Alziamo il sipario sui nuovi Microsoft Studios - articolo
Ecco chi sono gli sviluppatori del rilancio di Phil Spencer.
Phil Spencer è sceso dal palco dell'E3 con un sorriso soddisfatto impresso sul volto; ancora non sapeva che la conferenza Microsoft sarebbe diventata la più seguita dell'intero Expo, ma decine di nuove produzioni si erano appena mostrate al mondo sotto l'ala protettrice della casa di Redmond.
Mentre più di un peso massimo sgomitava per catturare l'attenzione del pubblico, la notizia della presentazione dei nuovi Microsoft Studios rimbalzava tra testate di settore e analisti finanziari. Se l'operazione dovesse andare in porto, si tratterebbe della migliore risposta possibile a chi tacciava Microsoft di aver rinunciato a competere direttamente sul piano dei contenuti esclusivi.
Cinque i nomi del possibile rinascimento: Ninja Theory, Playground Games, Undead Labs, Compulsion Games e i neonati The Initiative, sono le fondamenta su cui Matt Booty, nuovo Head degli Studios, intende costruire il futuro di Xbox. Oggi è ancor più evidente che in passato l'importanza di un parco titoli di bandiera, una serie di prodotti capaci di delineare chiaramente l'identità della compagnia.
Il momento in cui la console americana aveva in canna grossi calibri è un ricordo lontano, ma è ancora impresso a fuoco nel cuore degli appassionati; ed è proprio dalle richieste dei fan che Microsoft vuole ripartire, promettendo nuovi titoli first party e libertà totale nella gestione interna degli studi.
Matt Booty è stato molto chiaro nel discorso agli investitori: la nuova strategia si basa sull'ampliamento dei mondi più amati e sulla realizzazione di titoli completamente nuovi per intensificare il legame con la piattaforma. Non si tratta di un'operazione già conclusa: quelle di Microsoft sono infatti semplici lettere di intenti, e non è detto che gli Studios possano contare fin da subito su dodici entità indipendenti.
In attesa di aggiornamenti, analizziamo la storia e le ambizioni dei potenziali affiliati, svelandone punti di forza e criticità nel tentativo di inquadrare le future produzioni.
Ninja Theory
Il cammino di Ninja Theory s'intreccia con quello di Microsoft fin dal momento della loro fondazione: il debutto nell'industria avvenne con Kung Fu Chaos, titolo pubblicato per Xbox nel lontano 2003 sotto la sfortunata etichetta di Just Add Monsters. Il successo commerciale faticò ad arrivare a causa di una cattiva gestione della comunicazione, e Microsoft decise di mettere fine al franchise una volta per tutte.
Colpiti, ma non affondati, i JAM rinunciarono al codice Xbox e si dedicarono allo sviluppo di una IP completamente nuova; una IP che non avrebbe mai visto la luce del sole, perché la casa madre Argonaut Games, nota per Croc: Legend of the Gobbos, finì in liquidazione a seguito di pesanti problemi finanziari.
I Just Add Monsters si dimostrarono duri a morire: scelsero di diventare indipendenti assumendo l'identità di Ninja Theory e si misero immediatamente al lavoro su Heavenly Sword, che secondo la loro visione avrebbe rivoluzionato il genere action-adventure attraverso tecnologie di ultima generazione. Nonostante il titolo avesse ricevuto critiche positive e si fosse ritagliato una fan-base capace di considerarlo un cult, non riuscì a coprire né i costi di produzione né i finanziamenti ricevuti da una Sony piuttosto invadente in fase di sviluppo. Col cuore spezzato, la compagnia tentò un'ultima sortita attraverso Enslaved: Odissey to the West, ma neppure il supporto di Namco Bandai fu abbastanza per convincere il pubblico.
Inaspettatamente, Capcom scelse Ninja Theory per sviluppare DmC, il discusso reboot dell'immortale serie di Devil May Cry. Hideaki Itsuno supervisionò il progetto in prima persona, scegliendo un team occidentale per introdurre la produzione al mercato di massa e, nonostante le numerose minacce di morte ricevute dai membri dello staff, DmC conquistò la vetta di alcune classifiche di vendita.
Non abbastanza per i Ninja Theory per raggiungere l'agognata indipendenza economica, col risultato che lo sviluppatore dovette mantenersi a galla attraverso una partnership con Disney per Disney Infinity. I costi di produzione aumentavano anno dopo anno ma, nonostante la penuria di investimenti, il team dimostrò una certa lungimiranza sul piano creativo, presentando ai publisher un prototipo di shooter MMO che, se non fosse stato per l'annuncio del primo Destiny, sarebbe forse approdato sulle nostre console.
L'oramai radicata condizione di sviluppatore indipendente spinse il management a mettere tutte le risorse rimaste nella release di Hellblade: Senua's Sacrifice, acclamata opera psicologica che, finalmente, è riuscita a generare profitti per oltre 13 milioni di dollari a fronte di un team di soli 15 elementi. Insomma, la Ninja Theory attuale sembra aver trovato la sua dimensione nella filosofia del "tripla A indipendente", conquistando una terra di mezzo tra l'universo indie e le produzioni massificate. Proprio per questo motivo è difficilissimo ipotizzare il contributo creativo alla causa di Microsoft, che grazie all'apporto dello studio potrebbe guadagnare una buona dose di ricerca e innovazione.
Playground Games
I Playground Games sono come il whisky buono: viene dal Regno Unito, ha il giusto tasso di invecchiamento ed è un blend incredibile. Nonostante il marchio sia nato nel 2009, il team è costituito da veterani dell'industria: c'è un pizzico di Codemasters, una spolverata di Criterion Games, una nota di Ubisoft Reflections e tante altre piccole contaminazioni.
La software house ha una breve storia alle spalle e lavora attivamente su una singola IP. Ma che IP! Forza Horizon ha infatti monopolizzato il mercato dei racing arcade, inventando uno stile completamente nuovo e regalando elementi dell'esperienza open-world ad un genere tradizionalmente piatto.
Si tratta dello studio da cui aspettarsi l'apporto maggiore, anche a fronte delle dichiarazioni dei membri della squadra, che sembrano 'leggermente' convinti dei propri mezzi. A nostro parere non c'è niente di male in un pizzico di arroganza alla Josè Mourinho, quella che fa presa sul pubblico quando arrivano risultati importanti.
Sta di fatto che se Playground Games mettesse nello sviluppo di nuove IP la stessa expertise dimostrata nella gestione di Forza Horizon, probabilmente non ce ne sarebbe per nessuno. Effettivamente, è la candidata numero uno a diventare per Microsoft ciò che Naughty Dog rappresenta per Sony.
Undead Labs
Nel 2010 il mondo dei non morti era in fermento grazie all'enorme successo di The Walking Dead ed esperienze videoludiche in continua crescita, dal blasonato Left 4 Dead alla parentesi zombie di Treyarch nel nuovo corso di Call of Duty. Come suggerito inequivocabilmente dal nome, il focus dello studio di Jeff Strain sarebbe stato lo sviluppo di esperienze dedicate alle creature di George A. Romero.
Una scelta che culmina nella nascita della serie State of Decay, forte presa di posizione nei confronti dei titoli survival-gestionali. Dopo un esordio soddisfacente, la seconda release ha evidenziato qualche incertezza tecnica nel design dell'apparato online, ma la spinta ricevuta da Xbox Game Pass è stata in grado di sopperire a queste piccole mancanze.
Vale la pena analizzare la breve sortita di Undead Labs nel mercato mobile, che non ha avuto gli effetti sperati: dopo un periodo di beta su iOS e un early access su Steam, il progetto Moonrise è stato cancellato nell'indifferenza generale. Non resta che scoprire se il team di Jeff Strain sia in grado di adeguarsi a un mercato nel quale gli zombie trovano sempre meno spazio, tenendo a mente che il diretto competitor Techland può contare su Chris Avellone per il suo Dying Light 2.
Compulsion Games
Senza alcun dubbio, Compulsion Games rappresenta il nome più alieno alla filosofia tradizionale di Microsoft. Guillaume Provost fonda il team nel 2009, prestando la manodopera alla realizzazione di titoli di terze party come Darksiders e Dungeons & Dragons: Daggerdale, senza disdegnare un mercato mobile al quale si avvicina con lo sconosciuto Arthur Christmas: Elf Run.
Finalmente debutta il primo software proprietario: in pochi ricordano Contrast, ma l'opera ebbe il merito di distinguersi con il suo stile noire anni '20, e attraverso un gameplay tra le due e le tre dimensioni. Nonostante un'atmosfera impattante, il titolo non fu in grado di convincere la critica e raccolse in alcuni casi voti inferiori alla sufficienza, spegnendo parte dell'entusiasmo di Compulsion.
Quando We Happy Few fu mostrato al grande pubblico, in tantissimi rimasero stupiti dall'impronta artistica e dalle contaminazioni narrative che spaziavano dalla distopia di Orwell a Brazil di Terry Gilliam. Si tratta di un calderone dall'immenso potenziale che debutterà ad agosto di quest'anno nella sua prima release ufficiale.
Certo, la formula in game preview non è stata in grado di convincere fino in fondo, ma un giusto livello di cura dedicato all'apparato narrativo potrebbe trasformare il titolo in una piccola gemma. Probabilmente, lo studio diventerà un jolly importante nel futuro di Microsoft.
The Initiative
The Initiative sarà un nuovo studio proprietario con sede a Santa Monica, ed è probabile che entri in diretta competizione con Santa Monica Studios. Passateci il gioco di parole, perché non stiamo facendo della facile ironia: il boss Darrell Gallagher è infatti noto per aver diretto le ultime avventure di Lara Croft sotto Crystal Dynamics. L'expertise dei vertici è dunque cucita attorno ai classici action in single player, con un focus sull'esplorazione e un gameplay accessibile e interattivo.
Darrell ha un curriculum di tutto rispetto, avendo spaziato tra generi e software house completamente diverse; c'è il suo zampino nella serie di Call of Duty così come nel recente remake di Crash Bandicoot, ha preso le redini di Hitman e ha prestato il suo contributo al lancio di Destiny 2. Una figura dirigenziale come Gallagher avrà il merito di attrarre grandi professionisti verso il neonato studio, ed è probabile che metta in moto un processo di rinnovamento per quelle IP Microsoft volte a proporre le avventure più tradizionali.
Gli effetti di un'acquisizione tanto massiccia non si vedranno certamente nel breve periodo, e chiunque sogni il ritorno immediato di Microsoft nell'Olimpo delle esclusive dovrà accontentarsi ancora per qualche tempo del trio di bandiera Halo-Gears-Forza, tenendo a mente che le prime due saghe cominciano a scricchiolare sotto il peso delle critiche.
Quel che è certo è che Microsoft aveva bisogno di un'iniezione di creatività, e potrebbe riuscire ad ottenerla fugando al tempo stesso ogni dubbio riguardo la dedizione allo sviluppo di nuove esclusive first party. Sony ha molti anni di vantaggio lungo questo percorso ma è anche vero che chi ben comincia è a metà dell'opera; per avere risposte certe non ci resta che attendere risultati concreti, senza dimenticare che manca ancora una conferma ufficiale dell'intera operazione.