L'Alienista: l'angelo delle tenebre (s02) - recensione
Uomini che odiano le donne.
Nel 2018 era uscita la prima stagione di The Alienist, serie tratta dal romanzo di Caleb Carr, pubblicato nel 1994. In quell'occasione avevamo fatto la conoscenza con i protagonisti alle prese con il caso di un serial killer, tipologia di criminale a quei tempi ignorato e qui individuato con metodi che precorrevano i tempi (si allude ai profiler).
Per la riuscita della serie, a fare la differenza era stata l'accurata descrizione dell'ambiente, la New York "vittoriana" moralista, classista, arrogante e provinciale mentre si atteggiava all'internazionalità, un Nuovo Mondo che scontava tutte le colpe di quello Vecchio, mentre nelle masse affamate produceva individui viscidi, vili e approfittatori che assecondavano quei potenti ai quali era concesso ogni abuso, ogni sopruso.
Aveva colpito l'ottima ambientazione con atmosfere corrotte e morbose, dove le ingiustizie sociali erano alla base di tante colpe. Nuovi metodi di investigazione si stavano intanto imponendo fra i ricercatori più evoluti, come abbiamo visto in altre serie tv che vi consigliamo, come Ripper Street e Copper.
Si era delineato un bel gruppetto di personaggi: l'analista Lazlo Kreizler, esperto di disturbi mentali, i cui studi tendevano ad alleviare le pene di individui afflitti da problemi di natura allora non ancora individuabili ma che provocavano gravi danni alle loro esistenze; l'attraente John Moore, alto borghese afflitto da spleen esistenziale che lo stava portando all'alcolismo, in cerca di qualcosa di più di una dorata esistenza protetta dalla sua classe di appartenenza.
Fra di loro, sentimentalmente ondivaga, trovavamo l'altrettanto borghese Sara Howard, segretaria di Theodore Roosevelt, futuro presidente degli USA, intrepida giovane donna che faceva scandalo abbandonando il suo sicuro nido famigliare per rischiare la vita nelle sue indagini su strada. Al loro fianco c'erano i fratelli Marcus e Lucius, due giovani ma già geniali analisti forensi; a ostacolarli con metodi chiaramente illegali c'era il viscido e minaccioso capitano della polizia, Byrnes (Ted Levine), sempre inquietante, al soldo di chi gli poteva dare più soldi e protezione.
Arriva adesso la seconda stagione, composta da otto episodi, prodotta da TNT ma distribuita da Netflix, basata sul secondo romanzo di Carr, 'L'angelo delle tenebre', pubblicato nel 1997.
Siamo nel 1897 e la città è afflitta da una serie di misteriosi rapimenti, con esiti sempre tragici per le povere vittime indifese. Perché si tratta di neonati e cosa c'è di più indifeso di un piccino di pochi mesi? Viene rapita la figlioletta del Console spagnolo, sul quale si addensa il pregiudizio dovuto a calcoli politici (siamo sull'orlo della guerra ispano-americana per il possesso di Cuba).
L'opinione pubblica è fomentata dalla stampa di destra, per mano del miliardario William Randolph Hearst (Matt Lenscher), editore del New York Journal, giornale scandalistico al quale si oppone il New York World, con opposti metodi informativi, per il quale lavora Moore, nonostante il suo fidanzamento proprio con l'innamoratissima figlia del magnate.
Nel corso delle indagini i due finiranno in un girone dantesco di degrado, soprusi e follia, con l'incontro di un altro forte personaggio femminile, una donna (Rosy McEwen) amante del boss di un'efferata banda, a sua volta vittima di un mondo di uomini.
Tutto prende avvio e si sviluppa intorno a una clinica al servizio dei potenti della città, dove a donne indifese e di classe sociale inferiore vengono inflitti trattamenti devastanti, e una povera donna di umilissime origini, accusata di "isteria", diventa capro espiatorio per le autorità. Le indagini, fra mille ostacoli, costano sempre un alto prezzo ai protagonisti, che non riescono sempre a evitare le spietate ritorsioni del Sistema su se stessi e sui loro assistiti. I "buoni", insomma, spesso soccombono.
Intanto, a fronte dell'elevata protezione nei confronti dell'establishment, per le strade domina incontrastata una delinquenza di estrema ferocia. La Polizia infatti è indifferente, corrotta e asservita ai Poteri forti di una città dove i poveri sono miserabili e i ricchi sono ricchissimi e potenti, e le disparità sociali sono come baratri.
Lazlo è come sempre in lotta contro i pregiudizi del suo stesso ambiente scientifico, mentre cerca invano di difendere gli ultimi della scala sociale. John Moore non accetta che il suo rapporto indiretto con Hearst ostacoli la sua visione del mondo e il suo cuore non smette di battere, anzi batte sempre più forte, per Sara, donna che rappresenta tutti quei valori alla cui difesa Moore si è votato.
La donna ha aperto una sua agenzia di investigazioni, circondata da scandalo e ostilità e non smette di guardare con amorosa pena l'analista, pur sedotta dal'attraente e appassionato Moore e dalla sua evoluzione. Intanto Lazlo, che non ha mai ben compreso i sentimenti di Sara, a sua volta si incapriccia della dottoressa Karen Stratton (Lara Pulver), una volitiva collega da cui non è ricambiato con lo stesso trasporto.
Gli amori infatti sono sempre contrastati, le passioni mai ricambiate nella giusta direzione, mai nessuno sembra amare chi davvero lo riama. In questa seconda stagione alla critica sociale si aggiunge il tema già presente del femminismo, perché Sara è ormai una donna libera e indipendente, con la sua agenzia di investigazioni dalle impiegate tutte donne. Ma deve ogni giorno scontrarsi con i pregiudizi della società maschilista e il disprezzo dei poliziotti frequentemente corrotti e incapaci.
Valida anche sul versante poliziesco, questa seconda stagione di The Alienist è come sempre un po' feuilleton (ma di classe), fra storie d'amore mal intese e una precisa critica sociale, con l'accento posto sui metodi di indagine innovativi anche sul versante scientifico oltre che psicologico, e una precisa ricostruzione dell'ambiente, non solo quanto ai ricchi costumi, alle eleganti ambientazioni e agli esterni ricostruiti con cura, ma in senso sociale e politico. Pesa l'oppressione minacciosa di quell'ambiente classista e misogino, che avrebbe portato in poco tempo alle rivendicazioni delle suffragette.
Musiche sempre suggestive (specie il tema dei titoli di coda) scritte da Bobby Krlic (noto anche sotto lo pseudonimo di The Haxan Cloak), che si era fatto notare per il film Midsommar. Produce ancora Cary Fukunaga, già regista della prima serie di True Detective, di cui recupera toni e atmosfere (anche gli autori dei titoli di testa della prima stagione, Studio Elastic, erano gli stessi).
Eppure fa la sporcizia immonda, l'assenza totale di moralità, l'efferatezza dei delitti, il peso delle ingiustizie sociali, il progresso lentamente continua a procedere, con una forza inarrestabile, indomabile.
Nonostante la negatività dell'animo di molti esseri umani, un percorso virtuoso sembra essere quasi inevitabile. Ma quanto è lento, fragile e doloroso.