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BioShock, Rapture, Columbia e...? La rivoluzione narrativa di Ken Levine e Ghost Story Games

“Sono stufo di lavorare 5 anni a un videogioco lineare che viene finito in un weekend”.

Alla deriva nell'oscurità, in un profondo oceano che inaspettatamente assume i contorni di una salvezza ormai insperata. Poi un balzo verso la luce e il cielo più limpido, verso una missione che ben presto sembra trasformarsi in un altro viaggio della speranza, una ricerca senza pace di un qualcosa di positivo in un'esistenza tormentata e piena di storture che abbracciano il paradosso. Rapture e Columbia, due odissee, due grandi storie e in parole povere due capolavori nonostante tutto, almeno per chi vi scrive.

Non saranno di certo gli FPS migliori mai creati ma guardare BioShock e BioShock Infinite solamente come a due shooter puri sarebbe limitante. Al di là del gameplay e dell'importanza centrale dei plasmidi e dei vigor che spingono il gioco oltre i limiti della sola anima sparacchina, i BioShock sono due avventure narrativamente splendide ed evocative, capaci di regalarci universi pregni di ideali, tematiche delicate e scomode e in generale storie dense di umana imperfezione. Delle utopie incredibilmente distorte e così affascinanti da garantire come franchise almeno 25 milioni di copie vendute (11 milioni il solo BioShock Infinite secondo gli ultimi dati ufficiali) ma che nonostante l'apprezzamento di gran parte di pubblico e critica hanno portato a una incredibile chiusura inaspettata di quei talentuosi sviluppatori raccolti sotto l'egida di Irrational Games.

Ken Levine vuole rivoluzionare il concetto di videogioco story-driven.

Quando nel febbraio del 2014 ci fu l'annuncio di questa chiusura praticamente chiunque rimase interdetto. Certo, lo sviluppo di BioShock Infinite era stato lungo e molto tortuoso e a livello di gameplay le critiche non sono mancate ma pochi si sarebbero aspettati questa fine. Poi la spiegazione ufficiale: una decisione congiunta di Take Two (società madre di Irrational) e Ken Levine, figura di spicco e co-fondatore dello studio. Gran parte degli sviluppatori vengono smistati all'interno di Take Two, alcuni lavorano al prossimo BioShock ma circa una quindicina si lega a doppio filo proprio a Levine.

Looking Glass Studios (Thief: The Dark Project), Irrational Games (System Shock 2, BioShock, BioShock Infinite, BioShock: Burial at Sea), con un curriculum del genere la curiosità per il futuro di Levine è tanta e lui stesso mette presto le cose in chiaro: c'è la voglia di creare qualcosa di davvero nuovo. "C'è voglia di cambiare perché abbiamo passato cinque anni a creare un gioco che diverse persone hanno completato in un weekend. Invidio produzioni che come Civilization vengono giocate per moltissimo tempo. Diversi titoli sono costruiti per mantenere una relazione a lungo termine con i giocatori ma i miei giochi non hanno mai avuto sul serio questo aspetto ed è anche per questo che ne sono così attirato".

Ken Levine è alla ricerca della propria personalissima utopia.

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"Vi presento Ghost Story Games"

Avanti veloce al 23 febbraio 2017. Il buon Ken torna a farsi sentire e porta con sé buone nuove: l'Irrational Games che conoscevamo è ormai un lontanissimo ricordo, dobbiamo metterci il cuore in pace ma da quelle ceneri potrà spiccare il volo qualcosa di completamente nuovo e ambizioso. Levine e 12 membri chiave di Irrational uniscono le forze sotto il nome di Ghost Story Games, team che nel corso degli anni è cresciuto superando le 30 unità ma che vuole mantenere decisamente le distanze dai grandi studi AAA.

La filosofia centrale è chiara: tutti sono alla pari e ogni idea può essere importante quanto quelle partorite da quello che teoricamente è la guida della software house. Il papà di BioShock non vuole ritrovarsi con uno studio mastodontico ma vuole conoscere tutti personalmente e lavorare a stretto contatto con ogni collega per partorire qualcosa di davvero speciale e per farlo è disposto a partire praticamente da zero e a indossare i panni della start-up. Take-Two però ha idee diverse e arriva la proposta che non si può rifiutare: libertà creativa assoluta, zero difficoltà finanziarie e tanto tempo per lavorare in assoluta tranquillità, per andare oltre un'esperienza BioShock Infinite che per Levine era stata estremamente pesante a livello psicofisico e sotto molti aspetti deludente.

Creare un AAA story-driven che dura tra le 10-12 ore, che richiede cinque anni di sviluppo e che potenzialmente può essere terminato in un weekend sfiora l'insopportabilità per Levine e il fatto che sempre più giocatori non impazziscano all'idea di sborsare €70 per una produzione di questo tipo fa il resto. C'è la volontà di creare qualcosa di molto diverso, di andare oltre il concetto di avventura narrativa lineare e di cercare una sorta di sintesi tra nature che abitualmente sono pressoché in antitesi.

Parte una ricerca che sboccia da idee folli e quasi impossibili ma questo è anche il bello di Levine. Bisogna osare, pensare in grande e sfiorare l'assurdo per poi discutere con tutto il team e trasporre concetti da sogno nella realtà. Un continuo elastico tra il non precludersi assolutamente nulla e il tornare con i piedi per terra che vuole plasmare un videogioco complesso, che sicuramente attirerà chi ama BioShock ma che allo stesso tempo non vuole prendere per mano i giocatori ma sfidarli e appassionarli, appassionare chi nei videogiochi cerca qualcosa che faccia pensare sul serio.

BioShock Infinite non viene rinnegato ma i limiti imposti dalla sua struttura sono un ostacolo.

I Souls, From Software ma anche il recentissimo Returnal sono esempi chiave di un altro aspetto cruciale. Ghost Story Games vuole respingere in tutto e per tutto l'idea che i progetti realizzati dai publisher più mastodontici siano sempre e comunque digeribili da tutti, disposti a scendere sempre a patti pur di puntare alla più grande massa possibile. Nel tentare questa strada, già di per sé non scontata, c'è un sentiero ancora più impervio il cui punto di arrivo rimane decisamente interrogativo.

È possibile creare un gioco immersivo dalla storia eccelsa che però non sia narrativamente su binari nel migliore dei casi ramificati? Si può andare oltre i paletti visti e rivisti e arrivare a un titolo dalla trama da Oscar ma davvero rigiocabile? La missione è chiara: cambiare il modo in cui le persone guardano e giocano ai titoli narrativi mantenendo la qualità di una storia lineare su binari innestandola all'interno di una impalcatura che reagisca alle azioni del giocatore. Il come...beh il come è un altro paio di maniche ma intanto la creatura inizia a prendere forma con caratteristiche che fanno pensare almeno in parte a System Shock.

Sci-fi immersivo con elementi RPG e una visuale che dovrebbe essere in prima persona che ci spingerà ad esplorare un open world di dimensioni più contenute, immerso nella narrazione e con alla base una libertà d'azione quasi assoluta. Niente Bethesda o Ubisoft, niente mappe gigantesche con una lista interminabile di collezionabili e missioni dimenticabili da completare ma una struttura più intima con la qualità in primo piano. La storia rimane di per sé un mistero ma Levine ha seminato qualche indizio accennando a temi legati alle IA con un focus su ciò che significa essere programmati, essere qualcosa che è stato creato attraverso una programmazione.

Un piccolo team affiatato e pieno zeppo di veterani e di talento. Ghost Story Games ha budget e libertà per lasciare il segno.

Batman Arkham City + Tolkien?

Ken Levine imbocca una strada che coincide in larga parte con il tentativo di creare un genere quasi inedito nel panorama videoludico ma ammette che delle fondamenta da cui partire ci sono e sono state già gettate da altri. Se gli open world moderni possono guardare a Super Mario 64 e a GTA III come capostipiti, per il papà di BioShock c'è una IP che può considerarsi il punto di partenza degli "open narrative".

La Terra di Mezzo: L'Ombra di Mordor viene considerato dal papà di BioShock come un Batman Arkham City che incontra Tolkien, un gioco in cui si ha la libertà di scardinare intere famiglie/tribù orchesche con singoli orchi che sono un mix di elementi associati tra loro dinamicamente. Nel lavoro di Monolith si può cambiare un punto dell'avventura senza romperla e la narrazione "si cura" abbracciando il fallimento o il successo imprevisto contro un boss apparentemente troppo forte. Il classico game over viene per certi versi bypassato con un open world che non è solo fatto di missioni da cancellare da una lista ma è un viaggio che si basa sul modificare le dramatis personae coinvolte, gli attori dell'opera.

Quando Levine guarda L'Ombra di Mordor vede una specie di crime story semplice ma incredibilmente flessibile, ma cosa ancora più importante vede nel Nemesis System un punto di partenza chiave per il suo progetto. Proprio la creazione di un parente più complesso di questa feature è un pilastro necessario per dare vita a un'interazione più a 360° che vada oltre il ruolo di nemico abbracciando anche la possibilità di sviluppare relazioni più complesse e positive. "In L'Ombra di Mordor non c'è supporto per i dialoghi, da questo punto di vista il nostro sistema è più ambizioso ma quei giochi sono stati fondamentali per noi, ci hanno fatto capire che non avevamo tra le mani un concept completamente astruso e irrealizzabile".

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"Una delle cose più importanti su cui stiamo lavorando è il concetto di Radical Recognition ovvero il fatto che se il giocatore compie un'azione il videogioco dovrebbe rendersene conto il più spesso possibile, rendersi conto di un certo traguardo o fallimento qualsiasi esso sia. Si tratta di trovare dei modi per far si che il mondo trasmetta il proprio interesse nei confronti di quanto accaduto.". La narrazione è un cruccio non da poco per Ghost Story Games perché il team ha la sensazione che i videogiochi non siano riusciti a inserire a pieno l'interattività anche nello sviluppo di una storia.

"Nello scenario più positivo c'è l'illusione della scelta. In BioShock la scelta non c'è e io e il mio team di Irrational abbiamo giocato su questa assenza con il concept di "Would you kindly?" per esempio. Ci sono diversi giochi che propongono delle scelte autentiche e davvero stratificate ma non si tratta di titoli narrativi". Levine ammira moltissimo opere come XCOM, Civilization e Minecraft perché il giocatore ha nelle proprie mani tantissime scelte ma come detto non si può di certo parlare di story driven. Il punto è che molti titoli non riescono a traslare la molteplicità di scelte del gameplay nella narrazione ed è proprio questa la norma che si vuole superare.

La Terra di Mezzo: L'Ombra di Mordor e il suo Nemesis System sono il seme da cui far germogliare i videogiochi open narrative.

Lego Narrativi/Le Passioni sono Tutto

Se per le applicazioni pratiche dovremo inevitabilmente attendere demo e trailer più o meno approfonditi, a livello concettuale Levine è un fiume in piena e non è un caso il fatto che lui stesso ammetta quanto i suoi collaboratori abbiano anche il non facile compito di riportarlo con i piedi per terra. L'idea dei Lego Narrativi (Narrative Lego) però rimane una pietra angolare inattaccabile per quanto il termine stesso sia a prima vista bislacco e difficile da inquadrare.

Per creare una narrazione non lineare, rigiocabile e fortemente condizionata dal giocatore bisogna inevitabilmente abbandonare il classico videogioco narrativo a causa della sua spiccata linearità e limitatezza. Una linearità che dal punto di vista del papà di BioShock porta a produzioni che non abbracciano il pieno potenziale del videogioco bloccando i giocatori in sentieri predefiniti nemici di esplorazione e rigiocabilità. In questo scenario i lego narrativi sono elementi unici che interagiscono l'uno con l'altro e che si attivano all'azione del giocatore senza script troppo specifici e limitanti. Ed è proprio qui che entra in gioco l'altra parola d'ordine: passioni.

Prendete The Elder Scrolls V: Skyrim, uno dei giochi più popolari e giocati su una miriade di piattaforme nel corso degli ultimi anni e immaginatelo attraverso gli occhi di Ghost Story Games. Ci sono diversi villaggi e poi ovviamente ci sono i giocatori. Ogni villaggio è abitato da un numero variabile di NPC ma per fare davvero la differenza a livello narrativo solo alcuni devono essere sviluppati con autentica profondità. Una profondità che è garantita dalla presenza di un certo numero di tratti unici e caratterizzanti, di...passioni. Non devono nemmeno essere aspetti troppo complessi ma magari una piccola peculiarità psicologica o una minuzia personalissima.

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In un villaggio di orchi c'è un un particolare fabbro che ha una "passione" chiara e netta: odia a morte gli elfi. La passione ha il potenziale per essere importante per il modo in cui può arrivare a relazionarsi con il giocatore e per le conseguenze delle sue possibili azioni. Fare la pelle a un elfo o meno diventa così molto più di un'azione di poco peso dato che può portare l'orco verso atteggiamenti radicalmente diversi. Le scelte dei giocatori, collidendo con passioni più o meno esplicite degli npc, creano un panorama molto più dinamico della norma anche in caso di certe preferenze legate magari all'adorazione di una certa divinità o all'amore per un personaggio secondario. Più il giocatore agisce e interagisce più si abbracciano e si ostacolano passioni altrui generando a catena altre interazioni e conseguenze sul breve e lungo periodo.

L'opinione che questo fabbro orco sviluppa nei nostri confronti può condizionare anche gli altri NPC andando a creare una sorta di macrorelazione con l'intero villaggio o quanto meno con una parte che è particolarmente vicina al fabbro o che condivide le stesse "passioni". In un gioco di questo tipo dialoghi, relazioni, meccaniche e puro gameplay sono elementi completamente intrecciati e sfumati. I giocatori potrebbero così decidere di sposare un NPC incredibilmente idiota solo per un vantaggio in game piuttosto che per sincero affetto o apprezzamento. Questo è un sistema che richiede anche un particolare lavoro sulle IA per dare vita a personaggi che non siano mere imitazioni di persone reali e il fulcro del lavoro di Levine e soci è quello di incanalare le interazioni verso elementi di primo piano e di impatto basandole su necessità e desideri.

"L'intero sistema che abbiamo ideato e che stiamo sviluppando si basa sull'idea che al fine di creare un personaggio interessante sia necessario proporre una personalità che abbia passioni, desideri e bisogni. Il cuore dei personaggi è composto da desideri e necessità con cui i giocatori interagiscono positivamente o negativamente. Sono in atto relazioni fluide con personaggi che non sono solo parametri. Brigid Tenenbaum di BioShock non è solo una donna autistica ed ebrea ma una persona che è finita a Rapture per desideri e necessità proprie che esulano dalle caratteristiche più basilari.

Le storie ramificate ad albero alla Telltale? Levine vuole molto di più.

Una pistola puntata alla tempia

Quando a un videogioco viene associata la parola "folle" qualche stortura di naso ci sta. Troppo spesso si straparla e di proclami vuoti ne abbiamo sentiti a bizzeffe. Però qualche volta sognare è legittimo, no? E se dietro al sogno c'è un grande director e game designer che ha carta bianca, un team affiatato che si è scelto personalmente e praticamente zero limitazioni a livello di budget e tempistiche allora farlo diventa decisamente più facile.

La via maestra rimane comunque sempre la stessa: andare oltre i limiti e osare tenendo però sempre bene a mente che i giocatori e il loro tempo vanno rispettati e che bisogna lasciare agli utenti la possibilità di scoprire da soli momenti davvero degni di essere vissuti e col potenziale per diventare indimenticabili.

Il piacere di scoprire e sperimentare che passa dallo sviluppatore al giocatore con un progetto libero da deadline e tempi di consegna troppo stretti ma che allo stesso tempo ha bisogno di qualche paletto per non perdersi nel development hell e nella voragine dei vaporware. Le parole pronunciate sulle pagine di GameSpot da Levine lo sottolineano chiaramente.

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"Non pubblicheremo nulla che non sia fantastico e fortunatamente non abbiamo la necessità di farlo immediatamente ma è importante imporsi dei limiti e obbligarsi a prendere delle decisioni perché quando si è davvero costretti a fare delle scelte si realizza un grande lavoro. Siamo appena andati oltre un altro step dello sviluppo ed è stato molto importante e positivo perché ci spinge a definire davvero ciò che è e ciò che non è questo gioco, ciò che rimane e ciò che se ne va, ciò che è importante e ciò che non lo è".

Sappiamo che Ghost Story Games potrebbe annunciare il suo videogioco quest'anno e che il reveal avverrà solo quando lo sviluppo sarà estremamente definito e quasi completo. Un'opera ancora molto fumosa e misteriosa ma che vuole essere un videogioco con la narrazione curata come il migliore dei titoli story-driven, capace di sembrare una storia tradizionale e allo stesso tempo in grado di reagire e "commentare" le nostre azioni, anche quando queste sembrano insignificanti.

Un obiettivo ambizioso per un team di creativi che non vuole scendere a compromessi e che soprattutto dovrà dimostrare di non avere tra le mani proclami vuoti e promesse effimere. Le incognite sono infinite e i punti di domanda sterminati, certo e detto questo questo non so voi ma io incrocio le dita e le incrocio perché qui potrebbe celarsi la grande evoluzione di quei titoli narrativi che tanto amiamo e che tantissimo hanno regalato e possono regalare, soprattutto se riusciranno a superare limiti e ostacoli da troppo tempo conosciuti.