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Atelier Ayesha: The Alchemist of Dusk - review

Piccole alchimiste crescono.

Nata nel 1997, Atelier è una serie di videogiochi molto nota in Giappone, ma che in Occidente non gode decisamente della stessa fama. Non perché comprenda giochi pessimi, ma perché si tratta di uno di quei prodotti realizzati appositamente per il pubblico nipponico, uno di quelli su cui un publisher rifletterebbe tre volte prima di importarlo nel nostro paese rischiando un catastrofico flop. Fatto sta che noi poveri giocatori occidentali abbiamo atteso sino al 2004 e all'epoca PS2 per poter finalmente giocare questa saga che, ben lungi dall'ipotetico flop, è riuscita nel tempo a ricavarsi un piccola nicchia di appassionati.

È a questi appassionati che è dedicato Atelier Ayesha: The Alchemist of Dusk, quarto capitolo della saga ad uscire su PS3. E a questo punto un piccolo monito: non preoccupatevi se non avete giocato i precedenti episodi e continuate pure a leggere. Atelier è un po' come Final Fantasy, a ogni episodio cambiano storia e protagonisti.

Quella di questo capitolo è infatti Ayesha (ma guarda un po'), una simpatica ragazzetta che si diletta d'alchimia e si guadagna da vivere commerciando medicinali e pozioni coi paesi vicini. Un'esistenza pacifica segnata unicamente dalla scomparsa della sorellina che, misteriosamente sparita mentre raccoglieva ingredienti per l'ennesima pozione, riapparirà all'inizio del gioco in una forma alquanto spettrale. Da questo incontro prende piede il viaggio della protagonista, che partirà alla scoperta dell'alchimia nella speranza di trovare la sorellina scomparsa. Una vicenda dai toni pacati e dalle tinte particolari, fortemente volta ad attrarre un ben determinato tipo di pubblico.

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"Atelier s'indirizza a un target principalmente femminile, proponendo un stile e una storia più simili a quelli degli shojo (manga per ragazze) che dei jrpg"

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I turni dei combattimenti sono chiaramente scanditi da un'utile barra laterale. In tal modo potrete sapere in ogni momento quale dei vostri personaggi controllare.

Atelier s'indirizza infatti a un target principalmente femminile, proponendo un stile e una storia più simili a quelli degli shojo (manga per ragazze) che dei jrpg. Un particolare che è possibile notare già dopo i primi minuti. I protagonisti, principalmente di sesso femminile, sono stati tutti realizzati con uno stile in cell shading alquanto mieloso che sostituisce adolescenti vestite di pizzi e merletti alle procaci fanciulle in armatura cui siamo abituati.

Non stupitevi quindi se anche i pochi personaggi maschili presenteranno numerosi tratti femminei, o se i nemici del gioco sembrano presi di peso da un negozio di pelouche. Atelier è fatto così! Una scelta di design che non ci permetteremmo mai di criticare, se non fosse che il character design, così come lo stile delle ambientazioni, è eccessivamente stereotipato. C'è la ragazza timida tutta vestita in stile gothic lolita, c'è quella un po' maschiaccio in pantaloncini e canottiera, c'è persino la ragazzina ribelle vestita da strega. Tutti archetipi che chi ha la passione per i manga avrà già incontrato più e più volte.

E se la grafica non brilla eccessivamente né per stile, né per realizzazione tecnica, non ci si può lamentare troppo del gameplay, in grado di presentare varie e talvolta interessanti sfaccettature. I combattimenti ad esempio, per quanto molto semplicistici, sono piuttosto appaganti e dinamici. Il sistema a turni sviluppato dai ragazzi di Gust dà infatti adito ai nostri personaggi di muoversi liberamente nel campo di battaglia, consentendo un approccio più strategico agli scontri.

"Il crafting rappresenta la parte principale del gioco"

Più avanti nel gioco avrete l'opportunità di controllare un paio di personaggi maschili. Un forte guerriero e un potente alchimista.

In base alla nostra posizione potremo infatti utilizzare diversi attacchi, più o meno efficaci a seconda del nemico che ci troveremo di fronte. Aggirando i nemici ad esempio apparirà il comando back attack, che ci consentirà di colpirli alle spalle, mentre allontanandosi dagli avversari avremo la possibilità di colpirli con proiettili, bombe e oggetti vari. Interessante anche l'utilizzo di una barra per gli assist che, sostituendo le inflazionate limit, una volta riempita consentirà a uno dei nostri personaggi di correre in appoggio del proprio compagno, proteggendolo o aiutandolo a concatenare una combo più potente.

Un quadro più che godibile, potenzialmente minato dall'eccessiva semplicità e ripetitività degli scontri. Un susseguirsi di scaramucce tra nemici tutti uguali, tutti con le stesse abilità e che non rappresentano alcuna sfida per il giocatore. Un mero espediente per salire di livello e nulla più…

Per quanto possa sembrare paradossale però, i combattimenti non sono il cardine di Atelier. Passerete molto più tempo a esplorare, a raccogliere ingredienti per le pozioni, o magari a portare avanti piccoli compiti. Il crafting rappresenta la parte principale del gioco, nonché uno dei pochi modi per ottenere denaro da spendere poi in armi e accessori. Le ambientazioni saranno infatti disseminate di NPC più o meno socievoli, ciascuno con le proprie richieste.

"Il gioco non presenta un vero e proprio job system, una mancanza che, insieme alla ripetitività delle quest secondarie, compete a rendere il titolo un po' noioso"

L'esplorazione è scandita da un calendario in alto a destra dello schermo. Ogni azione compiuta farà scorrere il calendario, aumentando la durata del vostro viaggio e consentendovi di sbloccare nuove abilità.

Fabbri che hanno bisogno di materiali per forgiare nuove armi, anziani che necessitano di medicine per le ossa, giovinetti in cerca di fiori da regalare alla propria innamorata, e chi più ne ha più ne metta. A voi spetta il compito di sintetizzare i vari oggetti combinando gli ingredienti raccolti, per poi consegnarli agli interessati. A parte ciò il gioco non presenta un vero e proprio job system, una mancanza che, insieme alla ripetitività delle quest secondarie, compete a rendere il titolo un po' noioso, soprattutto all'inizio.

La lentezza nella narrazione, il numero eccessivo di dialoghi e filmati, le tante ore trascorse a ritornare sui propri passi attraverso le stesse, identiche ambientazioni, sono difetti minori che avremmo pur compreso. Nel genere cui Atelier fa riferimento molti titoli presentano gli stessi problemi, ma forse qui si esagera.

Dopo la prima ora di gioco non eravamo ancora riusciti a cimentarci in un combattimento come si deve. Dopo circa due ore eravamo arrivati solo alla prima città e trovato il primo membro del nostro party. Dopo tre eravamo ancora intenti a esplorare le foreste che fanno da sfondo alle prime quest. Un ritmo di gioco così lento rappresenta uno scoglio enorme per il giocatore medio, che non procederà oltre i primi livelli e non approfondirà un titolo che, nonostante tutto, nasconde molte sorprese.

"Per salire di livello dovrete non solo mescolare le varie pozioni, ma decidere in che ordine utilizzare gli ingredienti"

Il viaggio di Ayesha, una volta entrato nel vivo, diviene infatti più emozionante, proponendo nuovi spunti in grado di approfondire i vari aspetti di questo titolo. Ottima ad esempio l'idea di associare al personaggio principale non uno, ma due sistemi di crescita. Il primo, incentrato sul combattimento, funziona come quello di tutti i titoli del genere: combattete e diventerete più forti! Il secondo, che riguarda l'alchimia, è più interessante. Per salire di livello dovrete non solo mescolare le varie pozioni, ma decidere in che ordine utilizzare gli ingredienti, aumentando o diminuendo l'efficacia della pozione e il conseguente quantitativo di esperienza ottenuta.

Nonostante tutte queste buone idee c'è però qualcosa che non ci convince, qualcosa che mina indissolubilmente l'idillio che Atelier Ayesha tenta di creare. Sarà che dopo tanti capitoli la serie appare un po' stantia. Sarà che personaggi e ambientazioni sanno troppo di già visto. O magari sarà che dopo Ni No Kuni è difficile immedesimarsi in un titolo del genere. Sta di fatto però che il titolo non convince appieno, presentando un comparto visivo non all'altezza e un gameplay un po' troppo lento e ripetitivo. Se cercate qualcosa di più pacato e rilassante, magari da regalare alla vostra fidanzata appassionata di shojo, forse avete trovato quello che fa per voi, altrimenti è il caso di pensarci due volte prima di procedere all'acquisto.

6 / 10
Avatar di Fabio Davide
Fabio Davide: Giocatore fin dalla più tenera età, fagocita di tutto ma digerisce solo i veri capolavori. Dopo 7 anni nel settore del gaming aveva pensato di trovarsi un lavoro nella ristorazione, ma poi ha ceduto al fascino di Eurogamer.

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