The Persistence - recensione
L'horror di Firesprite si spoglia della VR, e non solo.
Ogni nuova esperienza, generazione e tecnologia è soggetta come tutte le cose ad evoluzione. L'evoluzione, specie in un settore come quello videoludico, muove dal genio, dal coraggio e dalla lungimiranza; da qualcosa che, anche in un piccolo ed apparentemente insignificante aspetto, prima non ci era mai stato mostrato.
La storia del nostro medium è ricca di prodotti seminali e sapevamo tutti che sarebbe toccato, prima o dopo, anche alla realtà virtuale. C'è un prima di Half Life: Alyx e ci sarà un dopo Half Life: Alyx.
Ebbene, tra le opere che hanno tentato di mostrare al mondo le potenzialità della VR, in quel "prima" troviamo The Persistence. Firesprite ha preso la sua enorme passione per la nuova tecnologia, una predilezione per le meccaniche stealth e le ha condensate in una formula roguelike-horror assolutamente congeniale.
Il mix ha funzionato, non c'è che dire, soprattutto nello spezzare quel continuum di operazioni embrionali decisamente più vicine alla definizione di tech demo che di esperienze videoludiche vere e proprie. Quel che ci è giunto è un titolo a suo modo rappresentativo, non tanto in senso assoluto, quanto proprio se pensato all'interno del catalogo delle esperienze col caschetto in testa.
Ecco perché, dunque, vogliamo raccontarvi qualcosina di The Persistence anche in occasione del suo rilascio globale su tutte le piattaforme, per raggiungere anche la considerevole fetta di utenza che non dispone di un visore.
Rinfreschiamoci brevemente la memoria: The Persistence ci porta all'interno dell'omonima nave spaziale, in un contesto sci-fi tutt'altro che originale, eppure narrativamente compatto. La missione è colonizzare un nuovo pianeta, alla ricerca di nuovi corpi cui destinare le coscienze umane, per dare un futuro alla razza.
Un buco nero, tuttavia, intralcia il cammino dell'equipaggio e di qualsivoglia dimensione spazio-temporale, offrendo il pretesto ideale per una mutazione continua delle stanze della nave. I livelli vengono generati proceduralmente e le armi perse ad ogni game over. I progressi legati al potenziamento dell'alter ego, tuttavia, permangono.
Ecco, dunque che le preziose cellule staminali che potrete estrarre dai mutanti vi offriranno l'occasione di aumentare la salute, il danno melee o la materia oscura, utile per compiere azioni come teletrasporto e il Supersenso.
Le armi dovranno essere trovate oppure acquistate dagli appositi terminali, al costo di gettoni e risorse che non sono troppo centellinate. Il loro utilizzo, tuttavia, è limitato dal basso quantitativo di munizioni che spingerà il giocatore ad un approccio furtivo, in special modo nelle fasi iniziali dell'avventura.
L'insieme di tali meccaniche offre un'esperienza "ludica" nel senso più letterale del termine. Nessuna partita sarà completamente uguale alle altre, nonostante il riciclo piuttosto evidente di asset e un respiro stilistico non troppo ampio. Risulterà piuttosto evidente comprendere come una formula simile, specie se unita ad un'atmosfera horror riuscita, guadagni considerevoli punti in un contesto come quello della realtà virtuale.
La criticità principale concerne, difatti,il collocare e inquadrare esattamente un'esperienza in un contesto differente da quello per il quale è stata pensata. E The Persistence riesce a proporsi come un prodotto complessivamente centrato nel catalogo di PlayStation VR, a fronte della sua atmosfera forte, di un sound design curato e di un sostrato ludico consistente, quantomeno se paragonato al quantitativo di esperienze lineari e brevi che popolano il catalogo del visore di Sony.
Nello sfruttare le capacità immersive della realtà virtuale The Persistence ha fatto centro ma non può certo dirsi lo stesso in senso assoluto, al netto di una struttura imperfetta e priva di particolari guizzi sia nella sua istanza da roguelike che in quella ibrida tra survival horror e stealth game.
Il pacchetto ludico permane sostanzialmente identico a quello proposto ormai quasi due anni or sono. Continua a convincere l'IA delle 8 tipologie di nemici, solerti ed aggressive il giusto, così come la varietà dell'arsenale, che per un'esperienza di questo tipo è più che valida. Permangono le criticità legate ad un pacchetto di animazioni vetuste ed impacciate che si mostrano soprattutto negli scontri melee.
Pensare a The Persistence senza il fascino indiscutibile della VR, dobbiamo ammetterlo, è problematico. Lo è in quanto molto del fascino dell'opera si abbandona e si perde nello spogliarsi dall'immersività della realtà virtuale, lasciandoci al cospetto di un'esperienza ludica appena discreta, che fatica ad emergere nell'ambito di tutte le istanze che abbraccia.
Affermiamo ciò pure di fronte ad un comparto tecnico che non ha alcun senso paragonare a quello mostrato dalla risoluzione del visore Sony. I dettagli sono lapalissianamente più vivi e puliti sul pannello in 4K al quale è collegata la One X su cui abbiamo effettuato la nostra prova. I particellari e l'illuminazione, in particolare, offrono una sorta di restauro visivo che, tuttavia, non riesce a porsi complessivamente al passo con i tecnicismi dei tempi, nemmeno dell'uscita dell'esperienza originale.
The Persistence non ha subìto una rivoluzione in termini di modelli e texture, assestandosi nell'ordinario anche su tale fronte. Non che il vezzo tecnico ci abbia mai toccato troppo, specie per operazioni nate da budget limitati.
La domanda che in molti si saranno posti la prima volta al cospetto di The Persistence e con un PSVR in testa ha, ora, una risposta ben più conclamata e meno ipotetica. E intendiamo rispondervi, anche per completezza rispetto a quanto ci si chiedeva su queste stesse pagine in sede di recensione.
No: The Persistence senza un casco in testa non è così bello. Intendiamoci, non si tratta di un prodotto totalmente scialbo e anonimo. Vi troverete piacevoli ore di intrattenimento se siete amanti delle atmosfere horror sci-fi e volete un'esperienza discretamente impegnativa a tinte stealth.
Non si tratta affatto di un titolo che potrebbe spingervi ad acquistare un visore ma si tratta di un'esperienza che di punti senza di esso ne perde al più un paio. E non è affatto poco.