Assassin's Creed Unity e il '900p politico' - editoriale
La 'parità forzata' di Ubisoft su console è negativa per l'industria.
Ubisoft ha dichiarato che Assassin's Creed: Unity girerà a 900p e 30fps sia su PS4 che su Xbox One. La motivazione offerta appare decisamente singolare: per bocca dello stesso senior producer Vincent Pontbriand, la scelta di equiparare le prestazioni sui due hardware differenti sarebbe stata fatta per "evitare discussioni". Le parole esatte sono: "abbiamo deciso di bloccarle [le due versioni, ndR] sulle stesse specifiche per evitare tutte le discussioni e cose del genere".
Gli aspetti di curiosità collegati alla vicenda sono molteplici, a partire dal più evidente: una simile dichiarazione è senz'altro destinata a far parlare molto di più di quanto non avrebbe fatto qualsiasi differenza di performance rilevata nelle due versioni del gioco finale. Se l'obiettivo di Ubisoft era quello di neutralizzare l'insorgere di polemiche sui siti e nei forum di mezzo mondo, vista la risonanza che la notizia ha già ottenuto, possiamo dire sin d'ora che la missione è fallita ancor prima di cominciare.
Appare anche difficile comprendere che tipo di "danno" possano arrecare ad Ubisoft (o magari, a suo giudizio, abbiano già arrecato in passato) i confronti di risoluzione e fluidità tra le varie versioni di un gioco. Ovviamente, tutti noi sappiamo benissimo che l'argomento è spinoso e capace di generare flame infiniti, ma la correlazione esatta che tale fenomeno avrebbe con il successo o meno di un prodotto sul mercato, o in senso più ampio con la reputazione del developer coinvolto (le due cose che a rigor di logica dovrebbero interessare di più ad un'azienda), non è chiara.
In fondo, se un gioco gira meglio su una piattaforma e peggio su un'altra, logica vuole che si incolpi la piattaforma, non lo sviluppatore (salvo particolari casi di flagrante pigrizia o incapacità, che però sono piuttosto rari). In sostanza: perché Ubisoft dovrebbe avere un interesse a prevenire i confronti su siti e forum? Che tipo di vantaggio può trarre dal fatto che il gioco sia identico su tutti gli hardware? Sarà interessante scoprire come la nostra popolare rubrica Digital Foundry si approccerà alla questione, magari effettuando una sorta di introspezione sul suo ruolo nell'ambito dell'industria.
Ad ogni modo, è forse la prima volta che un developer dichiara con tanto candore di aver intenzionalmente scelto di livellare verso un minimo comune denominatore le caratteristiche del proprio titolo multipiattaforma, per ottenere quella famigerata "platform parity" di cui tanto si sente parlare.
Per chi non conoscesse l'espressione, il concetto è semplice: non si sceglie una particolare configurazione di risoluzione/fps/dettaglio perché quello è il massimo raggiungibile sulla determinata piattaforma. Si sceglie, invece, di equiparare arbitrariamente la performance su hardware differenti, per offrire un'esperienza identica su ognuno di essi. Lasciando, inevitabilmente, inutilizzata una parte delle risorse dell'hardware più potente. La domanda è: chi ne trae beneficio? Si tratta di un approccio giusto?
Indubbiamente si può rivelare una scelta per molti versi "comoda" per lo sviluppatore, che, piuttosto che compiere un delicato lavoro di ottimizzazione sui vari e differenti hardware, può limitarsi a creare quella che ritiene un'esperienza "sufficientemente buona" condivisibile da tutti e risparmiarsi il resto della fatica.
Ma dov'è il vantaggio che da un approccio del genere avrebbero gli utenti? La situazione ideale, per gli utenti di ogni console, è che i titoli siano sviluppati per sfruttare al meglio la macchina su cui girano. Scegliere semplicemente una via di mezzo condivisa tra hardware differenti è un approccio che non premia nessuno. Anche i più feroci detrattori dei confronti tecnici su Internet dovranno ammettere che il best case scenario, ossia la situazione migliore in cui tutti "vincono", si realizza quando ogni hardware viene sfruttato al meglio, in modo da esprimere le sue prestazioni in pieno, senza essere appositamente azzoppato per "omogeneizzare" l'esperienza con quella di altri sistemi.
Ovviamente dal punto di vista tecnico la questione è molto complessa. Ci potrebbero essere mille ragioni concrete per le quali Assassin's Creed: Unity girerà a 900p e 30fps, e non oltre, sia su Xbox One che su PS4. La stessa Ubisoft ha dichiarato che il problema risiederebbe, principalmente, nella scarsa potenza delle CPU. Qualsiasi spiegazione tecnica, però, va a cozzare con la candida ammissione iniziale, ossia quella che spiega come il fatto di equiparare le performance tra le due console sia stata una scelta arbitraria compiuta a monte, e non dunque il risultato di una valutazione puramente tecnica.
A seguito dell'enorme mole di polemiche istantaneamente generata, Ubisoft ha già diffuso una rettifica, in cui spiega che le parole del suo senior producer sono state malintese e che nessuna delle due versioni è stata castrata. Non si capisce, però, cosa ci sia da fraintendere in una esternazione che sembra molto chiara ed esplicita, rilasciata oltretutto da un responsabile di alto livello, non l'ultimo degli impiegati.
Inoltre, se entrambi gli hardware fossero stati sfruttati al massimo, pensiamo che dall'inizio si sarebbe detto semplicemente quello, ossia che 900p30 era il massimo del risultato ottenibile su entrambe le console, senza tirare in ballo altre questioni. Per tali ragioni, la rettifica di Ubisoft sembra più un tentativo di damage control effettuato dalle public relation che non una vera chiarificazione.
Resta, machiavellicamente, da considerare una possibilità. I saggi del marketing dicono che "anche la cattiva pubblicità è buona pubblicità". Se, contrariamente a quanto detto, fosse proprio questo il risultato cercato da Ubisoft con la sua comunicazione, ossia accendere la miccia e far parlare diffusamente (per giunta a costo zero) del suo titolo di prossima uscita... allora complimenti per il trionfo.