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An American Pickle Recensione: Un Seth Rogen un po' Borat

Tu vuò fà l'americano?

Seth Rogen è un attore/autore americano forse più noto per la sua faccia che per il suo nome, almeno in Italia. È un simpatico "ragazzone" (anche se ormai è quasi quarantenne), che per anni ha interpretato in sostanza lo stesso ruolo, lo strafattone/fallitone, attaccato al suo bong mentre in vestaglia si aggira in mezzo a cartoni di pizza e videogame, vanamente impegnato a conquistare qualche ragazza.

Ha sempre dato l'impressione di essere sovrappeso, anche quando ha cercato di mettersi in linea, beccandosi così feroci prese in giro nel film Funny People. Fa parte di un gruppo di fedeli amici/creativi come il regista Judd Apatow (con cui ha collaborato spesso a partire da 40 anni vergine) e lo abbiamo visto in un sacco di film, in generale commedie sentimental/demenziali, come Molto incinta, Tu, io e Dupree, Suxbad, Strafumati.

Ma il simpatico personaggio è molto altro, dopo anni a fare il cabarettista (stand-up commedian, come si dice nei paesi anglosassoni) e girare tanti film e serie tv, ha scritto e prodotto molti film migliori, che meritano giudizi positivi, sempre che si entri nel mood del suo particolare sense of humor, per la cui formazione non può non avere avuto un influsso la sua educazione ebraica.

Un ebreo errante nel tempo.

Parliamo del romantico e malinconico Take This Waltz, il succitato Funny People, l'originale 50 e 50, l'esilarante This Is the End, il satirico The Interview, la commedia Non succede, ma se succede, in cui finiva per far innamorate di sé la stratosferica Charlize Theron. Bel percorso, per uno che vagava in flip flop facendosi canne a oltranza. Ha inoltre scritto e prodotto anche le ottime serie tv Preacher e The Boys, perché è pure un appassionato di fumetti. E ha doppiato molti film in animazione (Kung Fu Panda), oltre ad uno dei film politicamente più scorretti degli ultimi anni, Sausage Party, da lui anche scritto.

Tutto questo per arrivare a dire che ha quindi suscitato interesse l'uscita in streaming su varie piattaforme di An American Pickle (Un cetriolo americano), titolo che insieme alla breve sinossi prometteva bene. La sceneggiatura è di Simon Rich, che trasporta su grande schermo il suo racconto Sell Out, scritto nel 2013. A dirigere è Brandon Trost, che ha lavorato con Rogen come direttore della fotografia in diversi film. Siamo nel 1919 e il protagonista Hershel campa scavando fossi nel fango dell'Europa dell'Est. Incontra Sarah, l'amore della sua vita (l'attrice Sarah Snook, nota agli appassionati della serie Succession), anche lei impegnata nella quotidiana lotta per la sopravvivenza, dalla quale si consolano con pochi sogni. La massima ambizione è provare l'acqua frizzante ma soprattutto comprarsi l'appezzamento per la propria tomba.

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Si sposano ma, vessati dalle incursioni dei feroci cosacchi strafatti di vodka che sterminano ebrei per hobby, fuggono in America, in cerca di una vita migliore. Là però le cose non vanno benissimo e Hersh finisce ad ammazzare topi in una fabbrica di cetrioli. Dove un giorno cade dentro un serbatoio di salamoia, proprio mentre la fabbrica sta per essere chiusa per sempre. La qualità della salamoia però è tale che lo preserva intatto per 100 anni, fino ai giorni nostri, quando viene casualmente ritrovato, diventando un fenomeno social. Le autorità cercano i suoi discendenti ma solo uno ne è rimasto, Ben, un pronipote solitario, un nerd pieno di fisime e politiche correttezze, che da anni sta sviluppando un'app che non ha il coraggio di proporre al mercato. Inizialmente si prende cura dell'avo ma lentamente le loro diversità li metteranno uno contro l'altro.

Hersh però non è uno che accetta di mettersi in disparte e inizia da solo un'attività che lo porta al successo. Che oggi è determinato dalla comunicazione social ovviamente, sulla quale farà leva l'invidioso Ben per cercare di rovinarlo. Ma per un po' ogni sua rancorosa e subdola trappola gli si ritorcerà contro, perché farà acquistare a Hersh sempre maggiore credito presso le masse, che sono assai ondivaghe. Finché Hersh non incappa in una dichiarazione su Gesù che gli aliena il favore delle folle, fino a quel momento disposte a leggere in chiave positiva qualunque sua esternazione, anche la più retriva (il tipo in fondo è un campagnolo ebreo dei primi del 1900).

Il vecchio e il nuovo a confronto.

Ma negli 88 minuti della narrazione, ci saranno ancora diversi ribaltamenti di scena, che porteranno a una conclusione meno surreale e più malinconica del previsto. Tutta la narrazione è permeata da uno humor che non fa mai ammazzare dal ridere ma fa sorridere spesso, con la sua satira quasi rassegnata e un amaro sarcasmo a prendere di mira l'impossibile conciliazione fra vecchio e nuovo, fra la storia dei primi del secolo scorso e quella attuale, allora cosacchi e pogrom nella steppa, oggi i campi di battaglia quasi più feroci dei social, della burocrazia, della "politica correttezza", dai quali proprio non c'è salvezza.

Ma chi è più forte, uno che è sopravvissuto ai cosacchi ed è partito in cerca del suo sogno lontanissimo o uno che passa le sue giornate fra il suo appartamentino a Brooklyn, Starbucks e gli schermi dei suoi Pc, cincischiando su dettagli minimi tanto per non dover prendere mai decisioni definitive? Insomma chi ha gli attributi e a chi sono stati lentamente tolti? Chi è più forte, uno legato alle sue origini, da cui trae la forza per combattere, o l'altro disilluso e interiormente sconfitto? Uno che sulle macerie va avanti a marciare o l'altro che non osa più fare un passo fuori dal suo orticello? Il film sconta l'inevitabile effetto-Borat solo per l'accento però, perché la sostanza è ben diversa. Seth Rogen si divide bene fra i due ruoli, credibile sia come Hersh, aggressivo e senza filtri, che come Ben, passivo molto aggressivo.

Che anche Rogen a 40 anni abbia voglia di riconciliarsi con le sue origini, in un atto di autoaccusa per essere diventato una versione all'acqua di rose di qualche combattivo antenato, perse le sue radici nel processo di "americanizzazione" delle terze e quarte generazioni? Se la vita è un lungo viaggio verso il proprio sogno, può capitare che faccia un suo lungo giro per poi farti tornare dove era iniziato.