The Legend of Zelda: Link's Awakening - recensione
“Please remember this song! And remember me!”.
Quella di Link's Awakening è una delle storie più affascinanti e per molti versi atipiche in seno alla secolare saga di The Legend of Zelda, a Nintendo, e al medium videoludico tutto. A partire da una genesi difficile e travagliata, ma al contempo pregna di tenacia, estro e creatività.
L'iniziale opposizione del maestro Miyamoto alla visionaria proposta del giovane game designer Takeshi Tezuka, tarpò inizialmente le ali ad un progetto che sarebbe stato destinato ugualmente ad uno sviluppo, seppur parzialmente silenzioso. Una visione avveniristica e peculiare di quella che era una saga ancora troppo giovane secondo il maestro per potersi permettere una flessione così decisa, difatti, suscitò l'interesse di una grossa schiera di addetti ai lavori, che iniziarono a prodigarsi per il progetto.
Il dietrofront della casa di Kyoto ebbe quasi del clamoroso. Nel 1993 The Legend of Zelda: Link's Awakening giunse su Game Boy, primo esponente "portatile" del già celebre franchise. Lo fece forte delle sue profonde libertà espressive, di uno stampo narrativo suggestionato dall'onirismo di David Lynch, e di un citazionismo quasi sfrontato. Oltre che del ravveduto benestare di Miyamoto stesso.
Questa breve introduzione si è resa indispensabile per una duplice ragione: in primis, perchè con Link's Awakening si parla di storia del medium. E la conoscenza non ha mai ferito nessuno. Secondariamente, poiché una tale premessa è particolarmente utile a comprendere l'importanza ed il valore della scelta di Nintendo nel voler riproporre ed omaggiare questo specifico capitolo.
Il remake di The Legend of Zelda: Link's Awakening ne preserva integralmente il nome, i crismi e fa di fedeltà stilistico-contenutistica ed ammodernamento tecnico i suoi baluardi. Ben 26 anni dopo siamo al cospetto di una celebrazione, di un omaggio, di una lettera d'amore verso una delle avventure che merita senza riserva alcuna di riproporsi anche ad un pubblico di giovani o ignari. E Nintendo Switch non poteva che essere il terreno ideale da battere.
Che operazioni di questo tipo, poi, siano a completo appannaggio anche dei più attempati, toccando le sempre più pizzicate corde della nostalgia, è il segreto di Pulcinella. Nella perfetta ed efficace coesistenza di questi due aspetti si annida l'indiscusso valore di un rifacimento che riesce non solo a render lustro ad un'esperienza ludica segnata dagli anni senza snaturarla, ma anche a mostrare nuovamente - non che ce ne fosse bisogno - quella capacità decisionale assolutamente indiscutibile della grande N in fatto di design.
Ciò che balza immediatamente all'occhio e che punge il cuore del giocatore è l'approccio visivo colorato, sinuoso ed essenziale. L'isometria delle tre dimensioni sostituisce egregiamente l'obsoleto sistema a caselle e le performance di un engine moderno donano all'isola una vivacità ed una modernità percettibili, che collidono amorevolmente con una fedeltà atmosferica incredibile.
Ogni dettaglio, oggetto, personaggio, costruzione, abitazione, melodia, dungeon è al proprio posto. Koholint è lo stesso mistico tempio dei sogni di quasi un trentennio addietro. Un rinnovato sistema di gestione dell'illuminazione, inoltre, contribuisce ad una resa armoniosa dei colori e della varietà geografica in cui saremo portati ad imbatterci.
Tutto sembra estremamente vivo e desto, in piena antitesi con il sonno apparentemente eterno del Wind Fish. Una menzione dobbiamo riservarla anche all'adattamento dell'inquadratura, che nel passaggio al formato 16:9 è riuscita comunque a canalizzare il focus in una sorta di quadrato centrale grazie ad un piacevole effetto sfocatura dei bordi.
Ad onor del vero registriamo che la complessità dei poligoni ed il quantitativo degli effetti a schermo non raggiunge affatto standard che su questi lidi si sono visti di ben altre proporzioni (vedasi Breath of the Wild, comunque per natura anche estetica totalmente differente). Proprio in virtù di ciò, non ci avvediamo di come si possano giustificare gli evidenti rallentamenti che accompagnano lo spostamento della telecamera verso una nuova inquadratura della porzione di mappa, tanto in modalità TV quanto in handheld. Si tratta di un qualcosa di assolutamente veniale, fuggevole e per nulla di rilievo nell'economia ludica, tuttavia si tratta anche di qualcosa di piuttosto inusuale nelle produzioni Nintendo, sempre molto attenta e certosina all'ottimizzazione tecnica.
Nell' ascetico viaggio di Link, nella caccia agli 8 strumenti in grado di destare l'enorme divinità sopita nel guscio dell'uovo gigante alle pendici del monte di Koholint, si ravvede l'ennesima espressione di fedeltà anche nella struttura ludica e nel ritmo di gioco. La linearità dell'avventura, sapientemente mascherata da free-roaming, si preserva nell'alternanza tra le sezioni puzzle rappresentate dai dungeon, le rispettive boss fight finali e l'esplorazione.
Quest'ultima vede nuovamente il suo fulcro in una sequenza di sub-quest incentrate sul sistema di scambio di oggetti, ora ottenibili anche mediante la new entry del gioco alla moda. Il funzionamento è analogo a quello delle classiche slot con un braccio meccanico che dovete manovrare per cercare di acchiappare la vostra ricompensa.
Scovare frammenti di cuore o conchiglie, tornando nei luoghi precedentemente preclusi come il manuale del buon metroidvania insegna, poi, sono le azioni che mediano direttamente il sistema di progressione, secondo una struttura che resta pressoché invariata.
Il risultato, in generale, è incredibile: la formula di gioco di Link's Awakening funziona anche oggi, al netto della veneranda età che porta all'anagrafe. I puzzle sono riusciti ed equilibrati, mai stucchevoli né frustranti. Il ritmo lo è altrettanto, con un climax nella complessità della composizione delle stanze dei dungeon, ed un'alternanza con sezioni più rilassate efficace e funzionale.
Rispetto al cripticismo di alcune fasi dell'originale, specie nei labirinti, sono state introdotte qui delle leggere facilitazioni sotto forma di indizi, che aiutano a comprendere più agevolmente cosa si debba fare e come. Per lo più si tratta di linee di dialogo aggiuntive o input visivi che denotano la volontà di aprire ad una maggiore accessibilità, modifica funzionale a svecchiare e limare uno degli aspetti spinosi, e ad avvicinare anche un pubblico di novizi.
Analizzando comunque il prodotto da una prospettiva più asettica e prendendolo in maniera totalmente avulsa dalla conoscenza del progetto originale, si tratta di un'esperienza ludica che troviamo ottima anche decontestualizzata, seppur nella sua estrema semplicità strutturale e con una matrice attempata.
Sebbene sia chiaro che la rivisitazione del comparto animazioni e di tutto l'environment giocano un ruolo importante nel feeling che restituiscono al giocatore, ad esempio, gli scontri con i nemici, va detto che essi risultano ancora troppo essenziali per i giorni nostri. È evidente, ad ogni modo, il beneficio che il lavoro svolto da Nintendo porta all'avventura ed alla sua fruizione, e la coraggiosa scelta di non voler segnare e stravolgere troppo l'esperienza madre, per noi, deve essere premiata.
La fedeltà della riproposizione è talmente evidente e sentita che non mancano nemmeno gli innumerevoli cameo che sono sempre stati un tratto iconico e distintivo del capitolo. Ecco che nell'overworld di gioco, piuttosto che all'interno di specifiche sezioni dei dungeon, troviamo tutta quella serie di riferimenti espliciti all'universo di Mario quali Goomba, piante carnivore, l'immancabile Categnaccio e gli abbozzi di sezioni platform di intermezzo tra alcune stanze.
Probabilmente una riproposizione di questo livello sarebbe sufficiente a farci emettere un verdetto lusinghiero, eppure questo remake introduce anche una novità importante, che impatta su varietà e longevità: la Chamber Dungeon Mode. Si tratta di uno specifico NPC dalla parlata piuttosto buffa e sconnessa, che vi consentirà di creare i vostri dungeon personalizzati, utilizzando i tasselli estrapolati direttamente dai labirinti affrontati nel corso del gioco.
Più avanzerete, più le possibilità si moltiplicheranno, offrendo la possibilità di dare sfoggio di tutta la vostra creatività. La varietà di situazioni è più che discreta, e l'editor rappresenta un'importante aggiunta che apre lo spiraglio ad un embrione di end-game incentrato anche sul concetto di sfida e multigiocatore. Le proprie creazioni, difatti, possono essere sottoposte alla community, così come si potrà tentare di affrontare e superare il più agilmente possibile i dungeon nostri o creati dagli utenti in una sorta di time attack.
Vorremmo rimanere qui a scrivervi e parlarvi di questo remake ancora, e ancora. Ma giunge il momento di essere più concisi e risolutivi: se avete un Nintendo Switch, non avete motivo alcuno per non avvicinarvi a The Legend of Zelda: Link's Awakening. Se, al contrario, non avete uno Switch, avreste dovuto avere già diverse occasioni per domandarvi se è il caso di rimediare. Questa può essere un'altra di quelle.
Perché quella di The Legend of Zelda: Link's Awakening è, ancora oggi e dopo 26 anni, la storia di un successo. Un successo ludico, emotivo, artistico e nostalgico, che passa anche dall'ennesimo strale incoccato dal magico arco di Nintendo Switch.
È la storia della storia di un medium prodigioso, eclettico ed affascinante, che reca in sé genio e sensibilità forse più di ogni altro. È la storia di una melodia, cara Marin, che non scorderemo mai.