My Friend Pedro - recensione
Il giustiziere mascherato e la banana senziente.
Dopo 7 ore in compagnia di un giustiziere mascherato e di una banana senziente e dopo aver terminato il folle e adrenalinico viaggio di My Friend Pedro, ci siamo ritrovati alle prese con una piccola ma interessante domanda: questo è il gioco manifesto di Devolver Digital?
È una riflessione che probabilmente ha toccato almeno una volta chi conosce i titoli del publisher indie che da Hotline Miami si è trasformato in una certezza sempre più prolifica. Qual è la vera essenza di questa compagnia?
Non sappiamo se il titolo di Deadtoast Entertainment, nome dietro al quale si nasconde lo sviluppatore solitario Victor Ågren (ex level designer di Media Molecule), sia il manifesto di Devolver ma è sicuramente un grande rappresentante di una delle sue molteplici facce. Per capire quale basta e avanza dare un'occhiata a una brevissima GIF o a uno dei tanti coverage riguardanti questo indie partito dal nulla e diventato progressivamente una sorta di oggetto di culto.
La base di partenza è un gioco flash come tanti, uno di quei passatempo che magari capita di scovare nei tempi morti o di provare con mano grazie al passaparola. Quella primissima versione contiene in realtà un seme che è germogliato in un gioco che è puro gameplay e divertimento, assicurato al di là di alcuni difettucci che spesso passano in secondo piano. Ovviamente mentre con un sorriso ebete stampato sul volto ci esibiamo in piroette in aria e in salti mortali in slow motion sparando all'impazzata.
Il panorama dei flash games non è solo ciò da cui My Friend Pedro nasce ma è anche una delle fonti d'ispirazione per Ågren, uno sviluppatore che ha preso a piene mani da un ecosistema spesso bistrattato ma in grado di accogliere anche piccole gemme di pura immediatezza e di semplice divertimento. A tutto questo è bastato "solamente" aggiungere la giusta dose di Matrix, Max Payne ed Equilibrium.
Il risultato finale di questa curiosa ricetta è qualcosa di profondamente inaspettato da uno sviluppatore che nella sua carriera ha sempre lavorato sui colorati mondi di Little Big Planet e Tearaway. Probabilmente è questa una delle tante forze del panorama indie: permettere ai creativi di esprimere il talento e le idee che anche nelle migliori delle grandi software house rischiano di rimanere soffocati e irrealizzati.
Con la possibilità di lavorare a pieno sulla propria personalissima creatura, Ågren ha plasmato quello che può essere etichettato come uno shoot'em up che alla pura azione innesta elementi platform, un piccolo accenno di stealth e una manciata di situazioni di gioco fuori dall'ordinario, comprese delle sorta di boss fight e un'intera sezione per così dire fuori dal mondo reale.
Una piccola odissea in 40 livelli che possono essere completati in una manciata di minuti e che già a livello normale (quello base oltre "Difficile" e "Banana") mettono alla prova anche il giocatore più navigato, soprattutto nel caso in cui ci si lasci catturare dalla spirale di tentativi che puntano alla run perfetta.
Dopo una manciata di scenari resistere alla voglia di completare un livello senza morire e con il punteggio più elevato possibile si fa inevitabilmente strada, così come l'ambizione di scalare le leaderboard online che mostrano i risultati (a volte pazzeschi) dei giocatori sparsi per il mondo.
Sfruttando al meglio le meccaniche del gameplay, d'altronde, è possibile esibirsi in un balletto di morte veloce, efficace e spettacolare, in grado di mantenere costantemente in movimento il moltiplicatore di punteggio che aumenta a ogni singola morte e che premierà con dei bonus le azioni più ispirate.
Muoversi al meglio tra le classiche armi del protagonista, i movimenti acrobatici e le tante diverse interazioni con il mondo di gioco richiede un minimo di esperienza ma, una volta presa confidenza anche con gli strumenti di morte più strambi, vi sentirete una vera e propria macchina da guerra.
Salti, piroette per schivare i proiettili, capriole, walljump e poi corde, ascensori, piattaforme assortite per arrivare al veloce e insospettabilmente letale skateboard. Essere in costante movimento è fondamentale e grazie alla mira in parte assistita potrete scaricare sui nemici una pioggia incessante di piombo e morte arrivando anche a mirare contemporaneamente due nemici impugnando due pistole o due mitragliette.
Come se tutto questo non bastasse per garantire un'azione esplosiva dobbiamo ancora parlare di alcuni aspetti chiave del gameplay. Il focus, ovvero il classico bullet time, è un elemento imprescindibile per esibirvi in evoluzioni degne del miglior film action sulla piazza. In questi momenti sarà ancora più semplice sfruttare a pieno le interazioni con il mondo di gioco, con particolari elementi su cui far rimbalzare i proiettili o padelle, teste mozzate, skateboard da scagliare sul viso del malcapitato di turno con una precisione certosina.
A questo arsenale non convenzionale si aggiunge poi un crescendo evidente nella complessità del level design con aree che richiedono una costante attenzione per la presenza di ostacoli ambientali potenzialmente letali. Grazie a queste novità aumenta il livello di sfida e siamo stati messi alla prova anche dal punto di vista del platform e ovviamente del puro tempismo.
Ma in definitiva quali sono i motivi dietro a questo vero e proprio massacro? Purtroppo qualcosa di piuttosto dimenticabile, dato che l'aspetto narrativo non è particolarmente riuscito e si rivela il classico pretesto per proseguire con la nostra mattanza. L'incipit vede il protagonista mascherato che si risveglia in un misterioso seminterrato discutendo, udite udite, con una banana senziente che ci accompagna tra i bassifondi più malfamati alla scoperta di una serie di criminali che per un motivo o per l'altro diventano i nostri bersagli.
Non manca anche un colpo di scena interessante ma che piuttosto che lasciarci di sasso ci ha lasciati perplessi di fronte a un finale ancora più strambo di ciò che ci saremmo aspettati e, francamente, in parte deludente. Il comparto narrativo, quindi, non funziona di certo al meglio ed è uno dei difetti più evidenti di un gioco che abbiamo definito puro gameplay non di certo a caso.
Se l'aspetto visivo, targato Unity, e quello sonoro fanno il proprio tra alti e bassi, anche il gameplay non è completamente salvo da alcuni passi falsi. Le boss fight e la maggior parte delle sezioni meno standard sono infatti le più deboli, con fasi teoricamente stealth sfruttate al minimo e dei momenti platform non perfettamente riusciti a causa di una fisica e di un'inerzia dei movimenti e delle animazioni che si sposano al meglio con l'action puro ma cozzano con i momenti più "salterini".
Rimanendo all'interno del catalogo di Devolver Digital, My Friend Pedro non è all'altezza di un mostro sacro come Hotline Miami o di un'uscita recentissima come Katana Zero.
Non lodare i risultati ottenuti da questo sviluppatore solitario sarebbe però un'ingiustizia di cui non ci vogliamo macchiare. Divertimento puro, questo è ciò che sicuramente troverete in abbondanza tuffandovi nel mondo tratteggiato da Victor Ågren. A volte un videogioco può e deve essere "solo" questo, un folle e spensierato concentrato di sangue, proiettili e banane.