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Bloodborne: un incubo meraviglioso - prova

Impressioni a caldo, prima della recensione.

Qualche giorno fa siamo stati invitati in Sony a giocare le fasi iniziali di Bloodborne, in modo da scrivere le nostre impressioni a caldo poco prima di ricevere il codice completo per la recensione. Naturalmente, da bravi appassionati della serie Souls, abbiamo invaso la sede romana della compagnia armati di tanta buona pazienza e di un pratico bignami delle imprecazioni, ben consapevoli di cosa ci saremmo trovati di fronte.

Una volta accesa la console e impugnato il DualShock 4, ci siamo trovati di fronte a un misterioso vecchietto che, con un ottimo doppiaggio italiano, ci ha introdotti al rito a cui stavamo per prendere parte. In sostanza, il nostro personaggio era sdraiato su un lettino, pronto a ricevere il sangue di Yharnam attraverso una trasfusione. Il sangue ci avrebbe fatto sprofondare in un incubo popolato da mostri e creature di ogni genere ma, prima di eseguire il rito, avremmo dovuto firmare un contratto.

Il contratto era solo un espediente narrativo per introdurci all'editor, dove abbiamo avuto modo di creare il nostro personaggio. Le opzioni dell'editor sono parecchie, visto che si può scegliere il sesso, l'aspetto generale (con diverse variabili legate ai singoli dettagli del volto: si possono perfino personalizzare indipendentemente i due occhi, tra colore e dimensione delle pupille) e ovviamente la classe, che in Bloodborne viene trattata in modo un po' atipico.

Invece di trovarci di fronte alle classiche opzioni che avevamo imparato a conoscere nei vari Souls, con professioni di ogni genere legate all'immaginario fantasy/medievale, in questa nuova fatica di Miyazaki si deve scegliere il passato del protagonista.

I lupi mannari sono facilmente gestibili singolarmente, ma in gruppo possono causare parecchi problemi, come scoprirete presto sulla vostra pelle.

Ecco, quindi, che un addestramento militare garantisce una miglior manualità con le armi, mentre un passato "difficile" permette di iniziare con un valore elevato alla voce Arcano. Noi abbiamo scelto proprio quest'ultima opzione ma nell'arco della nostra prova non siamo riusciti effettivamente a sfruttare la caratteristica in questione. Per approfondire dovremo aspettare di mettere le mani sul codice finale!

Dopo aver completato la personalizzazione del protagonista, abbiamo ricevuto il sangue di Yharnam per risvegliarci poco dopo in un mondo popolato da spettri, mostri e lupi mannari. Il primo incontro con un grosso licantropo ci ha immediatamente mandati al creatore (anche se in realtà avevamo completamente azzerato la sua energia, quindi immaginiamo che la cosa fosse scriptata), spedendoci in un misterioso limbo.

Questo piccolo spazio è chiamato "sogno del cacciatore" ed è qui che si ricevono le armi. La scelta iniziale è limitata, per le armi da mischia, a una grossa ascia a due mani, a una specie di falce costruita con una lametta gigante, e a un bastone. Sul fronte delle armi da fuoco invece si può optare per una pistola o per un fucile capace di colpire più avversari contemporaneamente, a distanza ravvicinata. Un po' come lo shotgun, per intenderci.

Il sogno del cacciatore è il luogo dove, attraverso le lanterne sparse per le ambientazioni (la versione vittoriana dei falò, in pratica), il giocatore può tornare a spendere i punti sangue ottenuti eliminando i nemici. Il sistema delle anime della serie Souls quindi torna anche in Bloodborne ma in una variante più vampiresca e attinente all'ambientazione. Una volta morti si torna all'ultima lanterna attivata, perdendo tutti i punti sangue raccolti fino a quel momento e facendo tornare in vita tutti i mostri eliminati fino a quel momento.

Ed è qui che interviene una prima, grossa, differenza rispetto ai precedenti Souls: per recuperare i punti sangue perduti, infatti, non basta raggiungere il luogo della morte ma si deve individuare ed eliminare l'avversario che ha sferrato il colpo di grazia. Ciò rende molto più difficile recuperare l'esperienza perduta, spingendo ad essere più cauti e a pianificare ogni mossa.

A questo si va ad aggiungere la presenza di un numero molto più alto di nemici, che spesso possono circondare il giocatore e farlo letteralmente a brandelli. Anche i mob semplici, quelli che in situazioni normali possono essere abbattuti con un singolo colpo ben piazzato, possono rappresentare una difficoltà importante, vista la loro abitudine a muoversi in gruppi.

Il fatto che tutto si sposti più rapidamente rispetto ai Souls, poi, rende gli scontri molto più frenetici e coinvolgenti. La velocità di movimento più alta, unita all'assenza dello scudo, rende tutto più dinamico. È ancora possibile fare le parate usando l'arma impugnata con la sinistra (l'arma da fuoco) ma per il resto ci si deve affidare molto alla schivata e alla mobilità.

Pistola e fucile, a quanto abbiamo potuto vedere, sono piuttosto utili per fiaccare gli avversari dalla distanza, per eseguire le parate e, soprattutto, per stordire i bersagli e aprire preziose finestre in cui sferrare micidiali colpi critici.

Durante i combattimenti, i modelli poligonali si sporcano di sangue in modo dinamico ed estremamente convincente.

Affrontando un enorme troll, per esempio, sparandogli poco prima di subire uno dei suoi attacchi lo abbiamo fatto crollare in ginocchio, e colpendolo immediatamente con l'arma da mischia (solo da posizione frontale) gli abbiamo strappato il cuore causando danni ingenti (che non sono bastati per abbatterlo, però). Le munizioni delle armi da fuoco tuttavia sono limitate, ed è quindi fondamentale gestirle con parsimonia.

Durante la nostra prova abbiamo apprezzato il nuovo sistema di combattimento, che pur essendo più veloce non rinuncia alla complessità e al bilanciamento strategico che hanno reso famosi i precedenti Souls. Per ottenere risultati degni di nota, infatti, è importante imparare a conoscere i tempi di ogni singolo movimento, i pattern dei nemici e le caratteristiche dell'arma impugnata.

Nel nostro caso, abbiamo optato per un bastone veloce ma poco dannoso, che tramite la pressione del tasto L1 si trasformava in una frusta metallica, utile per tenere a distanza i bersagli ma poco adatta agli scontri in ambienti stretti o con molti ostacoli.

Ogni arma del gioco è trasformabile. Questa meccanica va a sostituire l'impugnatura a una o a due mani dei Souls, alterando la formula base senza però danneggiare l'esperienza. Anche l'IA dei mob è piuttosto valida, tanto che in diverse occasioni ci è sembrato di trovarci di fronte a giocatori umani.

Al di là delle strategie di attacco tradizionali, a base di pattern più o meno complessi, gli avversari tendono a sfruttare anche tattiche difensive interessanti. I mob base, per esempio, interrompono le combo del giocatore con rapidi attacchi con la torcia, costringendo quindi a non affidarsi a sequenze troppo lente e prevedibili.

Un'altra buona notizia arriva dal level design, che a quanto pare sembrerebbe essere tornato ai picchi eccelsi del primo Dark Souls. La presenza di Miyazaki all'interno del progetto è evidente. In tre ore di gioco abbiamo trovato due scorciatoie particolarmente utili e un'entrata nascosta che ci ha portati nelle fogne, dove abbiamo trovato un nuovo costume con cui equipaggiare il nostro personaggio.

Le lanterne, punti di salvataggio e checkpoint indispensabili, sono poche e molto distanti tra loro, e il ritrovamento e l'apertura delle scorciatoie sono fondamentali per non dover affrontare ancora e ancora le stesse parti di livello. Considerando che non c'è modo di ripulire la strada dopo qualche run (a differenza di quanto accadeva in Dark Souls 2), capite da soli quanto il level design torni a giocare un ruolo fondamentale.

Manca ormai davvero pochissimo alla pubblicazione della nostra recensione di Bloodborne. Nelle prossime ore approfondiremo tutti gli aspetti del gioco, dedicandoci anche al multiplayer e al Chalice Dungeon (che promette di essere uno degli elementi più interessanti del pacchetto). Quel che è certo è che questa esclusiva PS4 sarà finalmente in grado di catturare i possessori della console Sony per decine di ore, offrendo un'esperienza in linea con la serie Souls ma possibilmente ancora più estrema.

Avatar di Filippo Facchetti
Filippo Facchetti è un rispettabile nerd da sempre appassionato di "giochini elettronici". Prima di approdare a Eurogamer scrive per importanti riviste di settore e conduce programmi TV dedicati all'intrattenimento digitale.
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