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Army of Two: The 40th Day

Una bomba inesplosa?

Attenzione, però, perché l’IA ha comunque i suoi momenti problematici. Potremo contare sul vostro compagno ma capita a volte di essere costretti ad andarlo a salvare perché si espone troppo al fuoco nemico, sparando a casaccio e mettendo a serio rischio anche la nostra sopravvivenza. Tutto diventa più difficile quando ci troviamo di fronte al salvataggio di determinati ostaggi e la sua esposizione quasi casuale al nemico va totalmente a discapito delle vita dei civili che dovremmo portare in salvo.

Il loro salvataggio non è fondamentale ma è importante per ottenere denaro extra e l’accesso a nuove armi. È un problema perché a volte il nostro partner prende la decisione più azzardata e magari, invece di coprirci semplicemente le spalle dopo l’irruzione all’interno di una stanza che pullula di nemici ed ostaggi, rompe i vetri di una finestra e comincia a sparare all’impazzata, facendo saltare tutti i nostri piani di avanzata silenziosa.

Naturalmente, l’idea alla base del gioco è che le missioni vengano affrontate con un altro giocatore umano, con il quale potersi coordinare alla perfezione. Ma a parte i momenti in cui bisogna salvare degli ostaggi, tutto il resto non incoraggia ad affrontare le situazioni con un tatticismo stealth, anzi, Army of Two non dà alcun incentivo a tenere questo atteggiamento, spingendoci invece verso la direzione del “riprova e controlla”.

È proprio in questo momento però che parte inesorabile il confronto con l’episodio passato. Mentre gli scontri a fuoco sono stati migliorati rispetto al 2008, la struttura di gioco a livello generale è rimasta la stessa, con molte caratteristiche secondarie e abilità che continuano a non avere un peso specifico ai fini dell’economia del gioco.

I momenti schiena-contro-schiena in slow-motion tornano inesorabili, soprattutto durante le incursioni.

Gli upgrade delle armi, per esempio, sono più vari (possiamo cambiare le parti di ogni arma indipendentemente dalla classe raggiunta per creare il nostro arsenale ibrido preferito) ma pur giocherellando con le varie opzioni, ci si accorge che un fucile vale l’altro e che la maggior parte delle situazioni non richiede l’uso di un’arma piuttosto che un’altra. Stesso discorso per le operazioni in co-op: sono divertenti ma non così necessarie per venire a capo di determinate problematiche.

Anche l’introduzione di alcune scelte morali non è così ispirata. Durante la storia saremo chiamati a prendere delle decisioni riguardanti il destino di un personaggio: in genere si tratta di decidere per la vita o la morte ma poi non si riscontrano delle conseguenze tangibili a livello di storia.

Più o meno come il suo predecessore, The 40th Day ci offre una campagna abbastanza corta e con una rigiocabilità decisamente bassa. Ci sono sette capitoli, di cui appena un paio durano il “giusto” e mantengono un senso ai fini del copione, mentre il resto rimane fin troppo sul generico. In tutto siamo riusciti ad accumulare all’incirca sei ore di gioco, con una storia che comincia a farsi coinvolgente soltanto verso le battute finali…