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Battlefield: Bad Company 2

Electronic Arts e il senso del dovere.

Il team di quattro reietti, la “gloriosa” Compagnia B, composto dall’oramai ex rookie Preston Marlowe, dal mago dell’informatica Terrence Sweetwater, dall’irruento Haggard e dall’aspirante pensionato Samuel Redford, nel primo Bad Company aveva fatto segnare un record, quello del team più inutile mai visto in un FPS. Difficile dire se si trattasse in quel caso di voluta caratterizzazione dei personaggi, quel che è certo è che non si poteva fare affidamento sui compagni nel, diciamo, 90% dei casi.

In questo secondo episodio l’IA è più reattiva e le animazioni degli NPC sono di norma più coerenti. Le sequenze scriptate, però, non sempre si integrano in modo naturale con le sessioni giocate; per fare un esempio potrebbe capitarvi di svuotare un intero caricatore, senza sortire alcun effetto, su un nemico che striscia al suolo e di vederlo morire solo una volta giunti a una distanza ben precisa.

Complessivamente la coreografia degli scontri a fuoco non è credibile come quella di altre produzioni e ancora una volta gli NPC, sebbene agiscano solo in una porzione ridotta della mappa, faticano a elaborare tattiche sofisticate o a muoversi in maniera aggressiva attraverso gli scenari.

La Compagnia B si prepara all'azione.

Va detto però che l’ambiente circostante è in continuo mutamento, e questo è il punto che distingue Bad Company 2 dalla maggior parte degli FPS in circolazione su console. La distruttibilità delle strutture può modificare in qualsiasi momento gli scenari lungo i quali vi muovete, rendendo un’abitazione apparentemente sicura un rifugio solo temporaneo o, nel peggiore dei casi, una vera e propria tomba qualora i muri dovessero crollarvi addosso.

Casse di munizioni e rifornimenti sono distribuiti generosamente lungo i livelli, per cui non c’è alcun motivo di lesinare sul lanciarazzi. Perché perdere tempo sfoltendo dalla distanza i nemici con un fucile di precisione quando potete far crollare loro addosso l’inferno?

Il ritmo del single player di Bad Company 2 muta in continuazione. I livelli non sono mai troppo lunghi e l’alternanza di azione e pause è gestita in maniera più sapiente rispetto al confuso e a tratti asfissiante primo episodio. Le meccaniche di gioco sono sufficientemente varie e riescono a non far scadere quasi mai l’avventura nella ripetitività, grazie anche ad alcune soluzioni inusuali che influenzano il gameplay quali scarsa visibilità o condizioni climatiche ostili.

Rastrellamenti dopo un bombardamento a tappeto dell'artiglieria...

Tutto bene dunque? Se cercate un FPS viscerale e divertente probabilmente sì e potete tranquillamente saltare il prossimo paragrafo. Se invece cercate un single player più raffinato dobbiamo fare un’ultima considerazione.

Bad Company 2 cerca di mettere alla berlina Modern Warfare 2, attingendone però allo stesso tempo a piene mani meccaniche di gioco, scenari e situazioni, senza mai raggiungerne le vette; vorrebbe risultare brillante ma non graffia, prova ad assumere tinte fosche ma è difficile prenderlo sul serio.

L’impostazione lineare del single player è una soluzione ragionevole ma, rispetto al primo Bad Company, lo spirito della serie sembra essere andato incontro a una crisi di identità. Mancano le invasioni di territori neutrali a bordo di un auto da golf, manca quel continuo prendersi gioco del concetto del dovere e mancano le epiche fughe con i lingotti d’oro. A proposito, che fine ha fatto l’oro?