State of Mind - recensione
“Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo, niente di più”.
È ormai da qualche mese che ci siamo lasciati alle spalle l'uscita di Detroit: Become Humans e, per tutti coloro che amano il connubio di avventure narrative e ambientazioni fantascientifiche, l'appetito comincia a farsi sentire. Per fortuna, ad estinguere questa fame incipiente, giunge su PC e console State of Mind, nuovo titolo targato Daedalic, editore specializzato in avventure grafiche ed esperienze incentrate sulla narrazione.
Questo caldo agosto sta quindi per essere rinfrescato da un nuovo gioco dal taglio fortemente cinematografico, che incentra il suo intero concept sul transumanesimo. Per chi di voi non si fosse ancora fiondato su Wikipedia a scoprire cosa significhi questo termine astruso, possiamo riassumervi in poche parole che si tratta di una corrente di pensiero il cui fine è sostenere il progresso scientifico e tecnologico allo scopo di migliorare l'essere umano e trascendere i suoi limiti, fisici e mentali.
Come potete immaginare questo movimento culturale si sposa perfettamente con tematiche come il miglioramento delle performance del corpo attraverso l'implementazione di protesi cybernetiche, oppure la traslazione della coscienza sul piano digitale (in stile Matrix per intenderci). Ebbene State of Mind è un calderone in cui ribollono molte idee, amalgamate tra loro in maniera coerente e in modo da formare una storia avvincente e ricolma di argomenti interessanti per gli amanti della fantascienza.
Durante le circa otto/dieci ore necessarie a portare a compimento l'avventura abbiamo occasione di vestire i panni di diversi personaggi. Il protagonista principale, comunque, rimane Richard Nolan, giornalista d'assalto che lavora per la prestigiosa testata The Voice. Egli è reduce di un grave incidente automobilistico, evento sospetto e di norma impossibile, dato che ormai le auto vengono condotte da software di guida impeccabili.
Una volta rientrato a casa scopre che sua moglie Tracy e il figlio James sono scomparsi. Ad attenderlo nella sua ormai vuota dimora c'è solo un androide di servizio che sembra sia stato messo lì apposta per non fornirgli nessuna delle risposte che cerca. Richard è preoccupato per la sparizione dei suoi famigliari e oltremodo irritato dalla presenza del robot. Egli è infatti celebre per aver scritto pezzi molto critici e in forte opposizione alla diffusione di questi esseri sintetici e delle tecnologie invasive in generale.
Parte così la sua nuova indagine, che questa volta si rivela essere molto più personale di qualsiasi altra affrontata in precedenza. State of Mind è a tutti gli effetti un thriller sci-fi in cui ogni capitolo riserva un colpo di scena inaspettato e dove ogni elemento è finemente cesellato per combaciare con quello adiacente. La storia, intricata e con diversi personaggi legati tra loro da rapporti maturi e mai scontati, è una di quelle che si gusta meglio al secondo giro, proprio come alcuni film risultano più soddisfacenti ad una seconda visione.
Come detto poco sopra, gli amanti della fantascienza più prossima qui troveranno pane per i loro denti. Nella Berlino del 2048 gli androidi sono ormai assistenti di uso comune per ogni essere umano ed il corpo di polizia è composto esclusivamente da robot. Le IA hanno avuto una diffusione capillare, e mentre gli elementi con maggior spirito pionieristico della società sono in procinto di colonizzare Marte, coloro che preferiscono restare sulla cara vecchia Terra si preparano i pasti con delle stampanti invece che tramite padelle e fornelli. Nel frattempo un gruppo di hacker facinorosi non vede l'ora di disintegrare alla base la struttura della società, attraverso incursioni mirate nei server della corporazione più influente e vili atti terroristici.
Tutti questi elementi trovano una precisa collocazione e la storia funziona molto bene, seppur senza poter contare sui numerosi bivi narrativi presenti nelle ultime opere di Cage. Ci troviamo infatti di fronte ad un racconto lineare, in cui i risvolti delle pochissime scelte che ci troveremo a dover effettuare si palesano immediatamente e non cambiano in modo radicale l'epilogo della vicenda.
Anche dal punto di vista del gameplay la struttura è estremamente asciutta, tanto che i più accaniti detrattori di questo genere non esiteranno ad additarlo come un'opera distaccata dal medium videoludico. Le nostre iterazioni si limitano all'esplorazione degli ambienti, ai dialoghi con i vari NPC e ai pochissimi e semplici enigmi presenti. In riferimento a questi ultimi possiamo dirvi che i meglio riusciti sono dedicati a specifiche sezioni, mentre quelli riguardanti le fasi investigative, la ricostruzione dei ricordi o l'hackeraggio dei sistemi si ripropongono diverse volte nel corso della storia in maniera non troppo brillante.
Seppur le ambientazioni non siano numerosissime, e almeno durante la prima metà della storia ci si sposta sempre attraverso i medesimi luoghi, la loro realizzazione è davvero superba. Gli interni sembrano uscire direttamente dal catalogo di un interior designer del futuro, con forme avveniristiche che definiscono in maniera molto elegante il luogo in cui si trovano. Anche gli esterni sono ben fatti e possono contare su strutture strabilianti capaci di immergere il giocatore in un ipotetico futuro concreto e plausibile.
Discorso a parte invece per i personaggi, modellati secondo uno stile low poly. Se questo ci ha soddisfatto per quanto riguarda i corpi e l'abbigliamento, che si sposano alla perfezione con il mood futuristico del titolo, il risultato sui volti è più difficile da digerire. Dato anche il taglio cinematografico della regia, che permette al giocatore di godere di alcune scene da prospettive davvero azzeccate, ci sarebbe sembrato sensato realizzare volti modellati meglio e con una maggiore capacità espressiva. Soprattutto durante i dialoghi infatti siamo costretti ad assistere ad alcuni primi piani davvero ingiustificabili, un inconveniente che spezza l'incanto di un mondo ben realizzato e con stile da vendere.
Al netto di alcune scelte stilistiche opinabili e di un gameplay al limite dell'inconsistenza, State of Mind mette sul piatto un'avvincente storia, capace di tenervi col fiato sospeso fino alla fine.
Seppur la rigiocabilità sia limitata dal fatto che non esistono bivi narrativi, potete valutare l'acquisto se siete in cerca di quelli che in molti definiscono "film interattivi", una nomenclatura spesso affibbiata con disprezzo ma che in questo caso permette di inquadrare con precisione la tipologia di prodotto. Se amate i thriller distopici siamo certi che uscirete soddisfatti dall'esperienza offerta dal titolo anche senza la necessità di esibirvi in acrobazie sul pad.