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Perché Arcane è il miglior prodotto mai tratto da un videogioco - editoriale

E cosa gli altri videogiochi dovrebbero imparare dalla sua sonora lezione.

Anche se in Italia non ne abbiamo ancora la piena percezione, probabilmente a causa del fenomeno Squid Game che continua a catalizzare l'attenzione dei media, la serie Arcane di Netflix, tratta dall'universo narrativo di League of Legends, si è imposta in oltre 52 paesi come la produzione più vista della piattaforma, trasformandosi al contempo nel prodotto di maggior successo fra quelli tratti da un videogioco.

Una situazione che, ingenuamente, si potrebbe ascrivere alle colossali dimensioni del video-game firmato Riot Games, quello che ogni anno annichilisce le metriche del Super-Bowl attraverso il suo mondiale di esport, quello che è stato capace di radunare oltre 180 milioni di giocatori nell'arco di una decina di anni, quello che funge da metro di paragone per qualsiasi azienda volesse tentare l'ingresso nel mercato dei "live game", i titoli studiati per durare anni senza spegnersi mai.

Che Riot Games abbia dimostrato un talento incredibile nell'affascinare la sua immensa base installata e catturarla per anni nella Landa degli Evocatori che fa da sfondo alla modalità regina dell'opera, non è certo un segreto. Ma riuscire a realizzare un valido prodotto cinematografico o televisivo capace di trascendere il confine del videogioco? Beh, è tutta un'altra storia ed è una di quelle lastricate di cadaveri, dal momento che la maggior parte dei progetti di questo genere hanno fallito miseramente nei loro scopi.

Sono emblematici casi come quello di Final Fantasy, storico brand di Square-Enix, che attorno al 2001 puntò tutto sulla produzione del film The Spirits Within che per poco non costò la bancarotta all'ormai sepolta Squaresoft. È successo anche alla pellicola dedicata ad Assassin's Creed, che nonostante la presenza di Michael Fassbender non riuscì a soddisfare né gli appassionati del video-game né tanto meno i cinefili. C'è poi una origin story di World of Warcraft che, non fosse stato per gli incassi al botteghino cinese, non avrebbe mai potuto sperare di ripianare l'investimento iniziale.

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Negli ultimi anni, dopo una lunga attesa dovuta a una sorta di sindrome da stress post-traumatico, cinema e serie TV sono tornate a mescolarsi con il medium del videogioco, sfornando show come The Witcher e lungometraggi come Tomb Raider. Se guardiamo al futuro, con HBO e Amazon che hanno messo in cantiere due potenziali kolossal come le produzioni tratte da The Last of Us (con Pedro Pascal) e Fallout (scritta da Jonathan Nolan), sembra che si stia per alzare il sipario su una prima età dell'oro della categoria.

Senza sfera di cristallo è impossibile prevedere il possibile impatto di questi progetti, ma una cosa ci sentiamo di affermarla con discreta sicurezza: è molto difficile che qualsiasi opera futura tocchi le stesse vette che Riot Games è stata in grado di raggiungere con la sua Arcane.

Arcane è avvolta da una magia che le ha permesso di sorprendere i milioni di appassionati di League of Legends che da secoli bramavano un approfondimento del mosaico narrativo, e al tempo stesso di catturare nel suo vortice un'incredibile mole di persone che il MOBA di Riot Games non sapevano nemmeno cosa fosse.

Questa collisione tra estremi del pubblico ha dato origine a un ponte transmediale capace di premiare tutti gli elementi del matrimonio, puntando i riflettori sulla qualità artistica del videogioco e avviando un vero e proprio scambio culturale fra consumatori.

La storia di Vi e Powder è un pretesto per catturare vecchi e nuovi fan nell'immenso potenziale inespresso della lore del videogioco.

Nel mio piccolo, ad esempio, pur conoscendo qualche sfaccettatura dell'universo di Riot Games non mi ero mai perso sulle sponde del videogame, ma attratto dalla strabiliante qualità della serie animata mi sono trovato a confrontarmi con gli appassionati discutendo per ore della "lore", delle ambientazioni, e soprattutto di quanti altri ricettacoli narrativi potrebbero nascondersi dietro la stilizzata caratterizzazione dei personaggi disegnata dagli sviluppatori del MOBA.

Ma ancor più importante è ciò che hanno vissuto loro, quelle persone che nella Landa trascorrono gran parte del tempo libero e che non vedevano l'ora di tuffarsi nel mondo oltre lo schermo come nella tana del Bianconiglio. Persone che nell'impressionante ambientazione di Zaun e Piltover hanno trovato carburante prezioso per alimentare il sottile legame con tutti i personaggi che - a tratti inspiegabilmente - amavano, regalando nuova sostanza alle loro storie e ai loro caratteri, dando forma a quelle che fino ad ora erano semplici fantasticherie.

È una cosa rara, anzi, rarissima. Guardando all'intero medium del videogioco è molto difficile trovare universi narrativi appena abbozzati eppure pronti a dischiudersi come scrigni del tesoro, e ci viene in mente forse il solo Overwatch fra le opere che sarebbero capaci di raggiungere il medesimo obiettivo.

Ma anche nel caso dello sparatutto di Blizzard Entertainment sarebbe difficile ottenere un risultato altrettanto rotondo: il solo fatto che si basi prevalentemente su scontri a fuoco, ad esempio, rappresenta un grosso limite al potenziale cinematografico delle animazioni che ha contribuito a rendere Arcane un'opera straordinaria.

Fra tutti gli universi videoludici, quello di Overwatch è probabilmente il solo che possa ambire a produrre qualcosa di simile ad Arcane.

Già, perché a prescindere dagli effettivi contenuti e dal peso specifico della componente League of Legends, Arcane è un saggio di maestria dell'animazione e sfoggia un comparto tecnico finora ineguagliato nel panorama delle serie episodiche. I concept artist di Riot Games sono sempre stati una delle colonne portanti alla base del successo della casa, e anche se poteva sembrare impossibile rendere giustizia alla loro fantasia, la partnership con lo studio francese Fortiche ha prodotto una sintesi perfetta tra i maggiori punti di forza dell'animazione e quelli della cinematografia.

La fusione fra la più tradizionale grammatica del cinema e la possibilità di piegare la realtà offerta dall'animazione, è esplosa in un risultato tanto equilibrato da faticare a scontentare qualcuno. Chi è distante dall'opera disegnata finisce per dimenticare di trovarsi al cospetto di una serie animata, mentre persino coloro che sono cresciuti a pane e anime non possono fare a meno di notare dettagli e coreografie ben al di sopra della media della categoria.

Il che, se ci pensate, è parte del minimo comune denominatore dietro il successo di Arcane: la capacità di accontentare tutti senza sforzo. Fan del videogioco e cinefili, appassionati di serie TV ed esperti dell'animazione, studiosi dell'universo narrativo di League of Legends e persone che per la prima volta sbirciano il mondo di Runeterra. Un'impresa, questa, che fino al lancio dello show non era mai riuscita ad alcun produttore che si fosse confrontato con il ricchissimo scatolone dei videogiochi.

Un'impresa che forse rappresenta la conseguenza diretta della scelta di arricchire il brand anziché spremerlo, di raccontare anziché replicare. Quando il titolo di un video-game finisce su una locandina, la tendenza è quella di riproporre le storie che già hanno dimostrato tutto il proprio valore nei mondi fatti di pixel, mentre Riot Games ha sfruttato le città di Piltover e Zaun per elevare a potenza l'esperienza dei fan e per catturare nella rete un pubblico tutto nuovo.

Capolavoro? Cult? Non è importante: la speranza è che Arcane si riveli un'opera seminale.

Lo ha fatto attraverso una narrativa semplice, che rifiuta di mettere i nudi avvenimenti al centro della sceneggiatura per trasformare, invece, ciascuno scenario e ciascun personaggio in un potenziale protagonista. Certo, c'è la storia delle sorelle Vi e Powder, ma è evidente che lo scopo sia stato quello di donare la vita a un mondo intero, sorretto dalla potenza dei dettagli e dalla caratterizzazione dei comprimari, per dipanare solamente una minima sezione della nebbia che avvolge il potenziale creativo dietro il videogioco.

Una cosa è certa: ne vogliamo di più. E non stiamo parlando solamente di Arcane e della prima vicenda narrata, non stiamo neppure parlando solamente di Riot Games: stiamo parlando di uno sfruttamento assennato dell'anima che sorregge i grandi videogiochi. Ora che almeno alcuni dei segreti dietro il successo di opere di questo genere sono stati svelati, la speranza è quella di assistere a una corsa verso la realizzazione di produzioni di questa entità, ma come brevemente accennato è molto difficile individuare potenziali competitor.

Forse Jonathan Nolan, già sceneggiatore della maggior parte dei film di suo fratello Christopher, riuscirà a fare qualcosa di simile con l'universo di Fallout. Ma oltre il videogioco di Bethesda? Quali mondi sarebbero in grado di regalare prodotti arricchenti, e quindi non semplici repliche dell'opera originale come si prospetta invece The Last of Us, capaci di avere un impatto anche lontanamente simile a quello di Arcane?

Fermo restando che quello di Overwatch a nostro avviso rimane il candidato numero uno, tirando a indovinare diremmo che la galassia di Mass Effect potrebbe avere un discreto potenziale, magari la Rapture al centro di Bioshock, oppure l'universo di Final Fantasy Tactics. La condizione essenziale è che ci sia una certa dose di "non-raccontato" da cui attingere, in modo da veicolare le emozioni attraverso entrambi i media e realizzare prodotti che riescano a brillare a prescindere dal punto di vista dell'osservatore.

L'unica produzione all'orizzonte che potrebbe avere conseguenze simili è Fallout secondo Johnatan Nolan e Lisa Joy.

Forse parte del segreto risiede anche nell'attaccamento che Riot Games ha dimostrato di provare nei confronti della sua opera creativa, supervisionando il progetto in prima persona anziché affidandosi ciecamente alle mani di terze parti. Perché sì, spesso gli autori di videogiochi riversano un amore sconfinato all'interno delle proprie opere, ed è un peccato constatare come la storia di questo genere di produzioni sia costellata di progetti che si sono rivelati al limite del dannoso.

La speranza è che Arcane si riveli non un capolavoro, non un cult, bensì un'opera seminale, un fenomeno capace di dimostrare ai creatori di alcuni fra gli universi più ispirati e affascinanti di ogni media che esiste una strada per rendergli giustizia. Ci piacerebbe vedere operazioni di questo genere sempre più spesso, ma al momento non riusciremmo ad indicare alcun papabile comparativo all'orizzonte.

Per adesso possiamo consolarci con Arcane, che è senza dubbio la migliore opera mai tratta da un videogioco.

Avatar di Lorenzo Mancosu
Lorenzo Mancosu: Cresciuto a pane, cultura nerd e videogiochi, i suoi primi ricordi d'infanzia sono tutti legati al Super Nintendo. Dopo aver lavorato dentro e fuori dall'industry, è finalmente riuscito ad allontanarsi dalle scartoffie legali e mettere la sua penna al servizio di Eurogamer.it.
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League of Legends: Wild Rift

Android, iOS, PS4, Xbox One, Nintendo Switch

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