Astro's Playroom - recensione
La storia di PlayStation nel palmo di una mano.
"Tutti i videogiocatori meriterebbero un Astro's Playroom". È questo il primo pensiero che ci ha attraversato la mente dopo aver completato l'avventura del robottino, un titolo che abbiamo sbirciato per giorni in modo disinteressato, accecati dal luccichio di esclusive ben più blasonate. E invece lui era lì, fin dalla prima accensione della nostra PlayStation 5, e custodiva stoico i cancelli di una storia d'amore durata ventisei anni.
Già, tutti i produttori di hardware dovrebbero realizzare qualcosa come Astro's Playroom, ma purtroppo l'universo del capitano di latta vivrà esclusivamente nei confini della next-gen di Sony. Anzi, sarebbe meglio dire che c'è un intero esercito di robottini che si agitano freneticamente in mezzo ai circuiti di ogni singola PS5, aspettando con trepidazione che il comandante della console decida di dargli una chance.
Sarebbe inutile mentire: scoprendo che il Team Asobi di Sony Japan Studio avrebbe confezionato una piccola esperienza fiorita dall'eredità di Astro-bot, per poi integrarla nell'OS di ogni singola console next-gen, abbiamo pensato a una produzione trascurabile, minuta, realizzata esclusivamente per aggiungere pepe alla SSD di PlayStation 5. Beh, ormai avrete capito che non è assolutamente così.
Astro's Playroom è prima di tutto un videogioco. E non un videogioco normale, ma uno di quelli confezionati con un amore sconfinato. Poi, però, ci sono tante altre anime in lotta fra loro per uno spazio sul palcoscenico. E così, Astro's Playroom diventa un po' un museo ispirato a Sony, un po' un tributo all'intero mondo dei videogiochi; assume le tinte della demo tecnica dedicata al DualSense, a tratti alza il sipario sulle novità della nuova generazione, per certi versi rappresenta il cocktail di benvenuto offerto da PS5.
Ma attenzione, resta in tutto e per tutto un videogioco magnetico. La Playroom tradisce un'ispirazione figlia dei platform tradizionali, i "collectathlon" se vogliamo, irradiando una luce che ricorda tasselli d'infanzia come Banjo-Kazooie, magari anche un pizzico di Croc: Legend of the Gobbos, forse pescando briciole meccaniche dal design di Crash Bandicoot. Insomma, la base è quella di un videogioco a piattaforme in tre dimensioni della vecchia scuola, fatta di singoli livelli da esplorare millimetro per millimetro e orde di nemici da abbattere.
Poi, sopra queste fondamenta, iniziano a stratificarsi le costruzioni del DualSense, regalando alle meccaniche dozzine di sfumature diverse. Astro inizia a scherzare con il gameplay di Super Monkey Ball evidenziando la precisione del touchpad, ci fa scalare intere montagne sfruttando la responsività dei giroscopi, mette il giocatore al comando di navicelle spaziali e gli chiede addirittura di soffiare dentro il pad per azionare, con la sola forza del fiato, girandole e mulini.
Ogni livello estrae dal cilindro qualcosa di nuovo, che sia un semplice arco pensato per mostrare i grilletti adattivi o un costume caricato a molla pronto a stravolgere le regole del gameplay; il risultato è un mondo di gioco che, per quanto contenuto, trasuda una mole di ispirazioni che potrebbero dar vita a decine di esperienze diverse. E tra l'altro, non si tratta assolutamente di un mondo normale.
L'ambientazione è infatti liberamente ispirata all'hardware di PS5, come se Astro-bot decidesse di prenderci per mano e condurci a fare un tour in mezzo a cavi, transistor e schede di memoria nascoste all'interno della scocca. L'hub, ovvero CPU Plaza, non è altro che il cuore pulsante della nuova console PlayStation, pronto a svilupparsi lungo tutte le arterie del caso. Ai margini della piazza, infatti, ci attendono cancelli pronti a spalancarsi sulle componenti principali, dalla SSD al sistema di raffreddamento, dalla GPU alla memoria.
Non bisogna immaginarsi qualcosa di cervellotico: Giungla della GPU, ad esempio, è sì uno stage dedicato alla scheda grafica, ma è anche e soprattutto la più classica delle giungle videoludiche, un piccolo teatro in cui vengono rievocate tantissime scene che hanno segnato la storia del medium. Capita di sporgersi da un burrone e vedere un robottino intento a replicare le imprese di Nathan Drake, o ancora di calarsi da una sporgenza e imbattersi all'improvviso nella maschera di Aku-Aku circondata da casse di legno e frutti Wumpa,
E questo perché Astro's Playroom è anche e soprattutto una lettera d'amore dedicata all'intera storia di Sony nel mondo dei videogiochi. Probabilmente sarà ricordato come il titolo con la maggior concentrazione di easter-egg mai realizzato, un'opera traboccante di piccoli segreti nascosti esclusivamente per strappare un sorriso a tutti gli appassionati. È in quel momento che ha inizio un gioco dentro il gioco: oltre a completare i livelli, ci si può divertire a indovinare quale scena estratta da un videogame i simpatici robottini stiano tentando di replicare.
Crash Bandicoot raccoglieva cristalli e gemme, Mario collezionava stelle, Sonic aveva un debole per gli anelli. E Astro-bot, invece? Astro colleziona hardware e software legati a doppio filo con l'eredità di Sony. Si chiamano artefatti, e potrebbero essere qualunque cosa, dal multi-tap per PlayStation 2 fino alla prima versione del DualShock, dalla telecamera EyeToy fino a una console PS Vita nuova fiammante.
Così, Astro's Playroom racchiude nel suo scrigno anche un vero e proprio museo, ovvero il PlayStation Labo, praticamente una sala del tesoro imbastita dal capitano Astro, una stanza che pian piano si riempirà di tutti, ma proprio tutti, gli hardware e le periferiche che hanno segnato la storia della casa giapponese. E dopo aver scalato una mastodontica PS2 o fatto quattro salti in mezzo a PS Move e DualShock, si può tentare la fortuna di fronte a una macchinetta gacha.
Tranquilli, stiamo parlando di un gacha game vero e proprio, non di un sistema di monetizzazione: utilizzando le monete nascoste nei livelli, è possibile acquistare le classiche sferette da luna park nel tentativo di trovare tutti quegli artefatti e pezzi di puzzle che non si nascondono nei meandri dei livelli. Ah già, non ne avevamo ancora parlato: il salone è affrescato da due murales dedicati alle quattro generazioni di Sony PlayStation, da completare lentamente recuperando una tessera dopo l'altra nei punti più inaccessibili degli stage.
È incredibile come una scatola così piccola possa contenere tante emozioni. Ed è anche difficile spiegarle a parole, come ad esempio quello che si prova trovandosi improvvisamente catapultati all'interno dello sfondo del sistema operativo di PlayStation 2, fra poligoni fluttuanti e una dimensione aliena che tutti gli appassionati riconoscerebbero al primo sguardo. Ad aiutare enormemente è la colonna sonora originale, a dir poco meravigliosa, per giunta impreziosita da tutti gli storici effetti sonori che hanno segnato le nostre infanzie.
Asobi ha trovato nei suoi robottini il perfetto comitato di benvenuto per chiunque faccia il salto assieme a PS5. Il team è riuscito a dar sfoggio delle nuove meccaniche, confezionando al tempo stesso un videogioco eccellente e soprattutto riuscendo a strappare qualche lacrimuccia dai pur allenatissimi occhi dei fanatici della prima ora; per finire, ha deciso di chiudere il cerchio con un'azzeccata formula di multiplayer asincrono forte di leaderboard, e una serie di trofei anch'essi ispirati alle fatiche artistiche della casa.
Era dai tempi di Wii Sports che non ci trovavamo al cospetto di un software integrato tanto impattante. Un titolo al quale ci si avvicina con diffidenza, per poi scoprire passo dopo passo tutte le meraviglie del DualSense e infine assaporare gli splendidi riferimenti di cui è costellato.
Certo, Astro's Playroom non sarà il gioco che segnerà la next-gen, ma è un gioiello raro sul quale è vietato addormentarsi, ed è stato confezionato con un livello di cura che è capace di lasciare a bocca aperta.
Insomma, quando arriverà la vostra PlayStation 5, non fate assolutamente l'errore di ignorare quella minuta icona che sarà già presente nella sezione dedicata ai giochi.