Battlefield 2042 Recensione: La guerra totale di DICE è tornata
… ed è proprio come la ricordavamo.
Quali sono quegli elementi che uno sparatutto in uscita deve assolutamente possedere, per essere davvero moderno?
Il genere, come altri del resto, ha compiuto un'evidente parabola evolutiva negli ultimi anni, che ha portato alla scomparsa di interi sistemi di gioco, ma anche di tutte quelle esperienze sul mercato che non sono riuscite ad incontrare il sentimento del pubblico, diretto ormai in una direzione ben precisa.
Guardando alla serie Battlefield, è sorprendente notare come DICE abbia sempre cercato in primo luogo di rimanere fedele a sé stessa, senza abbracciare alcun compromesso relativo a una formula ludica ormai consolidata da oltre due decenni. Se i publisher più importanti del mercato tentano con ogni loro energia d'intercettare i trend del momento, confezionando un Battle Royale dopo l'altro e una valanga di esperienze free-to-play, lo studio svedese segue tenacemente un percorso che, almeno negli ultimi anni, non ha portato i frutti sperati. Battlefield V, infatti, è tuttora ricordato come uno dei capitoli meno incisivi della gloriosa carriera dello sviluppatore nordico.
Il mondo è andato avanti, è ora dominato da Tik Tok e dalla trap, mentre i consumi sono guidati da generazioni che mangiano capsule di detersivo per divertirsi. Alla fine, siamo realmente certi che ci sia ancora spazio, là fuori, per uno sparatutto come Battlefield, così profondamente vintage?
L'atto di ribellione di DICE è evidente, poiché al netto di una modalità che strizza l'occhio al mondo dei Battle Royale, Battlefield 2042 rimane saldamente ancorato ai suoi valori, a quell'anima sandbox che ha fatto innamorare milioni di giocatori di tutto il mondo tra le sabbie di El Alamein, i grattacieli di Shanghai e le acque dei Canali di Noshar. Dopo diversi appuntamenti dedicati alle modalità che vanno a comporre l'offerta ludica di questo capitolo, abbiamo finalmente potuto esplorare la versione finale del gioco, che non vedevamo l'ora di mettere alla prova in seguito alle incertezze tecniche della recentissima beta.
Attraverso alcune sessioni, durate diverse ore nell'arco di tre giorni d'evento, abbiamo affondato i nostri piedi nel fango della battaglia di All-Out Warfare, organizzato letali imboscate in Hazard Zone e partecipato ai divertenti crossover della modalità Portal, solo per potervi raccontare tutto, ma davvero tutto di un titolo che sebbene sappia di giocare con l'handicap rispetto ai suoi concorrenti, punta a dominare il mercato degli sparatutto di questo intenso, ultimo trimestre del 2021.
Il traguardo è ambizioso, e per questo DICE ha pensato innanzitutto di muoversi all'attacco sul campo dell'offerta contenutistica, sapendo di avere davvero pochi rivali in quest'ambito. La batteria di modalità presenti in Battlefield 2042 è semplicemente impressionante, specialmente dal momento che ciascuna di esse è in grado di regalare un'esperienza agli antipodi rispetto alle altre.
Quella che rappresenta senza dubbio il cuore pulsante del titolo dello studio svedese è All-Out Warfare, che racchiude le storiche modalità Conquista e Sfondamento, alla quale è riservato il compito di conservare e tramandare quel feeling particolare, quasi cinematografico, che solo un Battlefield può concedere.
Sebbene sia assente una campagna a giocatore singolo, All-Out Warfare si basa su un setting narrativo abbastanza convincente, che fornisce un contesto ai violentissimi scontri che ci troveremo a vivere in Battlefield 2042. Tra circa vent'anni, la carenza di risorse e l'inasprirsi delle condizioni meteorologiche a seguito del riscaldamento globale porteranno la maggior parte degli stati nazionali a fallire, e a lasciare senza una vera e propria patria miliardi di uomini e donne pronti a combattere per il miglior offerente.
La battaglia per il controllo del mondo tra le ultime grandi superpotenze, USA e Russia, sarà quindi combattuta da nient'altro che mercenari, ed è proprio a questo nuovo quadro narrativo che possiamo attribuire forse la più grande novità di Battlefield 2042. Le classi tradizionali dei vecchi Battlefield vengono definitivamente superate, e lasciano il posto a un sistema di specialisti non molto diverso da quelli presenti in altri shooter di successo sul mercato.
Gli specialisti, dieci in totale, non hanno alcun vincolo sull'equipaggiamento e sulle armi che possono portare in battaglia, ma ciascuno è dotato di abilità e perk unici che hanno un impatto considerevole sul gameplay di ogni personaggio. Mackay, ad esempio, può sfruttare un rampino che gli conferisce una mobilità senza pari sul campo, mentre le capacità difensive di Irish e Dozer si tradurranno in uno stile di gioco totalmente diverso da quello dei loro colleghi. Ognuno di essi, però, potrà liberamente impugnare una delle 22 armi che compongono la weapon list di questo capitolo, per poi abbinarla a uno di quei gadget che un tempo erano riservati a specifiche classi.
Nulla ci impedirà quindi di selezionare Casper, lo scout del gruppo che dalla sua ha un drone in grado di marcare i nemici in una determinata area, per equipaggiarlo con un fucile a pompa e una scorta di esplosivi, o ancora con delle cure e una sacca di munizioni. Che si tratti di hackerare i dispositivi nemici o di vedere gli avversari attraverso le pareti, di posizionare coperture antiproiettile o torrette pesanti antiuomo, le abilità uniche degli specialisti ci sono sembrate ben congeniate, al punto che spesso è stato davvero complicato scegliere con quale di questi scendere in campo: nei panni di Dozer ci mancavano le granate esplosive di Sundance, in quelli di Sundance il rampino di Mackay, e così via.
Imparare a conoscere le caratteristiche uniche degli specialisti e scegliere il proprio personaggio preferito sarà uno dei piaceri offerti da Battlefield 2042, e in questo senso siamo felici di non rimpiangere affatto il vecchio sistema di classi che forse aveva fatto il suo tempo. Un'altra importante innovazione che fa il suo esordio con questo capitolo è il nuovo sistema di meteo dinamico, che potrà portare alla formazione di catastrofici eventi atmosferici nel bel mezzo di una partita.
Con nostro grande sollievo, questo nuovo impianto non elabora solo grandi eventi scriptati in stile Levolution, ma vuole più che altro trasferire al giocatore un senso di autenticità, di "mondo dinamico" in costante evoluzione. Non vi troverete ad affrontare ad ogni partita drammatici disastri meteorologici, ma capiterà di frequente che una giornata serena venga interrotta da un violento temporale, o che la visibilità generale venga ridotta dall'alzarsi di una tempesta di sabbia. Se siete sfortunati, un colossale tornado finirà col devastare l'intera mappa, stravolgendo l'andamento del match grazie alla sua potenza distruttiva.
DICE si è quindi mossa bene nel rinnovare i canoni di Conquista e Sfondamento, anche se la vera punta di diamante di All-Out Warfare è rappresentata dalle mappe di Battlefield 2042, dei gioielli di level design che hanno saputo stregarci per tutta la durata dell'evento review. Le ambientazioni del nuovo capitolo sono sette, e hanno evidentemente goduto del passaggio ai 128 giocatori su console next-gen e PC. Questo cambio di paradigma ha motivato lo studio a realizzare non solo ambientazioni molto più ampie, ma che fossero inoltre ricche di aree più piccole e dense di obiettivi, attorno alle quali si concentrano gli scontri a fuoco più violenti.
Quel che colpisce è la varietà di situazioni di combattimento offerta dalle nuove mappe, che oltre a essere realizzate magnificamente dal punto di vista del level design, sono incredibili anche per quel che riguarda il colpo d'occhio offerto dai loro panorami. La più bella è sicuramente Hourglass, ambientata in una Doha ricoperta dal deserto e avvolta in una tempesta di sabbia che rende ancora più brillanti i neon dei ricchissimi grattacieli cittadini.
Con la nostra squadra avevamo appena conquistato una zona particolarmente aperta e priva di edifici, e scegliendo il prossimo bersaglio ci eravamo accorti che gli obiettivi dello stadio di Doha erano tutti in mano al nemico. Abbiamo richiesto in fretta un piccolo mezzo d'assalto col nuovo sistema di supporto che permette di ottenere veicoli e altri potenziamenti in qualsiasi luogo della mappa, abbiamo modificato gli accessori alle armi grazie all'editor in tempo reale, ci siamo diretti all'interno dell'edificio e lì è cominciata tutta un'altra partita, fatta di combattimenti a corto raggio e sparatorie ravvicinate.
A fronte di tutte queste conquiste, è altrettanto vero che sono stati diversi gli elementi del gameplay relativo alle armi che non ci hanno saputo convincere a fondo. Il gunplay del gioco funziona, non abbiamo sofferto in alcun modo il passaggio a un sistema di movimento sicuramente più fluido, il TTK è ridotto rispetto al passato ma solo di qualche frazione di secondo, mentre il comportamento delle bocche di fuoco poteva essere riprodotto con maggiore cura. È difficile trovare un titolo che riesca a eguagliare Modern Warfare sul campo delle animazioni di fuoco, ma ci aspettavamo sicuramente di più da DICE considerando come in uno shooter, di solito, le armi sono abbastanza importanti.
È inspiegabile, inoltre, quanta poca attenzione sia stata rivolta al pool delle armi, e successivamente all'editor degli accessori che è forse il peggiore della storia recente della serie Battlefield. Le armi, in totale, sono a malapena 22 e tra esse troviamo un solo tipo di pistola semiautomatica, 4 soli fucili d'assalto, 4 mitragliette e due fucili a pompa. Quest'inversione di tendenza rispetto al passato è sintomo del fatto che adesso l'equipaggiamento non è più vincolato alle classi, ma la presenza di così poche armi, anche molto simili tra loro in termini di comportamento e ruolo sul campo, ha rappresentato una cocente delusione.
Anche l'editor ci è parso essere stato costruito con una buona dose di superficialità: le armi (e non tutte) hanno solo 4 slot per gli accessori, e gli interventi alla canna, al caricatore, al mirino e all'accessorio sottocanna non si traducono in delle concrete modifiche a livello estetico sul corpo del fucile. Quando un Call of Duty ha un editor delle armi più profondo e curato di un Battlefield, qualcosa è andato storto.
Malgrado i nostri rimpianti, All-Out Warfare promette in ogni caso di tenere impegnati i giocatori per tanto, tanto tempo, e fa specie essere arrivati a questo punto della recensione avendovi parlato solo di una delle tre modalità del gioco finale. La seconda, quella che sicuramente è la più interessante dell'intero pacchetto, è Hazard Zone, una sorta di Battle Royale a 32 giocatori che fonde PvE e PvP, ambientata nelle stesse mappe di Conquista e Sfondamento.
In Hazard Zone, insieme a tre compagni, dovremo ottenere il maggior numero di Data Drives da una manciata di satelliti caduti, combattere con le altre squadre anche loro alla ricerca della risorsa, raggiungere uno dei due punti d'estrazione per ogni partita e fuggire col bottino, ottenendo della preziosa valuta con cui potenziare il nostro specialista per il round successivo.
La modalità chiaramente verte sul gioco di squadra e sulla tattica, ma anche sulle decisioni che un team prende nel cuore dell'azione: avrete dei Data Drives, un'estrazione a breve distanza e una concreta possibilità di farcela, ma vicino a voi c'è un satellite protetto solo da un piccolo manipolo di NPC nemici.
Mancare la prima estrazione vi costringerà poi a combattere per non perdere anche la seconda, ma accumulare un maggior numero di Data Drives è l'unico modo per dare un vero senso alla partita. Nel nostro caso non è mai stato facile scegliere tra una delle due opzioni, e ancora una volta la varietà di situazioni offerta dalle mappe ci ha sempre fatto incontrare nuovi pericoli e opportunità dietro ogni angolo.
Le abilità degli specialisti si combinano bene con la formula di Hazard Zone e se dovessimo tirare a indovinare, l'avvicendamento che li ha visti sostituire le classi è avvenuto proprio nell'ottica di una modalità come questa. Scegliere il giusto mix di abilità sarà cruciale per il successo finale, ma c'è anche un altro elemento che rende molto importante la selezione dello specialista da portare in un round: quando si esce vittoriosi da una partita, quel personaggio ottiene una "streak", una serie di estrazioni che garantirà ricompense estetiche uniche al giocatore.
Se i crediti ottenuti grazie ai Data Drives servono sostanzialmente solo per migliorare il proprio loadout pre-partita con armi e perk aggiuntivi, le streak sembrano essere significativamente più remunerative e difficili da conquistare. La terza e ultima modalità è Battlefield Portal, un grande tributo ai fan storici della serie, che promette di dare un nuovo significato alla parola "community". Portal fondamentalmente è un gran calderone, che contiene al suo interno i moduli multigiocatore di Battlefield 1942, Battlefield: Bad Company 2 e Battlefield 3, con 6 mappe, oltre 40 armi, 40 veicoli e 30 gadget dai tre più celebri capitoli del franchise firmato da DICE.
Portal non si limita a fornire un supporto emotivo ai nostalgici di Battlefield, ma più che altro ambisce ad offrire esperienze spiccatamente arcade ispirate ai moduli di quegli storici videogiochi, grazie a un profondo editor attraverso il quale ogni giocatore potrà realizzare playlist personalizzabili in ogni dettaglio. Sarà possibile partecipare a partite che mettono di fronte i soldati di 2042 a quelli di 1942, o ancora con regole speciali, magari con limitazioni particolari all'equipaggiamento da poter utilizzare.
Nel nostro caso, la prima partita del test coinvolgeva i soldati di 1942 contro quelli di Battlefield 3, impegnati a una caccia al VIP nella bellissima cornice di Arica Harbor. Poi siamo passati a qualcosa di più estroso, un round la cui unica arma disponibile era un lanciarazzi, che si ricaricava solo ad una condizione... saltando. Insomma, le possibilità creative garantite da Portal sono infinite, come abbiamo potuto sperimentare anche noi creando una playlist personalizzata attraverso il sito web dedicato raggiungibile da browser.
Le formule più arcade, in ogni caso, saranno affiancate da server interamente dedicati a esperienze vanilla dei tre videogiochi, e facciamo fatica a descrivervi l'emozione provata giocando ad El Alamein, con il modulo di Battlefield 1942, interpretando in squadra una formazione di carristi in corsa verso un obiettivo nemico.
Portal, con tutta probabilità, si arricchirà col tempo includendo nuove armi e veicoli, oltre possibilmente ad altri videogiochi della serie Battlefield, ma secondo noi il suo merito più grande è quello di permettere a tutti quanti, questa volta, di realizzare server privati con regole speciali, con cui divertirsi con gli amici seguendo soltanto la propria creatività.
Abbiamo giocato Battlefield 2042 su un PC di fascia alta e vi invitiamo con grande attenzione a non prendere questa per una recensione delle versioni console, alle quali non abbiamo avuto accesso al momento della stesura dell'articolo. Se esempi recenti ci hanno insegnato a non concedere giudizi affrettati sulle performance delle altre edizioni, dobbiamo ammettere che nel caso di questo Battlefield ci sentiamo particolarmente fiduciosi.
Giocato in 4K a dettagli Ultra, su una NVIDIA GeForce 3070 RTX, il gioco non è mai riuscito a mettere in difficoltà la nostra configurazione, che in passato aveva dovuto alzare bandiera bianca e retrocedere ai 1080p in più di un'occasione. Il titolo sembra molto ben ottimizzato, i problemi della beta sono un gran brutto ricordo, e a fronte di un impatto grafico di rilievo, che miscela panorami mozzafiato a bellissime esplosioni ricche di particellari, le performance non sono mai crollate, nemmeno in fase di registrazione. DICE deve aver detto la verità quando parlava di una build beta vecchia di mesi, perché solo una microscopica parte di quei bug è arrivata nella versione finale.
Arrivando agli sgoccioli di questo articolo, ci stiamo accorgendo come la domanda che ci siamo posti all'inizio fosse un po' scontata, perché in effetti c'è sempre spazio, in qualsiasi tipo di mercato o industria, per la nostalgia.
Malgrado presenti una quantità di contenuti soverchiante, delle ambientazioni fuori scala, un'eccellente qualità generale e alcune scelte azzeccate in termini di gameplay, Battlefield 2042 è un ottimo sparatutto principalmente perché conserva l'anima dei suoi antenati, offrendo un'esperienza ancora apprezzabile, che semplicemente non esiste all'infuori degli studi DICE.
Oltre le mura di Stoccolma non esiste nulla che possa sostituire un Battlefield per chi prova o ha provato affetto nei suoi confronti, e di conseguenza giocarne uno capace di ignorare i trend, che supera e sconfigge ciò che è derivativo e di moda per rimanere totalmente fedele alla sua community, è un dono da non sottovalutare.
Probabilmente la struttura ludica di Battlefield 2042, in relazione alla sua autenticità, non gli permetterà di diventare il prossimo grande successo interplanetario. Ma lui non lo sa, e ci fa divertire lo stesso.