Dark Souls Remastered - recensione
Il meglio dell'opera di Hidetaka Miyazaki.
Se potessimo tornare indietro di circa sette anni, quando l'originale Dark Souls uscì nella fase finale del ciclo di vita di PlayStation 3 e Xbox 360, quasi nessuno, forse neanche i più accaniti fan del predecessore Demon's Souls, avrebbero scommesso su un successo planetario. Inizialmente recepito come un ottimo fantasy seppur non adatto a tutti, è stato col tempo (e grazie all'impatto con la community) che si è creato quell'abisso che separa il mondo dei videogiochi tra il prima e il dopo la sua uscita.
Durante questi sette anni lo abbiamo visto diventare un vero e proprio fenomeno, capace di influenzare il mondo dei videogiochi e i videogiocatori stessi, addirittura penetrando nel lessico di uso comune, spesso per diventare un metro di paragone atto a rappresentare un livello di sfida alto e soddisfacente.
Ci ha tenuto impegnati per migliaia di ore nel suo mondo criptico e complesso, divertendoci come neanche i suoi successori ed emuli hanno saputo più fare. Il primo Dark Souls resta per molti ineguagliato e oggi siamo pronti e felici a tornare nel regno della non-morte con Dark Souls Remastered, versione riadattata alle moderne console e PC, per un'esperienza definitiva, libera dai limiti di hardware che forse rappresentavano l'unico vero difetto dell'opera che ha reso celebre Hidetaka Miyazaki e From Software.
Dark Souls Remastered tradisce già nel nome quello che vuole essere una volta caricato sulle piattaforme attuali: il primo capitolo della saga nella sua interezza, rivisto e migliorato solamente nel comparto tecnico. Questa scelta ci costringe a un'analisi ovviamente molto più "pratica" del solito, senza dilungarci ulteriormente sul valore ludico, già ampiamente consacrato. È necessario però per capire come il freddo lavoro di ottimizzazione si ripercuota sulle forti emozioni che tale qualità ci può regalare.
D'altronde andare a rimetter mano su un titolo così amato e mitizzato dai fan di tutto il mondo rappresentava un forte rischio che, al momento dell'annuncio, ha smorzato le espressioni di gioia e stupore. Una delle tante caratteristiche che ci ha conquistato sta proprio nella sua complessa ma equilibrata struttura, in cui migliaia di parametri si incastrano alla perfezione per rendere ogni singolo scontro rilevante nella partita.
Modificare anche il più piccolo valore di un'arma o cambiare il semplice tempismo di un attacco, sarebbe un'eresia per qualsiasi fan di Dark Souls, e si rifletterebbe a spirale su tutto l'importantissimo feeling del gioco che lo rende così speciale. Da una parte quindi abbiamo potuto tirare un sospiro di sollievo constatando che, nell'ansioso avanzare nell'intricata mappa, tutto è rimasto al suo posto e tutto si comporta come ci è sempre piaciuto. Il posizionamento dei nemici, i tempi di reazione di attacco e difesa, l'unicità di armi, scudi e magie, e gli spazi sempre troppo angusti ci costringono a quella concentrazione profonda e costante che ha permesso a Dark Souls di definire un genere.
Tutto ciò che abbiamo amato del capolavoro di Miyazaki è intatto e ancora oggi l'atmosfera silenziosa, oscura e ansiogena appassiona e diverte come poche altre. Il gameplay profondo e articolato ci spinge poi a riscoprire quanta bravura e pazienza sia necessaria per affrontare i livelli colmi di pericoli ben architettati. È la tipica sensazione che pochi videogiochi sono riusciti a trasmettere, che ci far venire voglia di rigiocarli ancora e ancora, anche se l'abbiamo fatto per centinaia di ore in passato. Prendete Skyrim, ad esempio.
È evidente fin da subito che gli sviluppatori di Virtuos, lo studio cinese che si è occupato del porting in collaborazione con Bandai Namco, si siano concentrati unicamente sull'adattamento estetico di tutta l'esperienza. Prima ancora di iniziare a vagare per le prigioni dei non-morti ci si accorge che anche i testi e le illustrazioni hanno ora una definizione ben maggiore di quella originale, sgranata e offuscata. La risoluzione è infatti la prima protagonista del miglioramento estetico generale e moltiplica esponenzialmente la quantità di pixel a schermo. Basti pensare che viene addirittura quadruplicata su PlayStation 4 Pro, Xbox One X e PC, dove si raggiungono i 4K senza troppe difficoltà.
Lo stesso trattamento è stato riservato anche per le texture, finalmente limpide nel rivestire e rappresentare armature, armi ed incantesimi, rendendo il tutto decisamente più ricco di dettagli. In un gioco che narra la sua storia anche tramite le fattezze di un oggetto o il disegno su uno scudo, questo lavoro acquisisce ancora più importanza.
Tramite risoluzione e texture migliorate la definizione grafica di tutto il titolo raggiunge livelli di precisione così alta da evidenziare involontariamente la scarsità della conta poligonale, logica conseguenza di una produzione che mostra cose i segni dell'età. Essendo una remastered dopotutto è normale: non stiamo parlando di asset rielaborati da zero come accaduto ad esempio per il recente Shadow of the Colossus, ma di modelli originali raffinati per rendere al meglio con le capacità hardware odierne.
Chi ha giocato a Dark Souls sulle vecchie console, si ricorderà bene quanto alcune aree fossero un costituite da un ammasso di pixel indistinguibile, compromettendone il fascino. In questa versione posti tenebrosi e complessi come Giardino Radiceoscura o Sen Fortress, ad esempio, sono ora ben definiti e ben più godibili che in passato, per non parlare di Anor Londo, ancor più maestosa.
Due miglioramenti, però, sono le vere novità più rilevanti di Dark Souls Remastered. L'illuminazione avanzata permette finalmente alle fonti luminose di influire sull'aspetto delle texture e mostra la proiezione di ombre dinamiche molto più al passo coi tempi. Alcuni piccoli effetti grafici, come gli sprite delle anime e alcune sorgenti di luce, sono poi stati completamente rinnovati. Non sappiamo se per una volontà precisa o per qualche costrizione tecnica, ma si tratta comunque di componenti non così influenti sull'impatto della grande direzione artistica.
Dove però si vede il vero salto in avanti rispetto al passato è nel framerate, ora ancorato ai fondamentali sessanta frame per secondo tanto agognati da noi videogiocatori. Stavolta non c'è Città Infame che regga, il conteggio non subisce mai cali neppure nelle situazioni più concitate e pesanti sul motore di gioco, ed è così che il gameplay ne trae maggiore giovamento. Niente più cadute o sconfitte accidentali, e ancora meglio scontri con i nemici finalmente di una fluidità piacevole e costante.
Dark Souls Remastered riesce lì dove neanche la Prepare to Die Edition era arrivata, e risolve le grane a livello di codice e ottimizzazione che costringevano a continui abbassamenti di framerate, così pesanti da renderlo ingiocabile in alcuni casi, anche su PC di fascia alta. Un'altra buona notizia è che non c'è bisogno di una console mid-gen per giocare fluidamente, dato che anche su una semplice PlayStation 4 o una Xbox One i sessanta frame sono garantiti. Se volete scoprire ogni minimo dettaglio della precisione di questo lavoro, vi rimandiamo agli esperti colleghi di Digital Foundry per l'analisi approfondita e le comparazioni del caso.
Presa per quello che è, questa edizione raggiunge in pieno il suo obiettivo: permetterci di giocare il primo Dark Souls nella sua veste migliore. Certo, in alcuni casi il peso degli anni si fa sentire e l'aspetto spoglio, seppur definito delle ambientazioni, avrebbe forse meritato un trattamento ulteriore, magari nella forma di un filtro per ammorbidire le superfici rese spigolose dalla povertà di poligoni, o in una foschia utile a creare una profondità di visuale più realistica. Nulla però che però faccia gridare allo scandalo o pregiudichi la giocabilità.
Dark Souls Remastered insomma è la giusta occasione per recuperare un capolavoro del recente passato se ve lo siete perso, oppure avventurarsi nelle terre delle anime oscure tra le storie di draghi e giganti ancora una volta. Bandai Namco ha pensato bene di proporlo ad un prezzo budget data la sua natura, una scelta onesta e azzeccata secondo noi per allettare vecchi e nuovi giocatori. Passano le generazioni, ma la prima fiamma arde ancora di passione.