Battletoads (2020) - recensione
Sono verdi, mutanti, fanno battute stupide e picchiano duro. E no, non sono le Tartarughe Ninja.
È probabile che almeno la metà dei lettori di questa recensione non fosse ancora nata al momento della pubblicazione dell'originale Battletoads. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e questo franchise ha vissuto diversi alti (pochi) e bassi (decisamente di più), tra crossover, cameo e persino un cartone animato di circa trenta minuti, pensato per essere un prequel alle avventure dei tre rospi mutanti.
O sarebbe più corretto definirle persone mutanti? In ogni caso, caos e distruzione hanno da sempre accompagnato le avventure di Rash, Pimple e Zitz, alle prese con i più balordi pericoli galattici e la sempreverde, onnipresente e pettoruta Dark Queen e i suoi scagnozzi.
Battletoads non è forse il brand di maggior successo della storia videoludica ma è riuscito a ritagliarsi una fetta di cuore in uno zoccolo duro (e masochista) di videogiocatori. Questi ultimi sono stati i primi a lamentarsi in rete del drastico redesign subito dai personaggi nella creazione del nuovo capitolo dell'IP.
Accantonati i colori pastellosi e le forme allungate di un stile romanticamente vintage, che tanto ricorda alcune perle del passato come He-Man, Street Sharks e gli altri i̶n̶c̶u̶b̶ capolavori dell'animazione Mattel, gli sviluppatori hanno scelto un approccio più "moderno" per la loro produzione, decisamente più vicina allo stile "Cartoon Network": palette più vibrante, bordi spessi, forme squadrate e tendenti al super deformed, con teste e occhi molto grandi e arti lunghi e sottili.
I già citati affezionati potrebbero leggere questa decisione come un tradimento, uno snaturamento dell'anima di Battletoads, infantilizzata, resa rumorosa e demenziale piuttosto che old school e squisitamente camp. La verità sta nel mezzo: forse le gag fra i personaggi a schermo potrebbero risultare a tratti eccessive per un pubblico ormai adulto.
Sicuramente il nuovo design potrebbe non piacere e senza dubbio la vecchia, cara Dark Queen non approva il brutale annientamento della propria formosità provocante, che se riproposta al giorno d'oggi sarebbe stata bollata di animalesco sessismo, senza se e senza ma. Eppure lo spirito hardcore di Battletoads è ancora lì, silenzioso e spietato come un cecchino appostato in osservazione, pronto a far fuoco e a colpire dove fa più male.
In questa atmosfera coloratissima e scanzonata, i tre rospi guerrieri daranno il via al proprio viaggio, intraprendendo la loro sacra missione di... diventare famosi. E, accidentalmente, questo richiederà anche la sconfitta dei cattivoni di turno, grazie anche all'aiuto della loro eterna arcinemica, Dark Queen. La storia, divisa in quattro atti, può essere conclusa in una decina scarsa di ore a difficoltà media, ma risulta estremamente rigiocabile grazie alla presenza di segreti, collezionabili e, soprattutto, punteggi a fine di ogni stage.
L'intera campagna, inoltre, può essere giocata fin dal primo istante in compagnia di altri due giocatore, che condivideranno lo schermo per una co-op in cui tutti e tre i protagonisti si troveranno contemporaneamente a schermo; nel caso delle partite solitarie, invece, sarà possibile alternare liberamente i personaggi, azione tra l'altro indispensabile per realizzare super combo e far impennare il punteggio.
Come già accennato, Battletoads è provvisto di una selezione della difficoltà per rendere fruibile il titolo anche ai giocatori meno smaliziati; ci teniamo a dire che, come prevedibile vista la natura del gioco, la difficoltà Rospo, ovvero quella media, è già parecchio più alta rispetto alla sfida media prevista dai videogiochi moderni. In ogni caso, se alcune fasi del gioco risultassero troppo ostiche, Battletoads permette di attivare un'invincibilità temporanea a seguito di un alto numero di sconfitte; in quel caso, a soffrire sarà solo l'orgoglio da gamer.
Per coloro i quali hanno sperato, sognato, pregato che la mappatura dei comandi fosse meno crudele che in passato, la delusione potrebbe trovarsi dietro l'angolo; va da sé che le nuove periferiche offrono una reattività e una precisione impensabili ai tempi del NES o del Game Boy, ma gli sviluppatori si sono chiaramente impegnati per rendere le cose il più possibile complicate, ad esempio associando i "tipi" di slitta da selezionare nel corso di una fuga ai tasti a destra del controller piuttosto che alla croce direzionale, i quali andranno tenuti premuti anche durante il salto, che andrà attivato con un pollice già impegnato a impedire cadute rovinose.
Anche il binding dei comandi delle sezioni beat 'em up si sarebbe potuto pensare un po' meglio, ma nel complesso è funzionale e soprattutto reattivo. Il non poter usare le care, vecchie freccette per il movimento lungo gli assi fa un po' male al cuore, ma è solo questione di abitudine.
Rash, Pimple e Zitz hanno a disposizione attacchi leggeri, pesanti e speciali, ovviamente diversi in base al direzionamento della mossa e alla posizione del personaggio, se in aria o per terra. I tre eroi allo sbaraglio possono anche utilizzare la propria lingua per muoversi tra i vari layer delle arene, costruite in grafica 2,5 D, o per raccogliere le moschine liberate dai nemici sconfitti e ripristinare parte della propria energia. Non bisogna affatto sottovalutare la possibilità di sputare sui nemici una gomma da masticare, espediente tanto disgustoso quanto tatticamente fondamentale nel caso di orde particolarmente numerose, visto come il materiale appiccicoso impedirà alle creature di muoversi per una manciata di secondi.
Tanto i movimenti dei protagonisti quanto quelli dei nemici sono stati realizzati a mano, con risultati stupefacenti; è un peccato che a volte, presi dalla frenesia a schermo, sia inevitabile perdere tantissimi microdettagli come le espressioni di chi subisce un colpo o le loro animazioni di morte. Menzione d'onore anche per le boss fight del gioco, tutte estremamente varie e in pieno stile "vecchia scuola".
Chiaramente non si chiamerebbe Battletoads se l'avventura si limitasse a un picchiaduro a scorrimento: aspettatevi quindi tantissime sezioni di gioco completamente diverse fra loro, sia per ritmo, sia per estetica e livello di difficoltà. Forse alcune delle fasi platform di circa metà gioco sono risultate meno ispirate di altre, oltre che inutilmente lunghe rispetto a minigiochi più brevi ma altrettanto più divertenti. Nel complesso però Battletoads riesce a tenere sempre alta l'attenzione, la voglia di proseguire e di migliorarsi, stage dopo stage, game over dopo game over.
Battletoads è una poesia d'amore ai giochi di un passato ormai drammaticamente lontano, un tentativo quasi completamente riuscito di rinfrescare un brand di medio successo per far felici i nostalgici e incuriosire i più giovani: un gioco, insomma, pieno di cuore e voglia di divertire... oltre che di torturare i giocatori meno abili.