Bodycount
Frullato di idee esplosivo.
Ci sono seguiti ufficiali e seguiti spirituali: secondo una legge non scritta solitamente dai primi ci si deve aspettare niente più che il compitino scritto, secondo la regola del più grande, più grosso, più bello (e più palloso), mentre dai secondi si può di contro sperare di cogliere quei semi che tanto frutto diedero con il titolo originale. Per nostra (e vostra) fortuna, nonostante le premesse, ci sentiamo in grado di poter tranquillizzare la platea: diversi indizi raccolti ci portano infatti a supporre che Bodycount appartenga alla seconda categoria, portando in grembo il piacevole compito di rinverdire i fasti di Black, uno dei titoli più sottovalutati della scorsa generazione.
L'approccio iniziale non è tuttavia dei migliori: se si vanno a guardare i primi 10 minuti della demo mostrata all'E3, non si può fare a meno di notare che le atmosfere richiamino in diversi punti molti titoli del passato recente, come Resident Evil 4, Crackdown, o Metal Gear Solid; nel farlo però la nuova opera di Stuart Black non cerca di falsare le carte in tavola, ma per bocca del suo leader dichiara a gran voce le proprie fonti di ispirazione: “Vogliamo creare un mondo che abbia lo stesso grado di creatività che è possibile ammirare nei giochi della serie di RE o di Crackdown, di cui fra parentesi sono un gran fan”.
“All'interno di Bodycount ci saranno diversi omaggi più o meno celati ai titoli che ci hanno maggiormente ispirato, un giusto tributo per opere in grado di segnare profondamente il nostro immaginario: vedere ad esempio Dave Jones tornare a fare videogiochi è qualcosa di grande e non possiamo fare a meno di esserne felici, omaggiando tutto ciò all'interno della nostra opera”.
Aspettiamoci quindi di vedere dei piccoli globi fuoriuscire dai corpi dei nemici caduti o dei punti esclamativi sugli edifici dove dovremo focalizzare la nostra attenzione, piccoli camei in grado di creare quello speciale legame che poche opere sono in grado di stabilire fra giocatore e sviluppatore, quasi che questi ultimi strizzino l'occhio in maniera complice al proprio pubblico.
Fin dalle prime battute dello sviluppo Stuart non ha celato nemmeno l'influenza che la nuova star del pop Lady Gaga ha esercitato nella produzione di Bodycount: “All'inizio la gente faticava a capire il collegamento fra Lady Gaga e il nostro titolo, temendo strani incroci fra sparatorie e tute da ginnastica”.
“In realtà quello che vogliamo trasmettere è lo stesso spirito creativo e la stessa energia che la musica e il jazz in particolare sanno trasmettere: quando gioco a Bodycount sento questa ”vibrazione” in ogni suo livello e in ogni azione che viene compiuta, vuoi lo sparare con lo shotgun, o semplicemente la struttura e la dinamicità dei menù. E' qualcosa di fresco, di brillante, esaltante come solo il pop è in grado di essere”.
Nonostante sia facile perdersi all'interno dell'allegro scoppiettare delle numerose sparatorie che vi vedranno protagonisti, non bisogna però commettere l'errore di pensare che non vi sia sostanza dietro tutto questo fumo: ad esempio l'espediente narrativo del continuo dialogo fra il leader Jack e l'operatore che comunica con lui attraverso le cuffie promette di introdurre alcune dinamiche sicuramente interessanti; il fatto poi che quest'ultimo ruolo sia svolto da tre gentili pulzelle non fa che aggiungere carico alla mano.
Anche le relazioni infatti avranno un ruolo di rilievo all'interno delle vicende: ad esempio il rapporto tra Jack e Melanie, una delle operatrici, vivrà diversi momenti chiave dove alcune scelte potrebbero portare a evoluzioni significative: “Ad un certo punto Melanie confesserà i suoi sentimenti e questo ovviamente porterà diversi cambiamenti nell'approccio reciproco fra i due: il come e il quando spetterà al giocatore deciderlo”.