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My Brother Rabbit - recensione

Un dramma fiabesco a suon di puzzle…

Il panorama indipendente è sempre più terreno fertile per idee ludiche, narrative e stilistiche sorprendenti, talvolta originali e fuori dagli schemi. Un palcoscenico perfetto ed allestito ad arte per la libera manifestazione ed espressione di idee, concetti, messaggi, storie. Nel vasto e parecchio saturo - seppur mai abbastanza -genere degli adventure-puzzle game si insinua in punta di piedi My Brother Rabbit, piccola produzione firmata dal team polacco Artifex Mundi.

L'avventura ci trascina in un mondo fantasioso e surreale, animato dalle fantasie di un bambino. Il coniglio che titola la produzione (e che dovremo, a suon di enigmi, condurre verso l'epilogo di un viaggio al contempo docile e burrascoso) altri non è che un peluche, fido compagno di letto di una sorellina gravemente malata. La realtà immaginaria, alternativa, pregna di leggerezza, semplicità e divertimento ricreata dall'infante, è la cornice di un quadro che vuole raffigurare il sentimento, l'amore, il legame, il trionfo della vita sulla morte.

Lo stile narrativo del titolo è essenziale e al contempo profondo, efficace. In tal senso appare particolarmente azzeccata la scelta di affidare interamente alle immagini su schermo (per lo più statiche, con giusto qualche raro intermezzo animato) ed alla colonna sonora il peso della narrativa. Non saranno presenti dialoghi, doppiati o recitati, ne righe di testo: eppure My Brother Rabbit riesce a comunicare molto, ad insinuarsi dolcemente nel cuore e nella mente del giocatore sensibile e minuzioso.

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Il merito di una narrativa nel complesso riuscita è da ricercarsi in un guizzo artistico degno di menzione, mosso da un'estetica gradevole per quanto non certo ricercatissima e da una colonna sonora ispirata, coinvolgente, riflessiva, in grado di trasmettere al giocatore al contempo la leggerezza della vita ed il dramma della morte.

Le aree rigorosamente 2D che saranno teatro della totalità dei rompicapo sono ricche di soggetti ed oggetti. Il tratto del disegno è morbido e sinuoso, così come i toni e le melodie che accompagnano le sequenze di gioco sono fioche, drammatiche, e contribuiscono a conferire alla produzione una gradita impronta fiabesca.

Sotto il profilo più squisitamente ludico, My Brother Rabbit si presenta certamente meno ispirato, originale ed efficace. La struttura è quella piuttosto canonica di un puzzle game punta-e-clicca statico, in cui il fulcro dell'esperienza è legato alla ricerca ed alla raccolta di gruppi di oggetti, i quali a loro volta consentiranno al giocatore l'accesso a determinate aree, piuttosto che lo sblocco di congegni di vario tipo essenziali per l'avanzamento.

Per quanto gli enigmi risultino sempre spassosi da risolvere, e per quanto anche la loro varietà risulti piuttosto buona, a livello di originalità si riscontra una carenza evidente. Ci troveremo di fronte a versioni adattate al contesto di classici puzzle come il memory, il riordinamento di tasselli di un'immagine frantumata, piuttosto che l'incastro ottimale di varie forme poligonali, a mo' di Tetris.

Le soluzioni ad alcuni enigmi apparentemente complessi sono spesso sotto il nostro naso. Non sarà difficile scovarli.

Nonostante un paio di questi potranno richiedervi un minimo di ingegno, la maggior parte si rivelerà poco stimolante, per via degli indizi piuttosto chiari che ci verranno forniti durante le fasi di ricerca degli oggetti, oppure per le istruzioni fin troppo illuminanti che è possibile richiamare con la pressione di un tasto al cospetto di ciascun enigma.

Un elemento distintivo dell'esperienza di gioco è rappresentato, quindi, dalla ricerca degli oggetti, indispensabili per il proseguo dell'avventura. L'osservazione dei vari ambienti bidimensionali diventa fondamentale, e dovremo aguzzare la vista in talune circostanze per scovarne alcuni nascosti.

Nulla di troppo complesso nemmeno in questo caso, comunque, per via di un aiuto ulteriore che ci permette di conoscere in qualunque momento quanti oggetti di un determinato tipo ci restano da scovare. Ci verrà perfino indicato in quale area si trovano, grazie all'icona che si illuminerà qualora ci fossimo lasciati qualcosa alle spalle, mentre si colorerà di grigio in caso contrario.

L'avventura, dal punto di vista ludico, è complessivamente al di sotto degli standard del genere, dunque. L'esperienza non riesce appieno a risultare stimolante per un giocatore che sia alla ricerca di un minimo di sfida, pur rimanendo comunque complessivamente piacevole. L'impressione è che quest'ultima considerazione, tuttavia, sia mossa (anche in sede di analisi) più dall'efficacia, dallo stile, e dall'importanza di un connubio artistico-narrativo che fa della sua semplicità ed essenzialità il suo maggior punto di forza, piuttosto che da un senso di progressione stimolante o da una formula di gioco di spessore.

Gli enigmi sono spassosi, di stampo piuttosto classico. Tuttavia non risultano mai davvero impegnativi e stimolanti.

Sebbene non riesca ad attestarsi su standard qualitativi elevati dal punto di vista ludico, per via di una struttura carente in termini di originalità e di stimoli, My Brother Rabbit è un'esperienza certamente valida ed interessante. Il merito risiede principalmente in uno stile ed in un comparto narrativo riusciti, che ci regalano un'avventura breve ma intensa, capace di toccare le corde emotive di ciascuno di noi e di mostrarci ancora una volta l'enorme potenziale comunicativo di un medium sempre più eclettico e maturo.

7 / 10
Avatar di Luca Del Pizzo
Luca Del Pizzo: Sedotto dalle avanguardie tecnologiche e da tutto ciò che porti emozione, Luca non può restare indifferente al fascino prorompente dei videogiochi. Ha la fortuna di coniugare questo amore con quello incondizionato per la scrittura. La vita, a volte, riserva cose meravigliose. Sino ad un nuovo Silent Hill degno di questo nome, tuttavia, non è ancora abbastanza.

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