Morkredd - recensione
Luci e ombre.
Il panorama delle produzioni indipendenti include una considerevole quantità di titoli puzzle game, quei progetti che anche a discapito di un budget magari limitato, sono capaci di offrire esperienze interessanti e coinvolgenti, che se ben strutturate riescono a conquistare appassionati.
Generalmente questi puntano a individuare una particolare meccanica o elemento su cui costruire i vari enigmi e livelli, come il caso di Relicta che fa del magnetismo il suo cuore pulsante. Nel corso dei decenni si è vista la creatività degli sviluppatori spingersi verso ogni direzione e il team di Hyper Games non è stato da meno con Morkredd, dando vita a un videogioco in cui tutto si basa su luci e ombre.
Il gioco inizia sì con una fase introduttiva, un breve tutorial che consente di presentare ai giocatori le dinamiche basilari della produzione ma che non si discosta in modo netto dall'avventura, costituendone soltanto una piccola porzione iniziale. L'intera storia, infatti, è presentata con un unico grande viaggio, senza interruzioni che interrompono il ritmo e con davvero poche ma apprezzabili cinematiche.
A conti fatti non si avverte la necessità di dilungarsi eccessivamente in tutorial superflui, e l'intero titolo si affronta con il solo utilizzo di cinque tasti se si gioca in solitaria e soltanto due se invece si opta per la modalità cooperativa. I protagonisti, infatti, sono due figure scure non meglio definite, simili a ombre.
Come menzionavamo nel paragrafo precedente, Morkredd si può affrontare sia da soli sia in compagnia. Se si decide per l'avventura in solitaria, prendendo come riferimento il gamepad, i due analogici servono a muovere rispettivamente i due personaggi, i due grilletti consentono loro di interagire con alcuni elementi del mondo di gioco, mentre un ulteriore tasto consente di invertire l'associazione comandi-personaggi.
Questa rappresenta una facilitazione alla gestione dei tue protagonisti, dando al giocatore la possibilità di far sì che quello a destra nella visuale corrisponda sempre all'analogico destro. Nonostante possa sembrare una superflua semplificazione, abbiamo apprezzato quest'opzione: non ci avrebbe infatti guadagnato nessuno nel predisporre una difficoltà artificiosa data soltanto dall'incrociarsi dei comandi con i personaggi.
L'obiettivo dell'intera avventura è di portare una sfera di luce dall'inizio alla fine del viaggio, livello dopo livello, ostacolo dopo ostacolo. Si perde soltanto se la sfera viene distrutta, anche se va detto che sono davvero poche le evenienze in cui ciò può avvenire, o quando uno dei due personaggi finisce in una zona d'ombra.
È qui che entrano in gioco le dinamiche che permettono, sostanzialmente, a Morkredd di esistere. L'ombra che elimina i personaggi può essere generata da un qualsiasi elemento, come un pilastro in apparenza innocuo, degli elementi mobili o lo stesso altro personaggio. Il giocatore, nel manovrare i protagonisti, deve prestare particolare attenzione ai loro movimenti, deve stare attento a non farli mai incrociare, e deve saper sempre calcolare come ogni movimento della sfera vada a modificare le ombre degli oggetti e dell'ambiente circostante.
Potrà sembrare riduttivo ma in realtà il gameplay consiste soltanto in questo. Nel corso dell'avventura ci saranno dei nemici che minacceranno l'integrità del globo di luce, ma anche lì, per eliminarli, basterà usare il proprio corpo per creare un'ombra nella loro direzione e ucciderli. O ancora, saranno presenti elementi con cui interagire, come leve da azionare, interruttori da attivare, o pali da far rotolare per creare un punte, ma il tutto andrà sempre fatto in funzione della posizione della sfera e dei due personaggi, per evitare di creare ombre che risulterebbero letali al giocatore.
Questo è l'esempio perfetto di come si possa costruire un intero gioco sfruttando un solo elemento chiave come nucleo, peccato soltanto che gli sviluppatori siano stati pochi coraggiosi nel voler sperimentare. Questo senza tener conto della durata un po' breve, meno di due ore.
A non averci particolarmente entusiasmato, infine, è il livello generale di difficoltà. In un puzzle game, l'errore, è parte integrante del processo di apprendimento, che porta inevitabilmente il giocatore a capire come poter proseguire. In Morkredd questo avviene solo in maniera superficiale. Difficilmente si sbaglierà più di una volta un livello, e anche quando succederà sarà sicuramente in seguito a distrazioni e non certamente per la complessità degli ostacoli, che generalmente sono abbastanza semplici e riciclano spesso le meccaniche.
Morkredd è insieme di ambientazioni affascinanti, un comparto audio che contribuisce a creare atmosfere cupe e un interessante utilizzo di luci e ombre, che rappresentano quasi una metafora della vita. Peccato che dal punto di vista del gameplay, non risplenda particolarmente per via di una durata breve e di un grado di difficoltà basso. In generale, la sensazione è che si potesse fare di più, sfruttando delle premesse promettenti.