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Blasphemous - recensione

Un Penitente inarrestabile di fronte a uno spaventoso Miracolo.

"E così il senso di colpa, il pentimento, il lutto e tutti gli altri dolori dell'anima si sono manifestati in maniera palese e tangibile, in ogni dove, e in ognuno di noi. Quella volontà divina, pia e al contempo crudele che non abbiamo potuto e mai potremo svelare, è stata chiamata il Miracolo".

Blasfemo. Un termine che già di per sé spicca senza bisogno di molte spiegazioni e che se associato a una qualsiasi opera non può che incuriosire e stuzzicare l'interesse di molti. Se a tutto questo si aggiunge uno stile artistico che lascia il segno e la promessa di prendere a piene mani dall'iconografia e da una marea di elementi del cristianesimo allora i giochi sono fatti e l'interesse assicurato. Apparentemente il team di The Game Kitchen andava sul sicuro anche solo grazie alla decisione di prendere un elemento delicato e controverso come la religione e filtrarlo attraverso una visione sporca, contorta, malata e, indovinate un po' blasfema.

In un periodo in cui anche la mediocrità (a voler essere buoni) di un progetto come Agony non fatica più di tanto a ottenere un buon riscontro a livello di puri dati di vendita, Blasphemous non può che godersela e sguazzare in una campagna di crowdfunding di grandissimo successo, soprattutto per il Kickstarter degli ultimi anni. Bastano una manciata di concept art di pregevole fattura e la promessa di un mondo di gioco spietato e caratterizzato da una visione contorta della religione per raccogliere sei volte l'obiettivo prefissato e per alimentare l'hype di una discreta schiera di giocatori.

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A più di due anni da quella trionfale campagna Kickstarter, Blasphemous è finalmente pronto a raccontarci la storia dell'unico sopravvissuto al massacro del Dolore Silenzioso, a trasportarci nella terra di Cvstiodia per mostrarci la raccapricciante bellezza del Miracolo e la spietata benevolenza dei suoi accoliti. Imbraccia la tua Colpa, Penitente, e preparati al sacrificio finale.

Lunghi elmi vuoti ammassati a fianco di centinaia e centinaia di corpi senza vita. Segni di un massacro che non sembra aver lasciato scampo a nessuno, forse la fine di un'intera confraternita. Poi una spada arrugginita si eleva verso il cielo, segno che non tutto è perduto e che il Dolore Silenzioso vive ancora attraverso le stanche e martoriate membra di un Penitente solitario pronto a tutto. La via è tracciata e per arrivare all'espiazione il sangue dovrà essere versato e il dolore abbracciato ancora una volta.

Per quanto il nome stesso del gioco facesse pensare a una componente narrativa che avrebbe potuto facilmente sfociare nel gore e nella rappresentazione completamente ribaltata e grossolanamente violenta della religione, gli sviluppatori hanno in realtà tratteggiato un mondo di gioco molto più raffinato di quello che ci saremmo aspettati grazie alla costruzione di un lore piuttosto complesso e oscuro ma capace di svelarsi in maniera sottile e per certi versi incredibilmente delicata e affascinante.

Il massacro del Dolore Silenzioso.

La corruzione di praticamente ogni tematica e figura religiosa è evidente ma le cutscene di pregevole fattura e l'ottimo lavoro a livello di pixel art sanno restituire un impatto che non scade mai nel volgare o nella ricerca morbosa dello shock. Anche per questo motivo il world building, la narrazione implicita e ambientale e il lore si rivelano le anime meglio riuscite e a tratti in grado di andare oltre i cliché del genere.

Naturalmente la narrazione esplicita non è assolutamente chiara o esaustiva e quasi ogni personaggio si esprime (con testi in italiano e spesso un buonissimo doppiaggio in inglese) per indovinelli e per misteri seminando degli indizi a volte troppo cervellotici da raccogliere. La narrazione ambientale non manca di certo come non mancano gli NPC ricorrenti in grado di aggiungere una profondità non adatta a tutti ma affascinante per molti, soprattutto per chi apprezza il tipo di storytelling caro ai Soul ma alla stesso tempo non disdegna un minimo in più di chiarezza.

I segreti sono il pane quotidiano del Penitente e l'esplorazione viene quindi fortemente incentivata cercando di poggiarsi su un'impalcatura che negli ultimi anni è diventata piuttosto classica per il panorama indie. Inutile girarci intorno: a livello di gameplay e di concept Blasphemous è qualcosa che abbiamo visto e rivisto in questi anni e purtroppo i ragazzi di The Game Kitchen non sono riusciti ad aggiungere quel tocco in più in grado di fare la differenza rispetto a progetti che prendono a piene mani dai metroidvania e da meccaniche da souls-like.

I boss sono per certi versi l'emblema di Blasphemous, sia nel bene che nel male.

La difficoltà è come da tradizione piuttosto elevata e riposarsi ai falò della situazione, denominati per l'occasione inginocchiatoi, rigenera le mostruosità che fanno parte delle varie aree interconnesse tra loro attraverso marchingegni, leve, ascensori e passaggi segreti. Le scorciatoie sono quindi il pane quotidiano dell'esplorazione di Blasphemous anche se proprio da questo punto di vista viene meno uno degli elementi cardine dei metroidvania più classici. Purtroppo la praticamente totale assenza di abilità legate direttamente ai movimenti del protagonista non legano l'avanzamento tra le aree alla progressione del personaggio ma solo all'ottenimento di una determinata chiave.

La mancanza di una connessione tra abilità ed esplorazione è una delle prime avvisaglie che ci ha messo in guardia durante le nostre 18 ore di gioco (Pper arrivare al finale non dedicandosi troppo all'esplorazione ne sono sufficienti una quindicina). Purtroppo il gameplay di questo action-platform in 2D è costantemente più piatto della media del genere, non solo per l'esplorazione ma anche per i combattimenti, quello che è il vero fulcro dell'esperienza.

Non ci troviamo di certo di fronte a un gioco da buttare, anzi, ma controller alla mano la fin troppa semplicità degli scontri si fa sentire eccome. La varietà dei nemici è discreta a fronte di un design davvero riuscito e accattivante ma anche quegli scontri teoricamente più avvincenti sono afflitti da qualche difetto e in generale da una qualità evidentemente altalenante. In particolare quest'ultimo aspetto è palese anche nelle boss fight e nel level design: alcuni alti dalla bellezza accecante lasciano spazio ad aree e situazioni appena mediocri, spoglie e per certi versi posticce.

Uno dei tanti misteri opzionali scrupolosamente confezionati dagli sviluppatori.

Fortunatamente il livello di difficoltà settato verso l'alto tiene sempre alta la soglia dell'attenzione e il giusto bilanciamento tra appagamento e frustrazione ma l'assenza di combo effettivamente degne di nota, le pochissime abilità attive, la semplicità del combat system e dello skill tree e l'impossibilità di utilizzare armi o equipaggiamento differente danno vita a una serie di "costrizioni" che alla lunga rischiano di farsi sentire.

Va comunque sottolineato come queste sensazioni negative passino spesso in secondo piano anche grazie alla presenza estremamente capillare di collezionabili e di oggetti equipaggiabili fondamentali per ottenere bonus, resistenze e abilità passive in grado di fare la differenza tra la vita e la morte. Tutta la componente strategica e leggermente più complessa del combat system si riversa quindi nei Grani del Rosario, nelle Reliquie e nei Cuori del Mea Culpa. Com'è sarà ormai palese, quando si tratta di combattimenti entrano in gioco quasi più gli elementi passivi che quelli effettivamente attivi per quanto schivare e parare al momento giusto siano comunque abilità chiave per la sopravvivenza.

Al di là di alti e bassi, Blasphemous è un un action/platform 2D con elementi da souls-like e da metroidvania assolutamente degno di nota. Se siete tra coloro che sono rimasti immediatamente affascinati dall'immaginario tratteggiato dagli sviluppatori e dalla ricercatezza artistica molto più raffinata e delicata di quello che ci saremmo aspettati, siete assolutamente nel posto giusto.

Tanto spietato quanto splendido.

Anche a livello narrativo e di lore c'è parecchia carne al fuoco con una The Game Kitchen che ha dimostrato a più riprese e in diversi aspetti della produzione di avere un incredibile talento. Un action che ha parecchi lati positivi ma sappiate semplicemente che il gameplay non riesce a raggiungere la qualità e la cura di altri grandi del panorama indie come Salt and Sanctuary o Hollow Knight. Una perla imperfetta, splendida se osservata dagli occhi che cercano l'affascinante blasfemia che accompagna il nostro Penitente cupo e taciturno.

7 / 10