nelle intenzioni degli sceneggiatori, sarebbe dovuta essere un'avvincente storia di spionaggio ambientata durante il freddo conflitto tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Il taglio noir dato alle sequenze d'intermezzo tra un livello e l'altro sarebbe stato anche convincente se non fosse stato per un ritmo lentissimo, accompagnato da un doppiaggio spesso pessimo, con pause eccessive tra una battuta e l'altra.

A conti fatti il plot narrativo non si discosta eccessivamente dall'altalenante coinvolgimento della media delle opere di spionaggio, cariche di stereotipi. Anche su questo fronte troviamo però un paio di pecche piuttosto grossolane, rappresentate dall'introduzione affrettata e maldestra dei personaggi e dalla scarsa chiarezza degli eventi iniziali, che ci hanno portato a comprendere qualcosa della trama solo dopo metà del gioco.

L'aspetto tecnico ricalca pedissequamente il livello qualitativo dell'intera produzione. Ci siamo trovati ancora una volta di fronte ad un gioco vecchio, seppur esteticamente godibile. Pur avendo potuto chiudere tranquillamente un occhio di fronte alle animazioni legnose, lo stesso non si può certo fare per l'intelligenza artificiale. Il cardine fondamentale di qualunque titolo stealth è proprio la capacità dei nemici d'individuarci e prevedere le nostre mosse. Proprio su quest'ultimo punto l'IA di Alekhine's Gun fallisce miseramente, consentendoci uccisioni furtive da dietro nei confronti di arguti omaccioni che ruotano su loro stessi insospettiti dalla nostra presenza.

Come se non bastasse, la localizzazione in italiano contiene spesso grossolani errori, a partire dal menù principale.

Con Alekhine's Gun lo studio Maximum Games ha tentato d'inseguire a tutti i costi l'emulazione dell'assassino pelato più famoso di sempre. Per competere con la serie Hitman il gioco sarebbe però dovuto uscire una decina di anni fa, in concomitanza con il capitolo Contracts.

Tuttavia, siamo nel 2016 e Alekhine si deve purtroppo scontrare, volente o nolente, con un nuovo Agente 47 tirato a lucido, senza possibilità di uscirne chiaramente vincitore. Il titolo non riesce a rivolgersi neanche agli estimatori del genere stealth, che troverebbero troppo semplice completare le undici missioni offerte.

4 / 10
Avatar di Pier Giorgio Liprino
Pier Giorgio Liprino: Per far felice Pier Giorgio basta parlargli di politica, scienza e videogiochi. A questi ultimi s'è avvicinato da bambino giocando ad Age of Empires 2 e da allora è rimasto un appassionato PC gamer, con uno sguardo attento alle console.

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