Arrivederci Super Smash Bros Ultimate, sei stato il migliore - editoriale
Fine dei contenuti post lancio per il picchiaduro più venduto e giocato di sempre.
La storia che vogliamo raccontare oggi è talmente fresca e potenzialmente impattante da risultare estremamente complessa da leggere indossando le lenti appannate della contemporaneità. Perché per noi che il progetto Super Smash Bros. Ultimate l'abbiamo visto nascere tre anni fa, l'abbiamo vissuto nel corso della sua rapidissima impennata, e oggi continuiamo ad osservarlo mentre si appresta a spiccare il volo, è ancora molto difficile rendersi conto di cosa abbia realmente significato per il mondo dei videogiochi.
Vedere interagire sul medesimo schermo icone agli antipodi come Mario, Solid Snake, Cloud e Sephirot, il karateka Ryu, un villain come Kazuya Mishima, per non parlare di Steve direttamente da Minecraft o del redivivo Banjo con l'amica Kazooie, ha rappresentato un'occorrenza unica per chi segue il medium, un rarissimo spettacolo di vera magia che molto probabilmente non si ripeterà più.
Così come potrebbe non ripetersi l'intero incantesimo messo in scena dalla serie: Masahiro Sakurai, che ormai si è conquistato un posto di diritto nell'Olimpo del settore, era già molto affaticato prima ancora di iniziare questo lunghissimo viaggio. E se ha scelto di imbarcarsi in una simile interminabile odissea per poi portarla a termine come un generale navigato è solo perché Satoru Iwata, poco prima di lasciare questo mondo, gli affidò le redini del progetto domandandogli personalmente di realizzare un nuovo capitolo di Super Smash Bros.
Nei giorni scorsi, sfinito dopo quelli che molto probabilmente sono stati anni di lavoro senza la benché minima sosta, Sakurai ha calato il sipario sulla sua opera magna presentando al mondo Sora, pescato direttamente dall'universo di Kingdom Hearts, un personaggio che sedeva da anni in vetta alle classifiche del più desiderato dagli appassionati. Non è stato un vero addio, ma si è sentito il profumo dell'addio: in futuro sarà molto difficile pensare di poter ripetere o anche solo agguantare il successo dell'ultimo capitolo della serie.
Una saga, quella di Super Smash Bros, che trova le sue radici nel 1999, l'anno in cui HAL Laboratories scelse il controller a tricorno del Nintendo 64 per mettere in scena un picchiaduro brawler che avrebbe cambiato per sempre le regole del genere. Il budget a disposizione dello studio era molto basso, i personaggi erano pochi - 12 volti iconici dalle principali serie Nintendo - eppure il tessuto tecnico e l'anima del progetto si dimostrarono talmente travolgenti da tracimare nel cuore degli appassionati.
La consacrazione definitiva arrivò attraverso Super Smash Bros. Melee, che due anni più tardi si rivelò il più forte system seller nell'intera line-up di Nintendo GameCube. Si trattava di un videogioco eccezionale - probabilmente uno dei migliori mai realizzati - che scoprì di avere la straordinaria capacità di piacere a chiunque: giovanissimi, giovani, adulti, giocatori competitivi e party gamer; nessuno era immune al fascino dell'opera, che con 7 milioni di copie vendute diventò il gioco più redditizio della sua equipe.
Quello che accadde in seguito nell'orbita di Melee, d'altra parte, non avrebbe potuto prevederlo nessuno. L'enorme comunità sbocciata improvvisamente attorno al titolo cominciò a scrivere in totale autonomia le regole dell'esport moderno, quello fatto di personalità e di grandi nomi, di banter, di feud, e ancor prima che gli esperti potessero accorgersene sui grandi palchi di MLG, accanto a un gigante come Halo: Combat Evolved, c'erano personaggi come Fox e Captain Falcon intenti a fare a cazzotti di fronte a centinaia di appassionati.
Ciò accadde perché il modello fisico totalmente libero, la pura improvvisazione tecnica, e il freestyle quasi jazz che caratterizzavano l'intera meccanica di combattimento di “Smash”, non conoscevano comparativi nell'ipnotizzare il pubblico. Nato come un party-game adatto a tutti i palati, Melee finì per esser considerato uno fra i videogiochi più tecnici e complessi di tutti i tempi, facendosi largo fino a conquistare il main stage dell'EVO Championship di Las Vegas, praticamente la basilica dei picchiaduro competitivi.
L'impatto di Melee fu talmente forte da spaccare nettamente la comunità degli appassionati. Le iterazioni successive rilasciate per Wii e WiiU, ovvero Brawl e Smash 4, riuscirono nell'impresa di doppiare i numeri delle vendite del predecessore, ma nessuno fu mai più in grado di sottrarre lo scettro competitivo dalle mani del titolo per GameCube. In poche parole, da una parte c'era l'immensa folla di appassionati della vecchia guardia ancorati ai tecnicismi del passato, mentre dall'altra si ergevano i sostenitori del cambiamento trainati da un mare di giovanissimi.
È in questo contesto che alle prime luci dell'alba di Nintendo Switch, quando ancora si poteva mettere in discussione lo strepitoso successo della console ibrida, Masahiro Sakurai annunciò al mondo Super Smash Bros. Ultimate, ovvero il titolo definitivo, quello che sarebbe stato in grado di mettere tutti d'accordo, quello che avrebbe incluso tutti i personaggi della storia del franchise, quello che avrebbe inconsapevolmente disintegrato tutti i record.
Ricordate l'E3 del 2018? In molti si lamentarono perché Nintendo scelse “inspiegabilmente” di riservare quasi un'ora della sua presentazione allo showcase completo del roster di Ultimate, una scelta giudicata incosciente dai più. Oggi, a distanza di tre anni costellati di nuovi contenuti, dopo oltre 23 milioni di copie vendute, e in seguito alla collaborazione diretta di più di 15 fra i publisher più importanti del pianeta, quei quarantacinque minuti di conferenza hanno assunto un significato completamente diverso.
Ma è l'intera serie ad essere profondamente mutata nei significati: se il tessuto del mercato contemporaneo vive di campanilismo, si nutre di contenuti esclusivi e ha trovato nei puri e semplici meccanismi concorrenziali un carburante potentissimo, quella di Super Smash Bros. Ultimate è diventata una sorta di zona demilitarizzata, un palcoscenico aperto a tutti nel quale godere di un microscopico assaggio di ciò che potrebbe essere un universo dei videogiochi privo di barriere.
Link assieme a Sora, Cloud Strife con Mewtwo, Sonic contro l'Hero di Dragon Quest: una totale rottura degli schemi che è stata possibile solamente nella cornice dorata di Nintendo, il frutto di un fortunato allineamento planetario che, attenzione, potrebbe anche non ripetersi mai più. Per questo motivo vale la pena di celebrarne il successo: produzioni di questo genere rischiano di finire nel cono d'ombra degli altri innegabili valori messi in scena dall'industria videoludica moderna, dove il grande videogioco è sempre meno gioco e sempre più esperienza.
L'elemento più incredibile nell'equazione di Ultimate risiede tuttavia nel fatto che Sakurai e il suo team ce l'abbiano fatta per davvero: sono riusciti a unificare una comunità di appassionati ormai fratturata da quindici anni, riportando l'interezza della fanbase sotto un unico stendardo. I campioni del passato hanno sfidato quelli del futuro sullo sfondo di enormi manifestazioni competitive (ad alcune hanno presenziato circa 10.000 partecipanti, un record assoluto), mentre qualsiasi tipo di giocatore è riuscito a ritagliarsi spazi di sicuro e spensierato divertimento in un'opera a dir poco immensa.
Le serie di videogiochi rappresentate in Super Smash Bros. Ultimate sono oltre 200, i personaggi giocabili sono 82, le colonne sonore fra versioni originali e rivisitate arrivano addirittura a 1026, e ciascuna di esse può mettersi al servizio di uno qualsiasi dei 103 livelli tematici. Non è solamente il più grande crossover nella storia dei brand multimediali, ma un vero e proprio museo dedicato alla bruciante passione per ogni singola sfaccettatura del mondo dei videogiochi.
Un fenomeno che è riuscito a raggiungere proporzioni spropositate pur rimanendo saldamente ancorato all'orbita più stretta di Nintendo, il che rappresenta probabilmente anche il suo più grande limite. Se proviamo a immaginare un mondo nel quale Super Smash Bros. Ultimate è un titolo multipiattaforma, non ci viene difficile ipotizzare il raggiungimento di una risonanza mediatica paragonabile a quella del Fortnite di Epic Games. E a ben vedere, la società di Tim Sweeney ha adottato un modello creativo che strizza vistosamente l'occhio alla filosofia di Sakurai.
Dunque arrivederci, Super Smash Bros. Ultimate. Molto probabilmente non ci rendiamo ancora conto dell'impatto che hai avuto nel mondo dei videogiochi. È possibile che ce ne accorgeremo nel corso dei prossimi anni, quando non arriveranno più lettere d'invito alla festa per i personaggi più iconici del medium. Quando il filo che più d'ogni altro ha tentato di unire le varie comunità di appassionati sarà ormai spezzato. Quando arriverà il giorno in cui il ricordo del miglior fighting game di tutti i tempi si sarà definitivamente raffreddato. Ma fortunatamente quel giorno non è ancora arrivato, e siamo ancora in tempo per goderci il tuo presente.