Black Adam, la recensione
The Rock sa sempre chi sono i cattivi.
Black Adam. Chi era costui? Questo interrogativo quasi palpabile si potrebbe formare dietro gli occhi di un possibile spettatore, in dubbio se andare a vedere il nuovo film DC Comics.
La scelta, per lo spettatore serenamente ignorante, sarà influenzata dalla presenza di Dwayne Johnson, attore garanzia di action divertenti, spolverati dalla giusta dose di humor e autoironia.
Ma Black Adam per i cultori dei fumetti è un discorso serio, è un villain di tutto rispetto, nato nel lontano 1945 per mano di Otto Binder e C.C. Beck. Il suo vero nome è Theo Adam, o Teth Adam, dotato dei poteri del tuono derivanti dall’antica magia del mago Shazam, che lo hanno reso forte e invincibile come Superman.
Oggi viene ripreso nella più recente rilettura di Geoff Johns e Gary Frank, su cui si basa la sceneggiatura scritta da Adam Sztykiel (già con Dwayne in Rampage) e i meno pop Rory Haines e Sohrab Noshirvani, insieme per la bella serie tv Informer e per il film The Mauritanian.
Black Adam era stato atteso già nei titoli di coda del film Shazam (2019), di cui Johnson era produttore esecutivo, ma invano. E la storia che il film oggi ci racconta è questa: ben 2600 anni prima di Cristo, nella prospera e felice città di Kahndaq, si era insediato un re malvagio che aveva ridotto la popolazione in schiavitù, obbligando gli uomini a scavare nelle miniere alla ricerca dell’Eternium, un minerale dotato di qualità divine col quale venne forgiata una corona capace di donare l’onnipotenza grazie ai suoi oscuri poteri.
Teth Adam, il giovane figlio di uno schiavo si era eroicamente ribellato, dopo essere stato salvato dagli antichi maghi era stato dotato di poteri sovrumani, acquisiti invocando il nome di Shazam. Dopo secoli, ai nostri giorni, la città e tutta la regione di Kahndaq sono in mano all’Intergang, feroci forze di mercenari che, con metodi più attuali, sfruttano e schiavizzano anche loro la popolazione locale, agli ordini di qualcuno che mira nuovamente ad Eternium e corona.
Adrianna (Sarah Shahi), una giovane madre vedova, e il suo figlioletto, sono alla ricerca della corona scomparsa nei secoli, per impedire che finisca nelle mani sbagliate. Ma non resteranno da soli. Nella lotta per impossessarsene la donna risveglia dal suo sonno Teth Adam, divinità inferocita che con metodi politicamente scorretti stermina quelli che immediatamente individua come i veri cattivi della situazione, cioè gli appartenenti alla congiura volta a recuperare la corona e a farne uso improprio. Il tutto con l’approvazione della stremata popolazione.
Ma dagli USA sopraggiungono i membri della Justice Society, una specie di pre- Justice League, longa manu della sempre odiosa Amanda Waller, impegnata a prevenire eventi distruttivi là dove decide lei, in base alle proprie regole. Ai suoi ordini, come “poliziotti” del pianeta, ci sono Atom Smasher (Noah Centineo), goffo ragazzone, apprendista eroe, e la giovanissima Cyclone (Quintessa Swyndell), due personaggi dichiaratamente minori.
I due protagonisti del gruppo sono il mai simpatico Hawkman (l’attore Aldis Hodge), convinto di detenere lo scettro della Giustizia (con la maiuscola), un errore che compiono spesso alcune nazioni quando vanno per il mondo a imporre le proprie regole. È impossibile non cogliere l’allusione politica, infatti il loro intervento è visto con giustificata ostilità da parte della popolazione, che finalmente vede sterminati i propri odiosi carnefici grazie a Black Adam. E poi c’è l’unico personaggio simpatico, nonché valido supereroe, ossia Doctor Fate, affidato a un sempre carismatico Pierce Brosnan che avrebbe meritato ben più spazio.
Quanto ai “civili” del film, Sarah Shahi (The Rookie, City on a Hill, Fairly Legal) è l’eroina umana con un altro punto di vista rispetto ai superuomini che la pressano. Assai poco incisivo il personaggio del figlio, adolescente in simbiosi con il suo skateboard, inadatto per scrittura e recitazione a fare il futuro leader. Il personaggio sovrappeso, inevitabile sembra negli action, è lo zio al quale sono affidate un paio di situazioni comiche.
La cosa migliore del film, e non è poco, anzi è proprio tutto, è Dwayne Johnson, che figura anche fra i produttori, qui calato in un personaggio drammatico senza strizzatine d’occhio o ammiccamenti di alcun genere, la cui vera storia scopriremo in un paio di colpi di scena, la cui tensione interiore Dwayne rende efficacemente.
La sceneggiatura gli regala una serie di botta e risposta di piacevole intransigenza che troveranno consenso fra gli spettatori più “sanguinari”, ci sia concesso almeno nella fiction di vedere eliminati senza perdite di tempo quelli che sono indiscutibilmente i malvagi oppressori. Ma ai nostri tempi è inevitabile che anche in un personaggio di questa fatta, si debbano insinuare dubbi etici.
I lati positivi sono le poche battute e battutine, che spesso sono la rovina di questo genere di film, se non accuratamente dosate; la spassosa distruzione di una cameretta adolescenziale piena di cimeli del mondo DC; l’uso spiritoso di un paio di celeberrimi pezzi musicali; un tono complessivamente serio che non disturba; scene di mazzate godibili e non farraginose.
Carente invece la scrittura dei personaggi di contorno: Cyclone non pervenuta, mentre ad Atom sono affidate le situazioni da comedy. Negativo anche un percepibile eccesso di slow motion, gli effetti visivi sono altalenanti e soprattutto è superfluo e scontato lo scontro finale con il super-cattivo, ma si sa che non se ne può fare a meno.
A parte la polemica sottointesa sul ruolo dei “poliziotti del mondo”, c’è un discorso sull’eroe, che non deve essere né giustiziere né vendicatore, di cui non ci dovrebbe essere necessità. Nessuno deve avere bisogno di un uomo solo al comando, del famoso “uomo forte”. Tutti devono fare la propria parte, lottando per sé stessi e per i propri cari. Facile a dirsi...
C’è solo una scena nei titoli di coda, ma da ululati in sala, purtroppo già ampiamente spoilerata, e nient’altro fino alla fine. Dirige Jaume Collet-Serra, regista di quattro film con Liam Neeson, già con Dwayne in Jungle Cruise.
Riflessione finale: non sono più i tempi di una volta, per i supereroi e per noi. Oberati da troppe serie tv, prequel, sequel, spin-off e digressioni varie, con una fase 4 di Marvel che ci ha lasciati freddissimi, non ci sembra che questo sia il film che segna la svolta epocale per i prodotti DC Comics, nell’ambito del nuovo DCEU (DC Extended Universe), anche se assicura il suo divertimento superficiale.
Non sarebbe male tornare a tempi andati, quando un film di questo genere era considerato onesto intrattenimento di serie B e si poteva guardare in scioltezza, senza raffinate esegesi e criticismi isterici, all’interno di colossali progetti economici da parte delle case cinematografiche, tutti argomenti di cui un tempo non si sapeva (e non importava) niente.
Rimpiangiamo i tempi “ignoranti” in cui, per intenderci, non ti fucilavano se dicevi fumetto e non “graphic novel”. In questi ultimi vent’anni tante cose sono cambiate, e magari possono cambiare di nuovo. E si può tornare a divertirsi serenamente, guardando un film come Black Adam e dimenticandoselo dopo mezz’ora.