Beast recensione, Cujo con un leone
Idris Elba vs Lion King.
Se si dice di un umano che è una bestia, sia sa di fare un’offesa all’animale, perché la bestia più feroce è proprio l’uomo. Come non condividere il concetto se si parla di bracconieri africani, gente che ammazza animali protetti per puro lucro, per ricavarne solo piccole parti da rivendere, i corni per i rinoceronti, le zanne per gli elefanti, le mani per i gorilla, denti e artigli i leoni. Sarebbe sacrosanto anche se improbabile, che ogni tanti gli animali si arrabbiassero e pensassero a vendicarsi.
Di animali in rivolta contro il genere umano è piena la storia del cinema, per velocità citiamo solo qualche titolo che si riferisce proprio ai leoni, perché di questa specie di felini che si parla nel film Beast, sui grandi schermi dal 22 settembre. Ricordiamo Spiriti nelle tenebre, con Michael Douglas a interpretare un “cacciatore bianco” alle prese con ben due enormi leoni mangiatori d’uomini, poi Il grande ruggito, con i leoni personali delle protagoniste Tippi Hedren e della figlia Melanie Griffith, alle prese con i loro gattoni semi-domestici ma non abbastanza, e il film che più di tutti somiglia a Beast, cioè Prey, del 2007, con Peter Weller. Aggiungiamo anche la serie tv Zoo, in cui la rivolta coinvolgeva diverse specie.
Qui incontriamo Idris Elba che è Nate, chirurgo in vacanza in Sud Africa con le due figlie adolescenti. La vacanza ha poco di lieto, infatti è un pellegrinaggio in onore dell’ex moglie di Nate, morta di cancro, lasciando una scia di dolore e risentimento che sta dividendo padre e figlie. Arrivati in zona, incontrano il simpatico Martin (Sharlto Copley), amico d’infanzia di Nate e della defunta, che li porta in una zona lontana, di ripopolamento dei leoni, dove i turisti non sono ammessi. Anche lì, l’unica piaga sono i bracconieri. A parte ogni discorso sentimentale o ecologista, ammazzare animali in quelle zone produce anche un danno economico, perché va a rovinare quei parchi che tanto attirano turisti e valuta pesante.
Nonostante le due moleste ragazze (ormai non c’è film o serie tv americana senza qualche insopportabile adolescente), la giornata sembrerebbe splendida, ma in questo caso non ci sarebbe il film. E quindi, preceduto da inquietanti segnali, arriva il solito super-leone arrabbiatissimo e giustamente assassino, ben deciso a far pagare le proprie colpe agli umani così imprudenti da capitargli sotto gli artigli. Ovviamente succedono cose per cui gli umani restano bloccati nella jeep, senza segnali radio, senza acqua, variamente feriti, e via pescando nel repertorio di questo genere di film.
Comincia così il solito gioco del gattone con i topini, con assalti, tentativi di fuga, aggressioni, ritirate, nuovi assalti. Un paio di jeep che arrivano a seminare speranza nel gruppetto, si rivelano pullulanti di bracconieri, dimostrando quanto sia vero il famoso detto popolare, per cui si cade davvero spesso dalla padella alla brace. Fin qui si potrebbe lamentare una certa mancanza di fantasia e stupirsi che nell’operazione siano coinvolti attori noti e con discreta fama, come Idris Elba e Sharlto Copley, e un regista come Baltasar Kormákur, autore di film meglio riusciti come Everest, Contraband, Cani sciolti, e di un altro esempio di survival movie come Resta con me.
Perché, in nome del famoso “dividiamoci” dei film horror, i protagonisti andranno incontro a una serie di scelte di esilarante idiozia, aggravate dalle due famose adolescenti, due che proprio di ascoltare i consigli del papà non hanno la minima intenzione. I dialoghi sono un concentrato di “come stai?? stai bene?? andrà tutto bene! restate in auto! Idris sopporta un attacco del leone da almeno due quintali, da stendere un bufalo, anche solo per lo squilibrio della stazza, le fragili ragazze respingono gli attacchi prendendo il leone a pedate sul naso, insomma si moltiplicano situazioni davvero troppo improbabili per non suscitare sarcasmo.
Anche dovendo far procedere la sceneggiatura, si poteva esagerare meno e rendere tutto più plausibile. Aggiungiamo che il vertice si tocca quando, nella jeep assediata e già dopo le prime unghiate, le ragazze trovano il tempo di polemizzare sul divorzio dei genitori, di cui ritengono responsabile il padre. Magari dopo, ci sarebbe stato da rispondere.
Tutto questo rende Beast pur nella sua brevità (un’ora e mezza), un film la cui esistenza lascia perplessi, quasi fuori tempo massimo (si poteva accettare negli anni ’80 forse). Di questi anni è invece la CG con cui sono realizzati i leoni, nel complesso valida. Addirittura la fotografia è del premio Oscar Philippe Rousselot.
Certo si potrebbe obiettare che ogni tanto un film di pura evasione ci vuole, che staccare dalla quotidianità per lasciarci travolgere da esotiche e drammatiche avventure, può far bene. Ma non sono più tempi, temiamo, troppi i passaggi scontati, le svolte telefonate, le tematiche di maniera. Paradossalmente, Beast potrebbe piacere a bambini, purché non impressionabili, proprio perché non farebbero caso alle tante, troppe incongruenze e assurdità.