Borderlands 3 - recensione
Che il caos abbia inizio!
Sette lunghi anni son passati da Borderlands 2, e a dirla tutta sembra soltanto ieri che Randy Pitchford salì su palco per presentare ufficialmente Borderlands 3. In questo lungo periodo di tempo, però, il brand non è stato accantonato, anzi sono usciti titoli come Tales from the Borderlands che abbracciava però un genere differente, e Borderlands The Pre-Sequel, che per quanto apprezzabile non ha ampliato più di tanto la formula del secondo capitolo.
Quello che serviva per continuare la naturale evoluzione della saga era proprio un terzo capitolo, un tanto agognato seguito che doveva porsi come obiettivo quello di portare la formula a un livello successivo, similmente a quanto accadde tra il primo e secondo gioco. Così settembre è arrivato, e il re dei looter shooter è pronto a riprendersi il suo trono.
In Borderlands 2 l'avventura terminava con la sconfitta di Jack e la scoperta dell'esistenza di altre cripte, con l'obiettivo naturalmente di scoprirle ed evitare che finissero nelle mani sbagliate. Il terzo capitolo inizia la narrazione diverso tempo dopo, con Lilith a capo dei Crimson Rider e senza mappa della cripta, sottrattale durante un assalto. La vera minaccia però non è tanto l'assenza della mappa, quanto invece, come da sua stessa ammissione, l'essersi concentrata così tanto sulle cripte da non aver dato il giusto peso a due nuovi soggetti molto particolari: Troy e Tyreen Calypso.
I gemelli sono riusciti a creare un esercito (quasi una setta) dal nulla, con il nome di Figli della Cripta, reclutando tra le proprie fila ogni disperato bandito in cerca di qualcuno da adulare. Questi due cattivoni hanno una caratterizzazione molto particolare, essendo ispirati a degli streamer o influencer dei tempi moderni, e incrementando la propria notorietà proprio attraverso dirette video e propaganda costante, con tanto di sketch demenziali e pesantemente editati, degni di alcuni popolari video su YouTube.
Dettaglio ancor più importante, Tyreen è una sirena con un potere devastante, ovvero la possibilità di assorbire l'assenza vitale di qualsiasi creatura vivente. Questo potere è presente, seppur solo parzialmente, anche in Troy. Il rapporto dei due gemelli però è tutt'altro che equilibrato, e Troy vive nell'ombra della gemella, esageratamente egocentrica e forte del fatto di essere la vera sorella e non un parassita, come lei invece definisce il fratello.
La caratterizzazione di questi due personaggi è molto buona, grazie anche a scelte di scrittura decise che han contribuito a confermarne la morale. Certamente l'idea non era quella di creare un altro Jack il Bello, e ulteriori paragoni non sono necessari dato che il villain di Borderlands 2 rimane inarrivabile. L'interessante scelta di design dei Calypso ha comunque dato vita a due personaggi particolari, sebbene non in grado di spiccare come il buon vecchio (e morto) Jack.
Tra le file dei buoni invece abbiamo la quasi totalità dei personaggi conosciuti in tutte le precedenti produzioni, dai capitoli principali a Tales, con l'aggiunta di alcuni nuovi nomi tanto inaspettati quanto sorprendentemente ben riusciti. A colpire è proprio il tanto spazio concesso a questi (di cui non faremo il nome, per evitare spoiler) a discapito di veterani come Mordecai o Brick, relegati a un semplice ruolo secondario.
La trama principale, dalla durata di ben 20 ore (che triplicano includendo tutte le attività secondarie), si sviluppa in modo inaspettato, con eventi imprevedibili che però dimostrano come anche dopo un decennio, i personaggi siano ancora in grado di sorprendere. Peccato per la sceneggiatura a tratti scostante, non sempre in grado di trasmettere le giuste emozioni e che talvolta spezza eccessivamente il ritmo dell'azione. Non mancano comunque momenti toccanti, colpi di scena inaspettati e i tanti, tantissimi momenti di idiozia che da sempre caratterizzano Borderlands.
Terminata la campagna si giunge dunque all'endgame, quella parte del gioco che accompagnerà i giocatori fino all'espansione successiva, e che per la prima volta offre parecchie alternative. Innanzitutto c'è il classico NG+, con cui ri-iniziare tutto da capo ma preservando il proprio livello e il proprio equipaggiamento. Si sbloccheranno i gradi Guardiano, che prendono il posto dei livelli Duro di Borderlands 2, che incrementeranno con la semplice exp e spendendo i gettoni così guadagnati.
Viene abilitata la possibilità di selezionare la modalità caos livello 1, 2 o 3, che ha come risultato quello di migliorare considerevolmente le ricompense applicando diversi bonus, malus e talvolta modificatori particolari che alterano alcuni danni specifici. Quest'ultima modalità è ottima per recuperare tutte le quest secondarie tralasciate durante l'avventura e portarle al proprio livello, non privando così il giocatore di una degna sfida e di ricompense quantomeno utilizzabili. Infine ci sono i Terreni di prova e Circle of Slaughte, due attività simil orda a cui siamo tanto abituati.
Tutto questo va ad aggiungersi al classico farming sfrenato di ogni boss unico in cerca del suo equipaggiamento leggendario, al perfezionamento della propria build, e alla ricerca di tutti i segreti ed easter egg nascosti nel mondo di gioco, creando un endgame ricco di contenuti in grado di prolungare considerevolmente la propria permanenza nelle terre di Borderlands 3.
Uno dei grandi rischi post Borderlands 2 era quello di avere ambientazioni fin troppo familiari, e proprio per ovviare a questo problema il team ha ben pensato di ambientare il terzo capitolo su più pianeti, ognuno caratterizzato da creature uniche, ecosistemi differenti e uno stile più personale. Scelta che si è dimostrata vincente perché nel nostro viaggio ci capiterà di passare dalle classiche terre desolate di Pandora, alla magnifica tenuta Jakobs, che ricorda molto una villa ottocentesca, passando dalla futuristica metropoli di Promethea fino alle nuove, mistiche cripte.
L'aspetto più bello poi di tutte queste location è che oltre ad essere ben caratterizzate, accompagnate persino da musiche uniche che spaziano dalle note di un piano alla musica elettronica da discoteca, vantano pure un ottimo level design. Tutte queste zone hanno un'estensione mai vista in passato, che spesso sfrutta persino uno sviluppo su più piani. Peccato soltanto per la poca vivacità del mondo di gioco, sintomo di una formula comunque vecchia che in un ipotetico futuro capitolo dovrà necessariamente ammodernarsi, laddove altre produzioni stan man mano dettando nuovi standard.
Come di consueto, a ogni nuova avventura corrispondono quattro nuovi cacciatori della cripta, e qui possiamo scegliere rispettivamente tra: FL4K il domatore, accompagnato sempre dalle sue fide creature; Zane lo specialista, in grado di sfruttare abilità tattiche letali; Moze il soldato, capace di generare un gigantesco robot dai danni massicci; infine Amara, l'immancabile sirena con le sue abilità "magiche".
Quello che abbiamo utilizzato durante la nostra esperienza è FL4K, senza dubbio il personaggio col pacchetto più particolare. I companion certamente non sono una novità, come Gaige ben insegna, ma la possibilità di scegliere tra tre creature, per la precisione tra uno Skag, un Formiragno e un Jabber (una nuova razza), lo rende il più "innovativo" dei quattro.
In generale, però, la gestione delle abilità è cambiata per tutti. Ogni cacciatore infatti ha a disposizione ben tre diverse abilità d'azione tra cui poter optare, ognuna con un effetto ben preciso. Poi a seconda del personaggio che si può utilizzare, lo sviluppo e il potenziamento di queste varia: ad esempio Zane può utilizzare due abilità d'azione con i relativi potenziamenti, mentre Amara soltanto una con un potenziamento e un elemento da abbinare ai suoi pugni. Diciamo che in generale la profondità delle build è aumentata in maniera considerevole e le possibilità, con ogni personaggio, sono molte di più che non in passato, contribuendo a estendere la longevità della produzione e alimentando il desiderio di sperimentare dei giocatori che più lo desiderino.
Quando si pensa a Borderlands però si pensa a una sola cosa, le armi, e queste di certo non mancano. Ce ne sono a milioni, con così tante varianti da raggiungere un numero impronunciabile senza mordersi la lingua. Sono anche state rivisitate per l'occasione e non è un segreto che a ogni marchio son sempre stati associati dei tratti distintivi, come ad esempio gli esplosivi per le Torgue e gli elementi per le Maliwan, ma questa volta, questo concetto è stato ulteriormente ampliato, rimarcando ancora di più le differenze tra le varie bocche da fuoco. Troviamo infatti le Jakobs, che quando colpiscono in un punto critico fanno rimbalzare il colpo su un secondo bersaglio, o le Hyperion, dotate di un pratico scudo in difesa del suo utilizzatore quando si mantiene la mira.
Ai classici effetti ne son stati aggiunti diversi molto interessanti, come ad esempio armi con doppio elemento e la possibilità di passare rapidamente da uno all'altro; o fucili con due modalità di fuoco, come un fucile d'assalto che all'occasione diventa un pompa. Questo senza considerare la miriade di armi leggendarie dagli effetti sempre più assurdi, con un SMG che quando colpisce un nemico fa partire da esso due colpi in orizzontale o uno che nell'animazione di ricarica cambia non uno ma ben tre caricatori.
Oltre a tutti cambiamenti descritti nei paragrafi precedenti, troviamo anche una serie di migliorie alla cosidetta "quality of life", che prese singolarmente potrebbero sembrare poca roba ma che in un contesto più ampio contribuiscono a rendere l'esperienza più piacevole. Tra queste spiccano la possibilità di aggrapparsi alle sporgenze e le scivolate, due meccaniche che oltre ad essere ormai uno standard, rendono più fluidi gli spostamenti nelle mappe di gioco. A non convincere troppo è soltanto il nuovo menu, in linea con quelli precedenti come concept, ma che in certe occasioni appare poco intuitivo ed eccessivamente macchinoso.
Il fronte tecnico, invece, presenta alti e bassi. La versione PS4 non è il massimo della fluidità, anche a causa di un apparente input lag, e nelle azioni più concitate la poca potenza della piattaforma si fa sentire. Discorso diverso invece per la versione PC, che in linea di massima mantiene una fluidità e una godibilità maggiore, pur mettendo in evidenza un'ottimizzazione tutt'altro che encomiabile, con cali di frame frequenti, per quanto non pesanti, e dei menù talvolta legnosi. Bisogna riconoscere però che lo stile in cel-shading è sempre piacevole da ammirare, e che le vaste aree combinate ai molteplici effetti particellari coinvolti, riescono a offrire comunque una resa apprezzabile.
Sebbene potrebbe sembrare un semplice more of the same, Borderlands 3 con le sue migliorie rappresenta la massima espressione di ciò che il marchio propone. Ossia massacri, loot e follia pura, abbinati a un comparto artistico e a una selezione di musiche in grado di creare un'atmosfera unica.
Questo terzo capitolo è, con tutta probabilità, il massimo a cui il gioco possa ambire ed è, al netto di qualche sbavatura sul fronte tecnico e a una sceneggiatura non sempre perfetta, un'ottima produzione, godibile in singolo ma che dà il meglio di sé quando giocata in compagnia.