Astro's Playroom - prova
Primo contatto con PS5 e Dual Sense. Primo contatto con la next-gen.
C'è una reliquia del passato che rimarrà per sempre marchiata a fuoco nella memoria di molti videogiocatori, qualcosa che è riuscito a tenerci compagnia per innumerevoli pomeriggi fino a ritagliarsi uno spazio nella mitologia del mondo delle console. Stiamo parlando della Demo One del 1997, quel semplice dischetto che al suo interno conteneva una ventina di dimensioni completamente diverse l'una dall'altra, un puzzle composto da minuscole esperienze pensate per farci prima sognare e poi assaporare l'età dell'oro di PlayStation.
Anche se il balzo tecnologico verso la nona generazione di console è decisamente più contenuto rispetto alla voragine che separava le due e le tre dimensioni, Sony ha deciso di precaricare una particolare applicazione sulla sua nuova macchina a forma di “Perfect Cell”. Come avrete intuito stiamo parlando di Astro's Playroom, piccolo progetto che ha fatto capolino fin dal momento dell'annuncio della console, e che è stato rapidamente relegato dal pubblico come dalla critica al ruolo di mera demo tecnica. Evidentemente ci siamo dimenticati dell'incidenza delle suddette operazioni, perché Astro's Playroom si è rivelato un cocktail di benvenuto a dir poco sorprendente.
Sì, sappiamo cosa state pensando. Come può un videogioco che sfoggia una resa grafica tutt'altro che impressionante e incapace di "spettinare" arrogarsi l'arduo compito di presentare le novità di PlayStation 5? La risposta è molto semplice, e in parte già la conoscete: le innovazioni portate dalla nona generazione di console, e nello specifico da PS5, vanno ben oltre alla mera forza bruta, e Astro's Playroom ne è una dimostrazione lampante.
Che cos'è Astro's Playroom? Semplicemente è un piccolo esponente del “collectathlon”, un genere videoludico reso celebre da grandi classici come Banjo-Kazooie, avventure nelle quali l'unica cosa che conta è divertirsi raccogliendo tonnellate di oggetti collezionabili sparsi ai quattro angoli delle mappe. La grande differenza rispetto allo standard è che il piccolo Astro si muove nei confini di un universo pensato per ricalcare nientemeno che il nuovo hardware di Sony, con ciascuno stage destinato a parodizzare e reinterpretare una caratteristica alla base di PS5.
Per questa prova, ad esempio, ci siamo limitati ad esplorare Cooling Springs, un mondo che mette in scena il sistema di raffreddamento della console e che accoglie il giocatore sulle coste di una torrida spiaggia estiva, per poi alzare il sipario sul più classico dei livelli innevati. Ha perfettamente senso, non credete? Il sistema di raffreddamento di PS5 fa sì che nei meandri dei condotti s'incontrino pinguini intenti a vagare fra un iceberg e l'altro, proprio nel mezzo del percorso prescelto dal nostro eroe.
Astro's Playroom è pensato per dare sfoggio di tutte le caratteristiche della nuova macchina, dalle più lampanti fino alle più sottili e inaspettate. Ciò significa che le meccaniche cui è sottesa l'avventura di Astro intrecciano sapientemente l'uso del touchpad con quello dei sensori di movimento, la forza dei grilletti resistivi con la sensazione dovuta al feedback aptico, la mole di oggetti caricati dall'SSD con il microfono integrato nel pad.
A un certo punto capita di dover agitare una girandola per aiutare il robottino ad attraversare un torrente. Solitamente saremmo portati a tentare di individuare una soluzione nelle immediate vicinanze, ma non è così che funziona. Per riuscire a produrre il fiato d'aria necessario per animare l'imbarcazione bisogna soffiare nel microfono al centro del Dual Sense, come se i nostri sospiri bastassero a muovere il vento virtuale.
Ecco, ora prendete questa formula e immaginate di applicarla a ciascuna interazione del protagonista, mentre il sordo ticchettio dei suoi passi continua a giungere fino alle vostre orecchie direttamente dal basso del controller. Si potrebbe dire che Astro's Playroom è al tempo stesso il tutorial del Duals Sense, una demo tecnica di PS5 e un deep dive nell'hardware della console, ma la verità è che sarebbe un errore, perché si tratta prima di tutto di un videogioco.
Di un videogioco divertente, fra l'altro. Uno “swish” sul touchpad e s'indossano i panni di una molla meccanizzata: a quel punto, bisogna orientare ciascun balzo sfruttando i sensori di movimento per poi regolare la potenza attraverso i grilletti, confrontandosi con sezioni di gioco che sono ben lontane dalla banale esibizione tecnica. È solo toccandoli con mano che ci si rende conto dell'impatto dei nuovi dorsali, e le potenziali soluzioni che potrebbero essere adottate nei confini di produzioni più ambiziose si sprecano.
Tralasciando la freschezza che traspare da ogni singola interazione, così come il fatto che ciascun cavo tirato da Astro solletichi i palmi delle mani attraverso il feedback aptico, questa Playroom è soprattutto un piccolo scrigno confezionato con amore. E cosa contiene? Ovviamente, tutta la storia di PlayStation. L'intero stage Cooling Springs si è rivelato una caccia al tesoro, e il tesoro non era altro che una serie di accessori, console e periferiche parte della leggenda di Sony, come se Japan Studio volesse costruire un vero e proprio museo incastonato nella console.
Ma a voler essere onesti, non abbiamo prestato particolare attenzione alle pur curatissime ambientazioni che si srotolavano come sfondo alla folle corsa del robottino. E in un certo senso pensiamo che l'obiettivo perseguito da Sony fosse proprio questo. Astro's Playroom è una sottile esperienza capace di far volare la fantasia a grandissime altezze, perché di fronte a ciascuna piccola innovazione celata dietro le scintillanti sezioni di platforming, non si può fare altro che pensare al futuro.
Mentre il robottino tendeva una corda e la sentivamo vibrare sotto ai polpastrelli, la nostra mente viaggiava fino a Ellie di The Last of Us, pensando a ciò che Naughty Dog avrebbe potuto fare con il medesimo strumento. Mentre spingevamo con decisione un grilletto sinistro deciso ad opporsi con forza alla nostra presa, disegnavamo con il pensiero l'effigie di Kratos intento a spezzare la guardia di una divinità norrena. Mentre le casse del Dual Sense ci suggestionavano con i festosi rumori ambientali, potevamo quasi percepire le voci nella testa di Cloud da qualche parte nel sequel di Final Fantasy VII Remake.
A seguito di quei momenti ci siamo fermati, abbiamo preso un bel respiro, e ci siamo resi conto di aver sottovalutato la next-gen; o meglio, di aver sottovalutato quello che può essere l'impatto delle migliorie apportate a una banale periferica che conosciamo e utilizziamo quotidianamente da oltre un trentennio. Poi, all'improvviso, la festa di colori e musica attorno ad Astro ci ha riportato rapidamente alla realtà, e un balzo dopo l'altro ci siamo fatti strada fino alla fine del livello.
È stata proprio una strana esperienza questo primo contatto con Astro's Playroom. Chissà se, nel lontano 1995, qualcuno è riuscito a intravedere il futuro di Metal Gear Solid, Final Fantasy VII o Crash Bandicoot Warped attraverso il velo delle produzioni embrionali.
Ciò che possiamo dirvi è che, nonostante le tiepide aspettative maturate attorno alla next-gen, quando si avvia una nuova produzione sullo sfondo di una nuova console si prova comunque una sensazione speciale. E chiunque scegliesse di fare il salto a bordo di PlayStation 5, troverebbe ad accoglierlo un robottino capace di far galoppare la fantasia.