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Agony - recensione

Pronti a bruciare tra le fiamme dell'Inferno?

La release di Agony ha tenuto fede in modo impeccabile al nome che porta il titolo. Dopo la fortunata campagna Kickstarter, infatti, il gioco è stato rimandato più volte ed è inoltre finito al centro di diverse polemiche in merito alla crudezza di certe scene, sfociate poi nella censura di alcuni contenuti. Oggi siamo qui per fare chiarezza su un'opera coraggiosa e brillante dal punto di vista artistico ma non esente da difetti, soprattutto per quanto concerne il versante ludico.

Parliamoci chiaro, Agony è un titolo che ha attirato su di sé l'interesse di una generosa fetta di videogiocatori, soprattutto per merito dell'ambientazione infernale e dei suoi contenuti espliciti, serviti sul piatto degli utenti al pari di una succulenta bistecca grondante sangue. Se ad una prima occhiata era apparsa appetitosa, così invitante da renderci impazienti di affondare i denti nelle sue morbide fibre e divorarla con voracità, una volta fatto il primo boccone il sapore non è stato così stupefacente come era lecito aspettarsi.

Vomitati dai miasmi sulfurei che si agitano nel ventre contorto degli inferi su di un pontile dalle fattezze di una gigantesca spina dorsale, muoviamo i primi strascicati passi verso un mondo ostile e ricolmo di letali creature. Il nostro obiettivo è la ricerca della Dea Rossa, un demonio travestito da sensuale meretrice che sussurra al nostro orecchio sibilline promesse di libertà. La morte ci ha già colto una volta e il corpo che occupiamo non è che un involucro utile solo a contenere il nostro spirito, un feticcio legato ad una concezione di "vita" ormai obsoleta e che cambieremo più frequentemente di quanto vorremmo.

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Il viaggio è tutt'altro che agevole e le aberrazioni che popolano i vari gironi del regno dei morti sono in grado di fare a brandelli il nostro fragile guscio di carne con estrema facilità. Il passo felpato e la capacità di trattenere il respiro (strano però che i defunti abbiano ancora bisogno di respirare!) sono abilità che è bene affinare al massimo per poter sperare di scivolare inosservati alle spalle dei demoni. Nel caso in cui l'impresa dovesse fallire la nostra essenza viene espulsa dal corpo orribilmente martoriato, dopodiché abbiamo una manciata di secondi per poter trovare un nuovo ospite.

L'Ade è popolato da innumerevoli anime dannate, i Martiri, che oltre a sollazzare i maligni di passaggio, possono accogliere il nostro spirito ma solo dopo che li avremo privati del cappuccio che portano sul capo. Nel caso in cui la nostra anima non dovesse riuscire a trovare un nuovo corpo in breve tempo, si giunge al game over e si riparte dall'ultimo checkpoint. A proposito di questi ultimi, il titolo parte con delle impostazioni di base piuttosto limitanti, la più sconsiderata delle quali elimina completamente il punto di controllo dopo che si è trapassati per tre volte, costringendoci di fatto a riprendere dal precedente e a ripercorrere lunghe sezioni già affrontate.

Questa meccanica, così come altre, innalza la difficoltà in modo artificioso e tende a risultare più frustrante che stimolante. Il livello di sfida generale è mal calibrato, soprattutto durante le fasi iniziali, da affrontare senza il supporto di nessuna abilità. Per fortuna, man mano che si procede, diventa più accessibile, limitandosi a punire duramente il giocatore in un numero limitato di occasioni.

Per quanto riguarda le ambientazioni Agony offre un impatto visivo davvero raccapricciante, in senso buono ovviamente.

La struttura di gioco è ibrida e abbina a un incedere votato allo stealth vari enigmi, la maggior parte dei quali basati sul ritrovamento di cuori da porre sul piatto di alcune bilance o su simboli da tracciare col sangue per dischiudere portoni altrimenti sigillati. Un altro elemento cardine per procedere è la torcia, imprescindibile per diradare l'oscurità che permea molte zone e utilissima anche per dare fuoco a cespugli di rovi che ostruiscono i passaggi. Sfortunatamente questo pratico strumento attira i mostri come falene verso la luce e bisogna quindi servirsene con assennata discrezione.

La presenza di passaggi segreti, scorciatoie e zone opzionali contribuisce a dare vita ad un level design che, seppur fondamentalmente lineare, offre miriadi di possibilità di esplorazione. Disseminati in giro vi sono infatti diversi collezionabili e il raggiungimento di aree nascose spesso coincide con il ritrovamento di utili frutti che conferiscono punti con cui potenziare le nostre (poche) abilità.

A fare da contraltare ad un così alto numero di stimoli vi è la fragilità del nostro avatar e la spietata aggressività degli esseri che popolano gli inferi. Esplorare è infatti un'attività pericolosa e disincentivata dalle letali minacce che ci circondano. Il risultato è che per il giocatore risulta di certo più appetibile andare dritto verso la meta piuttosto che girovagare con il rischio di esser fatti a pezzi e magari trovarsi costretti a ricominciare tutto da un punto molto distante. Per fortuna una volta aperto un cancello o dato alle fiamme uno sbarramento di giunchi, questi rimarranno tali anche in caso di morte, evitandoci di dover ripetere la procedura da capo.

I martiri, stolte anime dannate, si limitano a soffrire senza sosta sino a quando noi non decidiamo di mettere fine al loro supplizio.

Le boss fights, tanto millantate in fase di sviluppo, risultano per la maggior parte sottotono e rappresentano uno degli elementi più deboli della produzione. Come avrete capito a questo punto il titolo mostra il fianco a diverse critiche, prima su tutte l'incompatibilità reciproca di alcune scelte di game design, ma risulta riuscito in diversi altri aspetti, in particolare la direzione artistica.

L'inferno rappresentato dai ragazzi di Madmind Studio è davvero uno dei migliori mai visti in un videogioco. Le stanze e i corridoi sono traboccanti di empi arredamenti, realizzati per la maggior parte con parti del corpo umano. Feti appesi al soffitto tramite il cordone ombelicale fungono da lampadari e illuminano scenari raccapriccianti in grado di ridefinire il concetto di disturbante. I demoni stessi, ormai divenuti il simbolo del gioco, sono pronti a divorarvi con le loro fauci dalle fattezze di vagine zannute.

Nudità esplicita, scene di violenza estrema e abusi su praticamente qualsiasi cosa si muova sono la norma e rappresentano di certo il fiore all'occhiello della produzione (se vi piace il genere, s'intende). La mannaia della censura, di certo calata per smussare alcuni aspetti, tra cui probabilmente uno dei discussi finali, non ha inficiato in maniera grave sui contenuti che vantano un livello di atrocità e indecenza raramente riscontrati in campo videoludico.

Per varcare alcuni cancelli bisogna trovare il sigillo giusto e tracciarlo col sangue sul portone.

Se le idee e i contenuti sono ottimi però lo stesso non si può dire della realizzazione, che appare datata e non sempre soddisfacente. La modellazione di mostri e personaggi, così come le loro animazioni, sono sottotono e, seppur la bontà generale della direzione artistica sia innegabile, tecnicamente non siamo al top. Inoltre abbiamo incontrato qualche fastidioso bug, che saltuariamente ci ha tenuti bloccati impedendoci di svolazzare verso un martire e prenderne possesso, di fatto obbligandoci a riavviare la partita.

Una volta portata a termine l'avventura della durata di circa otto/dieci ore, possiamo dedicarci all'esplorazione degli altri sei finali disponibili oppure alla modalità Succube. Questa nuova esperienza è davvero un grande valore aggiunto che permette di vivere un'avventura completamente diversa da quella precedente. Invece che vestire le spoglie di un patito martire, infatti, questa volta si gioca nei panni di una conturbante e letale succube.

I livelli sono i medesimi della campagna principale ma le doti offensive e la mobilità del demone femmineo permettono di accedere a passaggi e scorciatoie che prima non avevamo nemmeno notato. I nemici non sono più un problema per i nostri micidiali artigli e l'esperienza si concentra interamente sulla riscoperta di un level design che ha ancora diverse sorprese in serbo. Pollice in giù invece per la modalità Agonia, che ci vede protagonisti di livelli generati proceduralmente da cui fuggire il più in fretta possibile.

Finire tra gli artigli di uno di questi demoni significa una morte rapida e brutale, senza possibilità di scampo.

In definitiva Agony è un titolo difficile da giudicare, poiché forte di diversi pregi ma afflitto anche da una moltitudine di asperità. Di certo lo consigliamo a tutti gli amanti degli stealth games e a coloro che si sono innamorati dell'ambientazione sin dai primi trailer. Quello che possiamo dirvi per certo è che, una volta superato lo shock iniziale, il resto è tutta discesa, sempre che non decidiate di esplorare la dimora di Lucifero palmo a palmo, in quel caso preparatevi a soffrire le proverbiali pene dell'Inferno.

7 / 10

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Agony

PS4, Xbox One, PC

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Andrea Forlani

Contributor

Andrea Forlani videogioca da sempre e scrive da parecchio. Il suo ambiente naturale è la sedia davanti al PC e si nutre principalmente di cibo spazzatura. Se importunato, potrebbe difendersi tirandovi contro manciate di dadi da 20.

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