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Antebellum - recensione

“Il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato” (Faulkner).

Antebellum è un film definito horror/mistery, scritto e diretto da Gerard Bush e Christopher Renz, abbinata black &white al loro primo lungometraggio.

Si apre su un panorama che abbiamo imparato a conoscere bene, una piantagione di cotone su cui sventola la bandiera sudista, dove uomini ma soprattutto donne di colore lavorano in stato di schiavitù, vessati da feroci aguzzini. Infatti l'apertura è proprio sulla cattura di una giovane donna che aveva tentato la fuga e sul castigo sadico inflitto a chi si era unito a lei.

Seguono poi varie altre nefandezze compiute dai bianchi, che indossano le divise dell'Unione e usano la manodopera a disposizione non solo per il lavoro nei campi. Infatti la povera Eden (questo è il nome della fuggitiva, interpretata da Janelle Monáe) è brutalizzata e usata sessualmente dal Colonnello del campo. Altri schiavi intanto arrivano, attoniti e terrorizzati, tutti piegati alle terribili regole, pena feroci esecuzioni. In fondo al campo infatti fuma una baracca per le cremazioni.

Ci sono due punti di snodo nella narrazione, uno a un terzo e l'altro a due terzi del film, che ribaltano bruscamente quanto stiamo guardando, introdotti dallo squillo di un cellulare. E questo ha l'effetto immediato di ravvivare l'interesse, perché determina due interessanti svolte.

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La prima parte sembra un incubo a occhi aperti, una versione più rozza di 12 anni schiavo e, mentre si inizia a interrogarsi sul senso di un'ennesima riproposizione di orrori ben noti, la prima svolta ci porta bruscamente nella modernità. Dove ci troviamo davanti a Veronica (sempre Janelle Monáe, quasi fosse una reincarnazione della sventurata Eden), che però nei giorni nostri è un'affermata scrittrice e attivista per i diritti delle donne, bianche o di colore che siano, bel marito innamorato, adorabile figlioletta, casa di lusso chic.

La seguiamo durante una trasferta a New Orleans, in cui viene in contatto con un'antipatica giornalista (Jena Malone, che è uguale alla padrona di casa nella tenuta schiavista). Con Veronica ci sono due sue amiche, una bianca, Lily Cowles (Rosewell, Braindead) e una nera (Gabourey Sidibe, la ragazza di Precious, vista poi in American Horror Story ed Empire). Un gruppetto di donne di successo ormai affrancate da qualunque schiavitù, ricche, famose e anche un po' irritanti nella loro arroganza da minoranza che deve sempre dimostrare qualcosa e crede di averlo fatto.

A questo punto mentre si inizia a pensare a piani temporali paralleli, a reincarnazioni o contrapposizioni semplicistiche fra passato e presente, avviene il secondo colpo di scena, che riconduce la storia nell'ambito mistery, come dichiarato nelle intenzioni e aspetto finora latitante, rendendo la visione molto più gustosa.

Veronica, una donna padrona della propria vita.

Non si può davvero raccontare di più per non spoilerare e nemmeno vogliamo fare paragoni con altri film o serie tv, perché potrebbero instradare nella soluzione del puzzle e non è in caso. La conclusione nella sua progressione è discretamente ansiogena e dopo un girl fight che riserva qualche soddisfazione, si chiude con un finale scenograficamente suggestivo, in cui si comprende cosa significhi la parola del titolo.

Quanto al cast, Janelle Monáe, musicista oltre che attrice, che deve arrivare al finale per dare il suo meglio, la ricordiamo anche in Moonlight, Il diritto di contare, la serie Homecoming. Malone ha un nome di battesimo che rispecchia qui benissimo il suo personaggio di indomita suprematista bianca. I tre sadici sudisti che si fanno notare nella massa delle altre carogne sono Jack Huston, della nota dinastia, Eric Lange (un veterano, visto in numerose serie tv e film come Perry Mason, The Man in High Castle, Waco, The Bridge, Lost) e il più giovane Robert Aramayo (Game of Thrones, Mindhunter).

Contrariamente a quanto ammiccano le locandine non è Jordan Peele a produrre ma, fra altri, si tratta di Sean McKittrick, che nel suo carnet, prima di Scappa- Get Out, BlackKklansman e Noi, ha film meno indirizzati politicamente, come Southland Tales, The Box e perfino Donnie Darko.

Eden, una donna ridotta a puro oggetto di servizio.

Il messaggio potrebbe essere di non abbassare mai la guardia, che quello che è stato molti vorrebbero che tornasse e che certe avversioni, certi odi hanno radici lontane che non avvizziscono mai. Ma questo emerge senza avere la sensazione di stare subendo una lezioncina morale, senza cercare necessariamente di farci sentire in colpa. Che quello un po' lo sappiamo (di più lo sanno negli USA), ma ogni tanto chiediamo tregua. Il film visibile è su Amazon Prima da oggi.