Black The Fall - recensione
Falce, martello e platform.
Guardare al passato non è una novità per il mondo dell'intrattenimento ma è in realtà una prassi piuttosto consolidata, anche nel mondo dei videogiochi. Si guarda alla storia dell'umanità, ad eventi più o meno importanti e a periodi storici che in un modo o nell'altro hanno lasciato il segno su intere popolazioni andando a forgiare il mondo in cui viviamo attualmente. Per quei creatori che hanno voglia di spulciare le polverose pagine dei tempi andati c'è davvero l'imbarazzo della scelta. Ma si sa, avere una scelta non basta e uniformarsi su una manciata di grandi tematiche di impatto è notevolmente più semplice e commercialmente ideale.
È così che i nazisti sono diventati alcuni dei nemici più scontati e diffusi dei videogiochi e che gran parte delle produzioni si sono focalizzate sulle grandi guerre, soprattutto del recente passato. Sand Sailor Studio ha, tuttavia, scelto una strada molto diversa e, grazie al sostegno dell'onnipresente Kickstarter, ha deciso di raccontare una storia atipica per un videogioco. Il team con base in quel di Bucarest ha scelto di parlare del proprio Paese, di mostrare la situazione che caratterizzava la Romania prima del 1989, prima della deposizione, del processo e dell'esecuzione del tiranno Nicolae Ceaușescu.
La strada intrapresa per trasportarci in questo particolare periodo storico non è assolutamente scontata ma è a tutti gli effetti uno degli elementi più interessanti di un progetto che negli anni è cambiato non poco, evolvendosi e diventando progressivamente più complesso e ambizioso. Black The Fall sceglie la strada del puzzle-platform per cercare di proporre un'interessante alternativa al predominio che i giochi alla Inside e Little Nightmares stanno avendo in questi anni.
Anni? Decenni o forse più? La sensazione di essere un piccolo ingranaggio si fa sempre più forte, essere in un costante stato di alienazione è inevitabile, questa è la vita e in fondo sarà sempre così. Il regime ha deciso e il regime sa cosa sia meglio per il popolo, sa cosa fare per crescere sempre più forte e per prosperare con unico interesse: la propria autoconservazione. Svegliarsi ogni mattina diventa sempre più difficile, non si può resistere per sempre a una vita di questo tipo e anche un vecchio macchinista a un certo punto ha bisogno di cercare qualcosa di nuovo, di andare oltre, di provare a fuggire da una vita che di umano non ha quasi più nulla, di avere semplicemente una speranza.
Parte così una storia di fuga da un mondo distopico che nelle intenzioni degli sviluppatori vuole rappresentare la vita nella Romania dominata dal regime comunista. È una scelta particolare ma interessante e a conti fatti azzeccata: rappresentare temi delicati, situazioni difficili e problemi reali attraverso un setting futuristico, abitato da robot, macchinari sempre più contorti, lavaggi del cervello e soppressione di ogni libertà. Situazioni e concetti chiaramente esasperati ma simbolo di elementi che facevano davvero parte dell'autorità del regime comunista che caratterizzava la nazione prima della rivoluzione e della liberazione.
Lo spiegano gli stessi sviluppatori per far capire il lavoro svolto in questi anni. C'è la volontà di mostrare la propaganda esasperante, la censura, l'autorità che non rispetta alcuna libertà individuale, il lavoro alienante e in condizioni incredibilmente degradanti e l'impossibilità di possedere opinioni contrarie a quelle indicate dall'alto. Un mondo di gioco rappresentato in maniera convincente e che sa trasmettere le sensazioni di degrado e oppressione che sono al centro delle tematiche tanto care allo studio di Bucarest. Un fascino malato e stupefacente per cura dei dettagli e stile.
Il mondo di gioco ha un impatto davvero riuscitissimo e si sposa con un gameplay che vive di luci e ombre ma che complessivamente non fa pesare eccessivamente le proprie incertezze. Il fatto che siano proprio le meccaniche di gioco a non convincere in ogni aspetto è molto probabilmente legato a doppio filo alla concezione stessa di Black The Fall. che nasceva inizialmente come prototipo mobile.
Controller alla mano l'opera di Sand Sailor Studios è un mix di fasi puramente platform in cui è necessario calcolare salti precisi e fuggire da situazioni di pericolo con un tempismo perfetto e di puzzle legati all'utilizzo di laser e macchinari di vario tipo ma soprattutto a una sorta di guanto multiuso supertecnologico e a un robot che dopo circa un terzo di gioco diventerà il nostro inseparabile compagno di avventure. Proprio l'interazione con questo curioso robottino aggiunge un ulteriore strato di complessità agli enigmi che costituiscono il grosso dell'avventura del nostro anonimo protagonista.
Tra nemici da superare nei modi più variegati, sezioni stealth, marchingegni di vario tipo e fasi in cui ci nasconderemo in bella vista omologandoci di fronte agli occhi di freddi controllori robotici, l'esperienza di gioco sa essere impegnativa e variegata al punto giusto. Tuttavia, come detto in precedenza, non mancano i difetti sia per la porzione platform che per quella puzzle del titolo. I problemi sono sostanzialmente due: prima di tutto il salto e i movimenti del nostro alter ego non sono perfetti e c'è un grado di imprecisione che ci ha portato ad alcune morti evitabili. Fortunatamente si tratta di un problema particolarmente limitato e limato dalla progressiva confidenza con il sistema di controllo.
Il secondo problema, anche questo assolutamente aggirabile deriva dal fatto che il robot che ci accompagna e con il quale dobbiamo interagire si muove negli scenari anche in profondità richiedendo una certa precisione quando gli ordiniamo di spostarsi in una certa zona. Ci sono quindi degli enigmi che per essere risolti richiedono una perfezione assoluta e una certa dose di trial and error causata dall'utilizzo imperfetto del nostro aiutante robotico. Difetti che non pregiudicano, quindi, la qualità del gioco ma che lo allontanano dai migliori esponenti del genere.
Sicuramente di atmosfera il lavoro svolto a livello tecnico. L'audio fa il proprio lavoro soprattutto grazie agli effetti sonori metallici e freddi di un mondo in cui l'umanità e l'importanza della vita stessa sono elementi solamente secondari, necessari per far andare avanti la mastodontica e indistruttibile macchina del regime. Una macchina del potere che non guarda in faccia nessuno e che viene rappresentata ponendo molta enfasi su bianco, nero (il progetto inizialmente nasce come esclusivamente monocromatico) e soprattutto rosso. È in generale la sensazione di abbandono del mondo al di fuori delle fabbriche a farla da padrone, una serpeggiante sensazione di mancanza di vita che impregna tutto ciò che non è legato a doppio filo all'industria e alla crescita del potere centrale.
Black The Fall si scontra con le proprie imperfezioni, con dei difetti dal punto di vista del gameplay evidenziati da certe sezioni ma fortunatamente meno evidenti per gran parte dell'avventura del nostro anonimo eroe. L'opera di Sand Sailor Studio ha il pregio non da poco di saper dimostrare la propria identità e di distinguersi senza seguire per filo e per segno le meccaniche dei puzzle-platform tanto in voga in questi anni.
Più lento e meno immediato, più gameplay e meno atmosfera (anche se le scene con un impatto notevole non mancano), la software house rumena ha scelto di concentrarsi più sulla metà puzzle del genere privilegiando situazioni più statiche e riflessive senza risultare eccessivamente stucchevole e cervellotico. Considerando la varietà di situazioni che ci troveremo di fronte nelle circa 5 ore necessarie a raggiungere i (curiosi) titoli di coda, Black The Fall è un esperimento sicuramente riuscito, un videogioco che, con un setting distopico e apparentemente lontano, sa farci vivere una storia vera, delicata, ingiustamente ignorata e decisamente degna di essere raccontata.